La scoperta dei ricercatori diretti dal Prof. Antonio Mingozzi del Dipartimento di Ecologia dell’Università della Calabria
A cura di redazione Meteoweb
Di Francesco Kostner – http://www.gazzettadelsud.it/ – E’ forse una delle più inaspettate scoperte faunistiche degli ultimi anni in Italia: che un animale grande come la Tartaruga marina “Caretta caretta” (fino a 110 cm di lunghezza per 180 kg di peso) potesse passare inosservato nelle sue escursioni riproduttive, durante l’estate, sulle spiagge della Penisola è un fatto cui pochi avrebbero creduto. E invece è successo, e proprio in Calabria.
La scoperta è dovuta al Prof. Antonio Mingozzi, del Dipartimento di Ecologia dell’Università della Calabria ed alla sua équipe di appassionati ed infaticabili collaboratori e studenti. La ricerca nasce nella primavera del 2000, quando il prof. Mingozzi decide di “prende – e sul serio” le poche segnalazioni di nidificazione (non più di una decina e tutte dovute a rinvenimenti casuali) che risultavano ufficialmente note, sino ad allora, lungo i quasi 200 km di costa ionica calabrese tra Crotone e Reggio Calabria.
Professore, a quali conclusioni è arrivata la Sua ricerca?
Le indagini hanno consentito di scoprire che “l’ultimo rifugio”
della Tartaruga marina in Italia (una delle specie più rare e minacciate di scomparsa del nostro Paese) non sono le Isole Pelagie – come sino ad allora era ritenuto dagli zoologi italiani -, ma che, anzi, il nostro chelone si riproduce regolarmente, ed in numero ben più consistente, proprio lungo lo Ionio calabrese ed, in particolare, lungo la costa reggina. Non si tratta di centinaia di nidi, come si verifica sulle spiagge della Grecia, ma “solo” di 10-20 deposizioni a stagione, che, tuttavia, rappresentano, secondo gli anni, dal 60 al 90% dei nidi segnalati in Italia.
Quali sono i risultati di questo importante lavoro?
Dagli inizi del progetto ad oggi,la ricerca ha garantito l’arrivo al mare di oltre 4100 piccole tartarughe. Sono numeri che fanno della costa ionica calabrese la più importante e la più regolare area di riproduzione di Caretta a livello nazionale. Il progetto è ora giunto al decimo anno di attività. Il 1° giugno scorso i ricercatori UniCal hanno dato avvio a una nuova stagione di monitoraggio dei siti di nidificazione, percorrendo a piedi le spiagge alla ricerca delle tracce che le femmine lasciano sull’arenile dopo la loro emersione notturna per la deposizione delle uova.
Come avviene questo monitoraggio?
Si tratta di un’attività effettuata alla prime luci dell’alba, estremamente impegnativa, poiché implica la percorrenza di centinaia di km a stagione (in media 500 km per operatore a stagione). Una volta deposte le uova in una buca scavata nella sabbia (profonda tra i 30 e i 50 cm), la femmina di tartaruga torna in mare, abbandonando la sua nidiata. Le uova saranno “covate” dal calore della sabbia, per un periodo di tempo variabile tra i 45 e i 70 giorni. Alla schiusa, i piccoli risalgono la cavità e, una volta emersi (di norma nelle ore notturne), si dirigono subito verso il mare, dove trascorreranno molti anni (almeno 15-20) prima di tornare, raggiunta l’età adulta a riprodursi sulle stesse spiagge in cui sono nate.
Quali sono i rischi per le nidiate?
Sono molteplici, se si considera che il periodo di schiusa coincide in larga misura con il periodo di massimo affollamento turistico delle spiagge (mese di agosto): lo spianamento e la pulizia meccanica degli arenili, il passaggio di mezzi fuoristrada possono essere causa di distruzione di intere nidiate. Così come lo sono le luci artificiali, che attraggono i piccoli verso sicura morte. Ma la sopravvivenza di questa specie non è solo legata al successo della riproduzione. Un gran numero di tartarughe marine viene ogni anno catturata accidentalmente nelle attività di pesca, con reti e palangari in particolare (non meno di 500 a stagione nel solo Ionio reggino) e molte altre muoiono per urti con natanti o per ingestione di detriti plastici.
Quali altre iniziative si stanno portando avanti?
Stiamo cercando di far comprendere agli amministratori che tutelare la Tartaruga marina significa, in effetti, tutelare le spiagge dal degrado. La nidificazione di questo straordinario animale non è incompatibile con una frequentazione turistica rispettosa degli arenili. È però necessario che si comprenda che le spiagge non sono solo una distesa di sabbia, da utilizzare come si vuole, ma uno straordinario e delicato ambiente naturale. Allora, la nostra tartaruga potrebbe veramente diventare un richiamo forte (il “valore aggiunto”) per uno sviluppo turistico di quest’area costiera, basato sulla salvaguardia e la fruizione intelligente delle sue straordinarie risorse naturali.