L’aumento d’acqua dolce derivante dallo scioglimento delle calotte glaciali dell’Antartico e l’intensificazione dei venti hanno ridotto la quantità di ossigeno nell’oceano antartico e lo hanno reso più acido e caldo. Questo e’ quanto emerge da una nuova ricerca condotta dai ricercatori dell’Università dell’Arizona, pubblicata sulla rivista Nature Geoscience.
I ricercatori hanno osservato che le acque dell’oceano antartico sono cambiate confrontando le misurazioni prese a bordo di una nave dal 1990 al 2004 con le misurazioni effettuate da una flotta di robot galleggianti dotati di microsensore dal 2012 al 2019.
La perdita di ossigeno osservata e il riscaldamento intorno alla costa antartica sono molto piu’ ingenti di quanto previsto dal modello climatico, il che potrebbe avere implicazioni per le previsioni sullo scioglimento dei ghiacciai. I risultati delle indagini hanno spinto il team di ricerca a migliorare gli attuali modelli dei cambiamenti climatici per riflettere meglio riguardo i cambiamenti ambientali in Antartide.
“E’ la prima volta che riusciamo a riprodurre i nuovi cambiamenti nell’oceano antartico con un modello di sistema terrestre“, dichiara Joellen Russell, sostenendo che “la nostra ricerca e’ la prima a incorporare l’aumento dell’acqua dolce nell’oceano antartico e il vento aggiuntivo in un modello di cambiamento climatico. Abbiamo utilizzato il modello ESM2M della National Oceanic and Atmospher Administration. In precedenza, i modelli globali di cambiamento climatico non avevano predetto gli attuali cambiamenti fisici e chimici nell’oceano antartico”, prosegue la ricercatrice.
“Abbiamo sottovalutato la notevole influenza dell’acqua dolce e del vento. Quando aggiungiamo queste due componenti al modello, possiamo riprodurre direttamente e magnificamente cio’ che e’ accaduto negli ultimi 30 anni. Ora i modelli saranno in grado di prevedere meglio i futuri cambiamenti ambientali in e intorno all’Antartide” sostiene Russel, ricordando che l’oceano antartico raccoglie la maggior parte del calore prodotto dal riscaldamento globale antropogenico. “Una molecola su otto che esce dal tuo tubo di scappamento va nell’oceano antartico. Il nostro modello afferma che in futuro potremmo non avere un grande pozzo di carbonio come speravamo“. Per sviluppare una migliore comprensione del sistema climatico terrestre, gli scienziati perfezionano costantemente i loro modelli globali di cambiamento climatico.
Nell’ambito di tale sforzo, il progetto “Osservazioni e modellizzazione del carbonio e del Clima nell’oceano antartico”, o SOCCOM, studia in particolare l’oceano antartico e la sua influenza sul Clima, grazie ai finanziamenti della National Science Foundation e al supporto della Nasa e della National Oceanic and Atmospher Administration, o NOAA. Joellen Russell, a capo del gruppo SOCCOM che migliora il modo in cui l’oceano antartico e’ rappresentato nei modelli informatici del Clima globale, studia l’oceano in Antartide da 25 anni. “La mia prima crociera di ricerca nell’oceano antartico fu nel 1994. Fu in inverno nel profondo Sud Pacifico. Sono cresciuta in Alaska e sapevo come sarebbe stata una tormenta, ma non avevo mai provato venti del genere prima” ricorda la ricercatrice. Da allora e’ stata “ossessionata” dagli estremi venti invernali dell’Antartico. Russell e altri scienziati hanno eseguito le misurazioni a bordo delle navi nelle acque intorno all’Antartide per decenni, ma le condizioni invernali lo rendono estremamente difficile.
“Inoltre, l’estensione del ghiaccio marino invernale rende impossibile effettuare misurazioni nearshore da navi”, ribadisce Russel. I robot galleggianti che SOCCOM ha iniziato a posizionare nel 2014 hanno risolto questo problema. “I robot galleggianti possono andare sotto il ghiaccio invernale e lavorare per tutto l’inverno raccogliendo dati. Sono la rivoluzione nel modo in cui possiamo persino immaginare di guardare l’evoluzione del ghiaccio e dell’oceano”, prosegue Russel. “Non avevamo mai potuto osservare la chimica invernale sotto il ghiaccio“, aggiunge. I galleggianti hanno rivelato quanto le acque antartiche siano cambiate negli ultimi decenni, uno sviluppo che i modelli climatici globali non avevano previsto. Il team ha anche utilizzato il modello migliorato per prevedere le condizioni nell’oceano antartico. Le previsioni suggeriscono che in futuro l’oceano antartico potrebbe non assorbire la stessa quantita’ di anidride carbonica presente nell’atmosfera come precedentemente previsto. Russell ha intenzione di proseguire la ricerca inseguendo i venti invernali dell’Antartico. “Non l’abbiamo osservato, ma il modello evidenzia quanto ne abbiamo bisogno. Propongo alla Nasa un satellite per monitorare il vento mancante”, conclude la ricercatrice.