A cura di redazione Meteoweb
Lo rivela uno studio del ministero dell’Ambiente, contenuto nella bozza del Piano d’Azione per la Conservazione delle Tartarughe Marine (Patma), sulla base dei dati relativi agli esemplari avvistati, catturati o spiaggiatisi in Italia negli ultimi 15 anni (3261 dal 1994 al 2009). Nel documento le aree prioritarie per la tutela si dividono in ’zone di riproduzione’ (habitat terrestre) e ’zone di alimentazione’ (habitat marino). Per ognuna sono indicati interventi di protezione e azioni di ricerca. Nelle zone di riproduzione si distinguono nidi recenti (Campania, Calabria ionica, Sicilia meridionale e Isole Pelagie) e nidi sporadici e quindi potenziali (Campania, Calabria tirrenica, Puglia, Basilicata, Sardegna, Sicilia meridionale). Qui gli interventi di tutela indicati sono: protezione terrestre e marina, gestione dei siti di nidificazione. La ricerca va dall’individuazione dei nidi al monitoraggio delle attivita’ umane. Le zone di alimentazione sono: Adriatico settentrionale (sotto i 200 metri di profondita’), Adriatico meridionale (sopra i 200 metri), Ionio settentrionale (Puglia, Basilicata, Calabria), Ionio meridionale (Sicilia orientale) e Canale di Sicilia, dove passano i flussi migratori verso le coste della Tunisia e della Libia. Le minacce principali dell’habitat marino sono la cattura o ferita durante la pesca a strascico o il palangaro derivante. Tra le attivita’ di protezione, il controllo della pesca illegale e la sensibilizzazione dei pescatori. Tra le azioni di ricerca, monitoraggio delle catture e sistemi per la liberazione delle tartarughe dalle reti. (ANSA)