Probabilmente sarà effettuata già domani l’autopsia sul corpo di Stefano Paternò, 43 anni, residente a Misterbianco, nel catanese, sottoufficiale della Marina militare ad Augusta, morto nella sua abitazione, dodici ore dopo essersi sottoposto alla prima dose di vaccino. La salma è stata trasferita all’ospedale Cannizzaro di Catania. Gli avvocati Dario Seminara, Lisa Gagliano e Attilio Indelicato, hanno presentato un esposto per conto della moglie Caterina Arena e dei figli di 12 e 14 anni, per capire le cause della morte: “essendo il decesso chiaramente ascrivibile alla somministrazione del vaccino va verificata nell’interesse della collettività – chiedono i familiari – l’ipotesi di uno stock di fiale difettose o di improvvide manovre o ogni altra possibile causa“. La Procura di Siracusa, che indaga sull’episodio, sembra abbia già disposto il sequestro delle fiale e sta verificando la posizione dei medici e degli infermieri che si sono occupati della somministrazione. Lunedì mattina Stefano Paternò si era recato all’ospedale militare di Augusta per sottoporsi alla somministrazione del vaccino Astrazeneca.
Tornato nella sua abitazione, secondo quanto riferito dai familiari, ha “accusato uno stato di malessere generale caratterizzato da rialzo febbrile” ed ha preso la Tachipirina, come consigliato. Nella notte la moglie lo ha trovato in stato di incoscienza ed ha allertato i sanitari del 118 che nonostante i tentativi di soccorrere l’uomo non hanno potuto fare altro constatarne il decesso. “E’ necessario che l’autorità indaghi su quanto è accaduto – ha detto l’avv. Dario Seminara -. Non si può negare il rapporto con la somministrazione del vaccino ma naturalmente bisogna capire se ci siano delle malattie pregresse, se ci siano state delle reazioni allergiche, così come va controllato lo stock di fiale all’ospedale militare”.
E nella giornata di oggi è stata diffusa la notizia di un secondo decesso, insieme a quello di Paternò. Si tratta di un poliziotto, Davide Villa, 50 anni, ucciso da una grave trombosi sopraggiunta alcuni giorni dopo il vaccino Astrazeneca, poi sfociata, con la somministrazione di eparina e alcuni giorni di ricovero, in emorragia cerebrale. Il vaccino, come si legge sul giornale online LiveSicilia, faceva parte dello stesso lotto di quello iniettato a Stefano Paternò. Non è ancora certo che vi sia correlazione tra i vaccini e le morti dei due militari, anche perché nel caso di Villa sono trascorsi 12 giorni dalla vaccinazione alla morte. Non pochi, ma la coincidenza è tanta. E inoltre il poliziotto ha iniziato ad accusare i primi segni di malessere dal giorno successivo al vaccino, con i sintomi tipici della trombosi. Del suo malessere, come scrive il giornale siciliano, Davide ha parlato con il fratello Fabrizio, fotografo di fama internazionale: le sue condizioni sono peggiorate di giorno in giorno, finché proprio il fratello non ha deciso di portarlo al pronto soccorso.
In ospedale gli è stata diagnostica una trombosi venosa profonda, curata con eparina e sfociata in emorragia cerebrale. La trombosi, tra l’altro, è una delle possibili reazioni avverse del vaccino Astrazeneca. I giornalisti di LiveSicilia hanno così confrontato il codice del lotto di vaccino somministrato a Stefano e a Davide, ed è lo stesso. Nessuna certezza, si sottolinea, che vi sia una correlazione tra i decessi e il vaccino Astrazeneca. Saranno ora gli inquirenti a stabilire se vi sia un nesso, ma quel che è certo è che la coincidenza è davvero tanta, forse troppa. Davide Villa è stato sottoposto all’autopsia, e sono attualmente in corso indagini genetiche per valutare possibili patologie pregresse non note.
Morto dopo vaccino, la moglie di Stefano Paternò: “vogliamo giustizia”
“Vogliamo andare sino in fondo, vogliamo giustizia, vogliamo sapere la verità e capire se a provocare la morte di mio marito sia stato il vaccino“. A parlare all’AdnKronos e’ Caterina Arena, la moglie di Stefano Paternò, il sottufficiale 43enne della Marina, morto per arresto cardiaco nella notte tra lunedì e martedì scorso dopo la somministrazione del vaccino anti covid nella base militare di Augusta, nel siracusano. L’uomo che viveva a Misterbianco, nel catanese, aveva due figli maschi di 14 e 11 anni. “Mio marito – aggiunge la donna- aveva fatto il vaccino lunedì mattina e nel pomeriggio è rientrato a casa e stava bene. Intorno alle 19.30 avvertiva dei tremori, aveva freddo e misurando la temperatura, aveva la febbre a 39. Ha preso una tachipirna e la febbre era scesa – evidenzia la moglie- si è sentito meglio e verso le 23 siamo andati a dormire. In nottata però sono stata svegliata dai suoi lamenti: tremava, traballava nel letto ed aveva un respiro pesante“. Caterina Arena ricorda di aver “subito chiamato il 118 e in pochissimo tempo i medici hanno iniziato a dargli aiuto in ogni modo, pure il massaggio cardiaco, ma non c’è stato nulla da fare ed i medici non sono riusciti a capire da cosa fosse stato determinato quello stato“. La donna tiene poi a precisare che “moltissimi dei colleghi di Stefano che si sono vaccinati, hanno avuto febbre alta“. “Mio marito – conclude Caterina Arena– era un servitore dello Stato che non vedeva l’ora di farlo per essere operativo e potere affrontare le missioni imbarcato sulle navi della Marina“. L’inchiesta, intanto, su istanza dei legali della famiglia Paternò, gli avvocati Dario Seminara, Lisa Gagliano e Attilio Indelicato, tutti dello studio Seminara e associati, inizialmente avviata dai magistrati di Catania, è stata radicata a Siracusa.