L’evento instabile accorso il 3 maggio di 7 anni fa, resta memorabile negli archivi meteo per la manifestazione, nel giro di qualche ora e su aree circoscritte di una porzione di territorio Emiliano, di ben tre fenomeni parossistici del tipo tornado. Premettiamo che si proveniva da una fase già instabile da qualche giorno. Dall’inizio del mese, infatti, un cavo depressionario in affondo verso la Francia, Spagna e fino alle Baleari, induceva correnti umide sud-occidentali verso il Nord Italia e il Nord Appennino, ma anche sulle regioni centro-meridionali con piogge diffuse. Piogge avevano interessato anche l’Emilia Romagna nei giorni precedenti lasciando nei bassi strati un significativo carico di umidità. Per di più, la mattinata del 3 e le ore centrali erano state soleggiate e particolarmente calde, fino a 25/26°C al suolo, con forte potenziamento degli indici di instabilità con valori di energia potenziale convettiva, CAPE, importanti, e divario termico quota suolo, K index, altrettanto. La particolare configurazione barica, poi, che si ebbe a formare il giorno 3, vedeva una prima onda instabile in affondo verso Gibilterra e, da lì, convogliante aria calda dal territorio nordafricano verso l’Italia settentrionale e il Nord Appennino.
Aria calda che nel tragitto si caricava di umidità sorvolando le acque del Mediterraneo occidentale per poi raggiungere i rilievi tosco-emiliano e subire da questi un veemente sollevamento verso l’alto. Proprio in corrispondenza dei settori emiliani centrali, l’aria umida e calda meridionale, in scorrimento lungo l’ascendente depressionario iberico, incentivava un medio elevato windsher verticale positivo tra bassa e medio-alta Troposfera, 700/300 hpa, a causa di un forte divario termico verticale per goccia fredda in transito in quota, ma naturalmente a causa anche dei diversi orientamenti indotti dall’orografia appenninica alle correnti confluenti su quell’aria.
Nei bassi strati, inoltre, confluiva un ulteriore apporto di correnti umide nordorientali, provenienti dal Mare Adriatico e indotte da un minimo orografico sottovento, apporto che costituiva un ulteriore materiale di innesco di attività rotatoria sull’asse verticale di congiunzione tra l’aria calda in risalita e quella fredda in discesa. Insomma, una condizione ideale, nell’interazione tra il Getto in quota e la massa di aria calda in ascensione, per attivare una serie di fenomeni parossistici nell’ordine di 1/2 o persino 3, secondo alcune testimonianze, tornado, al confine tra le due province, Modena e Bologna. L’area in questione era quella compresa tra Castelfanco Emilia, in provincia di Modena e San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna, ma in quelle ore di 7 anni fa, assolutamente comparabile alla Tornado Alley degli States. Venti fino a 270 km/h, stando ai danni verificati al suolo, come tetti scoperchiati, prefabbricati agricoli completamente abbattuti, ribaltamento di automezzi anche di grossa cilindrata e sdradicamento di grossi alberi. Ammontare di danni per quasi 30 milioni di euro e 120 persone evacuate, ma fortunatamente senza alcun morto nè feriti gravi. Nella galleria immagini tutte le foto e anche un video di quelle apocalittiche ore su un fazzoletto di terra emiliana.
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