Coronavirus, il governo fa ricorso al Consiglio di Stato sui verbali secretati: “È grave, dimostra che il governo non è disponibile ad essere trasparente”

Il governo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar di rendere pubblici i documenti secretati del Comitato tecnico scientifico alla base dei Dpcm di Conte sul lockdown
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Il 22 luglio scorso, il Tar ha deciso che i verbali secretati del Comitato tecnico scientifico riguardo l’epidemia di coronavirus in Italia, ossia tutti i documenti tecnico-scientifici usati dal presidente del consiglio Giuseppe Conte per emanare i Dpcm di marzo e aprile, relativi al lockdown, dovessero essere resi pubblici entro 30 giorni. Ora arriva la risposta del governo: la Protezione civile, che è un dipartimento del governo, ha messo in campo l’avvocatura dello Stato per ricorrere contro la decisione.

Nell’appello è presente una domanda di sospensione cautelare della sentenza di primo grado. La decisione su questo punto dovrebbe quindi arrivare a giorni. Scrive l’avvocatura dello Stato: “I Dpcm, oggetto dell’odierno contenzioso sono atti amministrativi generali, frutto di attività ampiamente discrezionale ed espressione di scelte politiche da parte del Governo che trovano la propria fonte giuridica nella delega espressamente conferita dal legislatore all’esecutivo in un atto avente forza di legge, ovvero, in particolare dapprima nell’articolo 3 del decreto legge 6/2020, convertito con Legge numero 13/2020 e, poi, nell’articolo 2 del decreto legge 19/2020, convertito con legge  35/2020, e rinvengono la propria ragione nell’esigenza temporanea ed urgente di contenere e superare l’emergenza epidemiologica causata dal Covid-19”.

E’ grave aver fatto l’appello perché dimostra che il governo non è disponibile ad essere trasparente su atti così importanti – dice l’avvocato Andrea Pruiti Ciarello, consigliere di amministrazione della fondazione Luigi Einaudi di Roma –  Atti che hanno compresso i diritti e le libertà costituzionali per i cittadini come mai nella storia della repubblica”. L’invito della Fondazione è quello di ritirare il ricorso e così “consentire ai cittadini di giudicare le scelte dell’esecutivo”.

Il presidente della fondazione Giuseppe Benedetto afferma: “Facciamo appello perché con un gesto di apprezzabile e intelligente apertura agli italiani prima ancora che alla Fondazione Einaudi, la presidenza del Consiglio ripensi la sua posizione. Non abbiamo alcun intento di partecipare al confronto politico in corso. Per questo motivo avremmo auspicato e abbiamo sino all’ultimo sperato in un gesto di grande eleganza e di sostanza democratica da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, che di fronte a una sentenza del giudice amministrativo avrebbe potuto adempiere senza proporre appello e insistere in una linea che appare di retroguardia”.

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