Coronavirus, il direttore del Mario Negri: “Guanti e sanificazione sono inutili. Cosa sta accedendo? A un certo punto le epidemie si esauriscono, nessuno sa perché”

Coronavirus, Remuzzi: "Gli studi italiani sui farmaci per combattere il virus sono in difficoltà perché non si trovano più malati"
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Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha fatto chiarezza sulla questione molto dibattuta dell’indebolimento del Coronavirus: “Forse siamo di fronte a una riduzione della carica virale. Quando è molto elevata, la malattia di solito è grave. Ora non succede più, non come prima, almeno. Al punto che gli studi italiani sui farmaci per combattere il virus sono in difficoltà perché non si trovano più malati“, ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera.
Adesso il virus si ferma nelle alte vie respiratorie, e non raggiunge più gli alveoli polmonari, provocando il disastro che abbiamo visto nei mesi scorsi. E’ verosimile che questo dipenda da una carica virale inferiore“. “Assieme al mantenimento della distanza e al lavaggio frequente delle mani, le mascherine sono la prima ragione di questo affievolimento. Un’altra è che a un certo punto le epidemie si esauriscono. Come è avvenuto con la Sars. Nessuno ne conosce la ragione: sulla fine dei virus, vaccini a parte, esistono soltanto teorie, e nessuna spiegazione davvero provata a livello scientifico. E se in ospedale non arrivano più malati non è perché li curiamo meglio, ma perché il virus non produce più la polmonite interstiziale“.

Foto di Emanuele Cremaschi / Getty Images

Riguardo i tamponi di massa, Remuzzi ha chiarito: “Il numero di tamponi va limitato anche per ragioni di risorse. Vanno utilizzati per scopi precisi, come la protezione degli operatori sanitari, degli anziani nelle Rsa e delle persone a contatto continuo con il pubblico. Adesso bisogna usare il tempo a disposizione per prepararsi a proteggere queste categorie se e quando la malattia ritornerà nelle sue manifestazioni più gravi“.

Sulla scoperta fatta a Brescia dal professor Caruso di minore capacità infettiva, l’esperto aggiunge: “Se confermata, è un importante passo avanti. Il virus uccide di meno. Ma in compenso abbiamo un altro genere di malati. Persone infettate in passato che stanno anche bene, sono curate a casa, ma hanno addosso una malattia che è diventata persistente e imprevedibile, che alterna sintomi respiratori ad altri come fragilità ossea, perdita di olfatto e sapori, stati febbrili altalenanti, e soprattutto sembra non finire mai“.

La vera sfida per l’autorità sanitaria – prosegue Remuzzi – sarà la gestione e l’assistenza di questa intera popolazione di persone che non sono ricoverate ma non sono neppure guarite. E su questo che si misurerà la nostra capacità di ripartire davvero“.

Quanto alle persone che non hanno contratto il coronavirus, “mi sarebbe piaciuto un maggiore utilizzo del buon senso. Ci sono misure che trovo inutili, come i guanti e la sanificazione, che serve solo negli ospedali. Negli altri posti, basta lavare bene gli oggetti, come si dovrebbe fare sempre“. “I farmaci antivirali non funzionano. Ormai è dimostrato. Il discorso sull’idrossiclorochina è stato chiuso dallo studio di Lancet su 96.000 pazienti che dimostrava effetti collaterali importanti non solo su chi ha anomalie del ritmo cardiaco“.

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