Il Direttore del Covid Hospital di Messina, dott. Antonio Versace, ha rilasciato un’interessantissima intervista a StrettoWeb, nota testata giornalistica del Sud Italia, in cui racconta l’esperienza dell’emergenza Coronavirus vissuta in riva allo Stretto, nella città siciliana. Versace ha detto che “L’ambiguità di questi giorni, il fatto che nessuno rispetti più le regole, mi ha portato a vedere in prima persona che non c’è stato nemmeno un contagio. Quindi ritengo che ormai il virus, come è successo per la Sars, si sia disgregato. Se è vero che è stato costruito in laboratorio come vaccino per l’Hiv, come starebbero confermando fonti autorevoli in tema di virologia e malattie infettive, nel momento in cui il genoma si divide e comincia ad incrociarsi in modo diverso diventa più banale“.
Sulle cure, ha detto che “All’inizio l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ci dava delle indicazioni quotidiane sulle terapie consigliate e le abbiamo seguite anche noi. Successivamente abbiamo visto che queste terapie avevano degli effetti collaterali importanti, soprattutto a seguito delle prime autopsie, che poi il ministero ha vietato, che dimostravano come i primi pazienti morti di covid presentassero trombosi estese che erano la causa vera e propria dei decessi. Uno dei farmaci utilizzati poteva avere tra gli effetti collaterali le trombosi. A quel punto abbiamo deciso su nostra iniziativa di sospendere queste terapie e trattare i pazienti in base a quella che era la sintomatologia soggettiva ed in base alle sue evoluzioni. Ritengo che il modello Messina andrebbe studiato e che una dei suoi punti di forza sia stato proprio la nostra capacità di garantire cure d’intensità appropriata sulla base delle caratteristiche specifiche di ogni paziente. Un ruolo importante è stato giocato anche dall’approccio alla base da parte del sindaco che ha tenuto la gente in casa nel momento in cui il virus era particolarmente aggressivo“.
Mentre sull’approccio utilizzato in città, ha detto: “Mi verrebbe da dire che tutto il sistema Messina, ma anche il sistema Sicilia, si è fatto trovare preparato. In Lombardia il problema è stato sul territorio, hanno lasciato a casa pazienti che hanno sviluppato complicazioni e che quando tornavano in ospedale presentavano condizioni cliniche troppo gravi per intervenire in maniera risolutiva. Anche la decisione di trasferire i pazienti positivi nelle RSA ha contribuito ad aggravare la diffusione del contagio. Noi abbiamo utilizzato una strategia opposta a quella adottata dalla Lombardia. Mentre loro mandavano tutti in periferia noi abbiamo accentrato tutto. Tutto ciò che riguardava il covid veniva affrontato all’interno del Policlinico. Noi ci siamo presi tutti, se il tampone era positivo il paziente veniva portato al Covid Hospital. Ad un certo punto siamo arrivati a 112 pazienti. Quando abbiamo avuto il massimo dei pazienti avevamo ancora 10 posti liberi, era un momento in cui si sudava parecchio, ma già cominciavano ad esserci i primi tamponi negativi, le prime dimissioni, poi è arrivato il momento della svolta in cui in 4 giorni abbiamo dimesso tra le 35 e le 40 persone in 4 giorni. Là abbiamo capito che la situazione si stava stabilizzando“.