C’erano una volta Zancle e Rhegion, due grandi potenze mondiali che dominavano il Mediterraneo: 2.500 anni fa, le odierne Messina e Reggio Calabria erano il cuore della vita economica, sociale, scientifica e culturale della Magna Grecia, in uno dei posti più belli del mondo: il leggendario Stretto di Scilla e Cariddi. Anche a quei tempi questa terra bellissima veniva sconquassata da forti terremoti e violenti tsunami, ma questo non fermava le antiche civiltà mediterranee che, prima i greci, poi i romani, facevano fiorire proprio su queste rive le loro colonie più strategiche e importanti. E proprio i romani nel luglio del 250 a.C., quindi oltre 2.265 anni fa, costruirono il primo Ponte sullo Stretto. Il console Lucio Cecilio Metello, vincitore di Asdrubale nella battaglia di Palermo (siamo nel clou delle guerre Puniche), doveva trasferire dalla Sicilia al continente i 104 elefanti che aveva catturato ai cartaginesi, venuti in Sicilia dall’Africa in soccorso di Annibale.
Così, quel console geniale e illuminato, simbolo di una grande civiltà creativa e avventuriera, decise di far costruire una passerella galleggiante impiegando centinaia di botti legate a due a due, sovrastate da tavole di legno su cui fu messa della terra. La struttura, munita di grandi e robusti parapetti ai lati per non far cadere gli elefanti in acqua durante le operazioni di attraversamento, ospitò anche carri e soldati. Una leggenda romana narra che, sconfitti i cartaginesi in Sicilia, questo ponte galleggiante venne lasciato lì, nello Stretto, riuscendo a resistere per diversi mesi alle intemperie, prima di venir spazzato via dal mare, consentendo agli abitanti delle due sponde dello Stretto di entrare in contatto in modo ancor più facile, semplice e veloce rispetto a quanto già non accadeva in precedenza con le imbarcazioni.
Oggi, invece, Messina è l’emblema del fallimento del sistema-Italia per quanto riguarda la cultura del rischio sismico, dello sviluppo e dell’innovazione. Qui già da decenni sarebbe dovuto sorgere il Ponte sullo Stretto, quello vero figlio dell’ingegneria e della tecnologia italiana ancora oggi in grado di realizzare capolavori in tutto il mondo. Eppure l’ignoranza e la sottocultura dilagante nel territorio calabro-siculo hanno portato ad un’opposizione politica e parlamentare che ha bloccato il progetto della grande opera, vanificando così ogni tentativo di rilancio dell’intero mezzogiorno. Tra le tante bislacche teorie a sostegno della cultura “No-Ponte”, il tema più ricorrente è stato quello del rischio sismico. “Come si fa a immaginare di costruire un Ponte in una zona così pericolosa per i terremoti?“. Le stesse assurde considerazioni che oggi alimentano il dibattito di una grande città come Messina, ridotta al decadimento non solo materiale, ma anche spirituale.
Tutti si sono scagliati contro il bellissimo progetto ideato dall’architetto Sergio La Spina per rilanciare il centralissimo quartiere Avignone, abbandonato da decenni a sporcizia, incuria e degrado. Siamo nel cuore della città dello Stretto, e il progetto prevede la costruzione di un mini grattacielo di appena 22 piani (molto più basso di quelli che a Milano e Torino superano i 200 metri di altezza, o quelli molto più numerosi che a Roma, Napoli, Bologna, Genova, Rimini, Brescia, Latina e Cesenatico superano i 100 metri di altezza, rimanendo all’interno dei nostri confini Nazionali) sulla base di un’antica cortina settecentesca e una porta imperiale, eccezionali reperti storici oggi sconosciuti e abbandonati sotto cataste di rifiuti e da dissennate gestioni amministrative.
Quelle stesse amministrazioni e classi dirigenti che, in modo imbarazzante, seguono l’opinione pubblica più bassa e volgare, scaricandosi fantomatiche “responsabilità” su quello che in realtà è un progetto bellissimo che un ente pubblico dovrebbe sostenere e supportare in ogni modo possibile, per il bene del proprio territorio. Ecco perché quella che un tempo era una grande civiltà, oggi è diventato un vero e proprio popolino. “Come si può pensare di fare un grattacielo in una zona ad alto rischio sismico?“. Come per il Ponte, le motivazioni del “no” sono soltanto fandonie. E palesano l’ignoranza e la sottocultura di un Paese che sui terremoti, sul rischio sismico e sulla prevenzione, non ha capito proprio nulla.
Nella gallery in alto a corredo dell’articolo abbiamo raccolto alcune immagini delle città più sismiche del mondo. Quelle che ogni anno convivono con terremoti violentissimi, in molti casi di magnitudo superiore a 8, addirittura di magnitudo 9. Scosse che a Messina non ci sono mai state e non potranno mai esserci, perché la massima sismicità dello Stretto è di magnitudo 7.5. E nel 2018 si può costruire qualsiasi cosa, capace di resistere ad ogni tipo di scossa. Anche molto più forte di quella che un giorno tornerà a colpire lo Stretto, come già accaduto in passato.
Dai terremoti non bisogna scappare: è possibile conviverci senza paura, senza panico, senza rischi e problemi. In Cile ogni qual volta c’è una scossa, la popolazione fugge dentro i palazzi che sono più sicuri rispetto all’aperto.
Nelle immagini a corredo dell’articolo non ci sono soltanto Tokyo, Los Angeles e San Francisco: abbiamo scelto lo skyline di Santiago del Cile, Lima, Teheran, Istanbul, Lisbona. Non solo, quindi, super potenze internazionali come Giappone e Stati Uniti d’America, ma anche Paesi considerati “arretrati” rispetto all’Italia come Iran, Turchia, Portogallo, Cile e Perù, le città a più alto rischio sismico sono disseminate di Ponti e grattacieli (quelli veri, di 500, 600, 700 metri di altezza, non quello minuscolo progettato per Messina!). Palazzi di 22 piani, nelle città che abitualmente hanno a che fare con terremoti di magnitudo 9.0, sono considerati piccole palazzine.
Ecco perchè Messina oggi è l’emblema del medioevo tutto italiano: ignoranza e sottocultura alla base del sottosviluppo e del decadimento di quella che un tempo, sempre più lontano, era stata una grande civiltà dove fioriva ogni tipo di arte. E’ il fallimento del sistema-Italia non solo per lo sviluppo (che non c’è), ma anche sulla cultura della prevenzione, del rischio sismico e dell’approccio ai terremoti. Un settore su cui dovremmo essere all’avanguardia nel mondo, invece sprofondiamo nell’abisso dell’analfabetismo. Dai nobili sognatori delle póleis greche ai rozzi somari di oggi.