Ogni anno dal 21 giugno al 30 giugno a Yulin, in Cina, si svolge il Festival della carne di cane: quest’anno, in seguito alla pandemia da Coronavirus, la Cina ha deciso di vietare il consumo di carne di cane e gatto, ma non si hanno notizie sul “festival”, e il timore è che venga organizzato lo stesso.
«In seguito all’epidemia da coronavirus e probabilmente per andare incontro alla sempre più diffusa coscienza animalista dei cinesi, il Ministero dell’Agricoltura cinese ha rivisto l’ “Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame”, da cui ha escluso i cani, definendoli “companion” e non più “livestock”, cioè compagni di vita e non animali commestibili», spiega Diana Lanciotti, fondatrice del Fondo Amici di Paco, una delle più attive associazioni italiane per la tutela degli animali. «Inoltre dal 1° maggio nella città di Shenzen vige il divieto di mangiare carne di cane e di gatto. Sono passi avanti che fanno ben sperare che la cultura del rispetto verso gli animali si diffonda anche in un paese dove non solo i diritti degli animali ma anche quelli umani sono troppo spesso calpestati.»
Da anni, dal 21 al 30 giugno a Yulin, nel distretto sudorientale di Guangxi Zhuang, si svolge il Festival della carne di cane. Ogni anno oltre 10.000 cani (o addirittura il doppio) vengono ammassati in gabbia per le strade, per essere scelti dai “clienti”, uccisi e cucinati. Una vera e propria mattanza che non si può giustificare appellandosi alla tradizione. Un altro dato spaventoso è che almeno 3.000 persone muoiono in seguito al consumo di carne infetta, spiega in una nota il Fondo Amici di Paco.
«Quest’anno, dopo quanto è successo con il coronavirus e dopo i nuovi orientamenti del Governo e di una città importante come Shenzen, ci si aspetterebbe che il “Festival” di Yulin venisse abolito. Ma abbiamo fatto diverse ricerche online e non emerge nulla al riguardo. Conosciamo tutti, e ne abbiamo appena avuto riprova, la mancanza di trasparenza della comunicazione proveniente dalla Cina, per cui non ci sarebbe da stupirsi se il silenzio su Yulin nascondesse il normale svolgimento del “festival”. Perciò ho scritto una lettera all’ambasciatore cinese in Italia per avere notizie e, spero, rassicurazioni.»
Già nel 2016 Diana Lanciotti aveva scritto una lettera al precedente ambasciatore cinese, chiedendo che si adoperasse per la cancellazione di una manifestazione a cui gli stessi Cinesi sono in maggioranza contrari.
Lo scorso anno, in occasione della visita in Italia del Presidente cinese, la scrittrice gardesana aveva scritto al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell’Ambiente e degli Esteri per invitarli ad affrontare anche il tema dei diritti degli animali spesso violati in Cina.
«Il festival di Yulin deve essere soppresso», continua Lanciotti. «Gli stessi Cinesi lo disapprovano in gran maggioranza. La loro coscienza animalista è in forte aumento, soprattutto nei giovani. Dai sondaggi risulta che oltre il 70% dei Cinesi dichiara di non aver mai mangiato carne di cane, il 64% è favorevole alla chiusura del festival di Yulin e il 62% pensa che l’evento danneggi l’immagine della città e della Cina in genere. Questo è l’anno giusto per dire BASTA.»
In ogni caso in Cina la strada verso la tutela dei diritti degli animali è ancora in salita: infatti diversi animali selvatici sono stati inclusi nella lista del “bestiame”, cioè allevabile e commestibile.
«Purtroppo la lista ora comprende cervi, renne, alpaca, faraone, fagiani, pernici, germani reali, struzzi, procioni, volpi argentate, visoni, considerati “bestiame”, perciò carne di cui cibarsi. Da una parte si fa un passo avanti, ma su altri fronti c’è un arretramento.»