Silenzio su Scilla, silenzio su Reggio, Palmi distrutta.
Tutta la Calabria in rovina!
Carrère descrive non solo il devastante sisma del 1908, il più noto, ma anche quelli che lo precedettero e i mesi che seguirono la sciagura passata alla storia. Con la prefazione di Francesco Mercadante e la traduzione di Rosa Maria Palermo, il volume a cura di Giuseppe Pracanica viene dato alle stampe dalla Città del Sole Edizioni nell’anno del centenario del sisma.
Ha scritto il Prof. Mercadante «per la parte che riguarda il terremoto del 1908, J. Carrère ha trasfuso nel libro un diario giornalistico vario, denso vivace… Le scene più risapute e raccontate del terremoto ci sono giunte attraverso le sue annotazioni, per il semplice fatto che il suo libro, rispetto ai giornali, a parte ogni altro merito, aveva quello preziosissimo di essere più accessibile».
Si possono leggere pagine estremamente intense suggestive che descrivono lo sgomento e l’orrore per la terribile tragedia, il modo in cui si diffuse la notizia nella capitale, già allora popolata da calabresi e siciliani, che si riversarono le strade e si recarono negli uffici pubblici alla ricerca di notizie.
A presentare il volume saranno: Antonella Freno, Assessore ai Beni Culturali e Grandi Eventi Comune di Reggio Calabria; Giuseppe Casile, presidente circolo culturale Rhegium Julii; Giuseppe Pracanica, curatore del volume; Francesco Mercadante, docente e autore della prefazione; Rosa Maria Palermo, traduttrice. Sarà presente l’editore della Città del Sole Edizioni, Franco Arcidiaco.
Jean Carrère dalla Provenza, dove era nato nel 1870, si trasferì giovanissimo a Parigi per studiare, divenendo, ben presto, il capo della gioventù studentesca del Quartiere latino. Sévérine, una scrittrice allora molto nota, così lo descriveva sul Gil Blas: “viene a trovarmi un giovane, quasi adolescente, con i capelli lunghi ed i baffi appena accennati, che con voce dolce pronuncia parole terribili, e che minaccia di sconvolgere l’avvenire, e di sostituire la letteratura seduta con quella a cavallo”. Infatti Carrère gridava ai quattro venti che lo scrittore, il poeta debbono essere uomini d’azione, sempre e non rimanere “testimoni inoffensivi, rinchiusi nel loro studio dietro i propri libri”. Le sue corrispondenze lo fecero conoscere in tutta Europa, ma colpito da quella che allora si chiamava la febbre del Transvaal, andò in Italia, a Napoli. Appena Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, che dirigevano il Mattino, seppero che Carrère si trovava lì lo invitarono a collaborare al loro giornale. Prendendo spunto dalla morte di Verdi, con uno scritto nobilissimo, intitolato “Mediterraneo”, rilanciò la necessità di un avvicinamento tra la Francia e l’Italia. Nel 1903, ritornato a Parigi, organizzò la festa che la stampa francese offrì, nelle sale del Caffè Riche, alla stampa italiana, in occasione della visita di Vittorio Emanuele III. Nel 1904, invitato da Scarfoglio, Carrère torna a Napoli, per trasferirsi a Roma quando, nel 1906, Temps lo nomina corrispondente da quella città. Nel 1907 accorre in Calabria, colpita dal terremoto, per poi ritornarvi quando ad essere colpite sono Reggio e Messina. E queste sue esperienze ha trascritto nella sua La terre tremblante, che ha la dolcezza e la potenza di un poema. Nel 1911 recatosi a Tripoli, per seguire l’impresa italiana, rimase ferito in un attentato perché amico dell’Italia. Al suo ritorno venne accolto trionfalmente sia a Napoli che a Roma, dove si stabilì definitivamente fino alla morte.