Come ci si difende dalle eruzioni vulcaniche?

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Il piano nazionale d'emergenza individua tre aree a diversa pericolosità

In Italia esistono numerosi vulcani attivi. Alcuni, come l’Etna, sono caratterizzati prevalentemente da attività effusiva (emissioni di colate laviche), altri da attività prevalentemente esplosiva, come i Campi Flegrei, Il Vesuvio e Vulcano, le cui eruzioni consistono per lo più nell’espulsione violenta di getti di gas, carichi di frammenti incandescenti di magma e materiale solido. Le colate laviche possono causare ingenti danni, ma sono raramente pericolose per l’uomo; di consegiuenza i piani di emergenza possono essere attuati a eruzione iniziata. L’unica forma di difesa dalle eruzioni esplosive è, invece, la tempestiva evacuazione della popolazione dalle zone minacciate. Affinchè le misure di protezione possano essere adottate in modo efficace e in tempo utile, è necessario disporre sia di una rete permanente di sorveglianza, che consenta di prevedere con sufficiente anticipo la ripresa dell’attività eruttiva, sia di uno scenario scientificamente attendibile dei più probabili fenomeni eruttivi attesi. Un’eruzione esplosiva simile a quella sub-pliniana del 1631 viene considerata come l’evento di riferimento per la stesura del piano di emergenza del Vesuvio, predisposto dal Dipartimento di Protezione Civile nel 1995 e continuamente aggiornato e diffuso nelle scuole e tra la popolazione. Il Piano di Emergenza prevede una riattivazione del vulcano preceduta da fenomeni precursori connessi alla salita del magma, rilevati dal sistema di monitoraggio predisposto dell’INGV-Osservatorio Vesuviano. Sulla base delle caratteristiche dello scenario di riferimento è stata effettuata una zonazione del territorio a rischio, mentre in funzione della comparsa dei fenomeni precursori sono stati definiti i livelli di allerta. La zonazione è stata ottenuta sulla base di una eruzione con caratteristiche simili a quella di riferimento mediante modelli fisico-numerici. L’area esposta a pericoli che possono produrre danni a persone e cose, è stata suddivisa in tre zone: Zona Rossa, Zona Gialla, e Zona Blù. La Zona Rossa comprende le aree potenzialmente esposte a flussi piroclastici, colate di fango e a spessi accumuli di prodotti da caduta. Per la velocità e l’elevato potere distruttivo di questi flussi la popolazione dovrà abbandonare la Zona Rossa prima dell’inizio dell’eruzione. Durante l’eruzione del 1631 quasi il 20% del territorio di questa zona fu distrutto da flussi piroclastici. La Zona Gialla sarà interessata da caduta di particelle con carichi al suolo superiore alla soglia di crollo per la maggior parte dei tetti (circa 300 Kg/m quadro). L’area che sarà effettivamente interessata dai fenomeni dipende dall’altezza della colonna eruttiva e dalla direzione e velocità dei venti in quota al momento dell’eruzione. Pertanto è previsto che solo una parte degli abitanti della Zona Gialla sarà evacuata durante l’eruzione. Nel 1631 circa il 10% della Zona Gialla fu gravemente danneggiato. La Zona Blù, oltre a essere interessata dagli stessi fenomeni della Zona Gialla, è sottosposta a possibili colate di fango causate dal materiale depositato altamente instabile e facilmente mobilizzabile da alluvioni. Su questi presupposti il piano di emeregenza individua le fasi operative di intervento e definisce le modalità per la loro attuazione.

Tratto da “Guida all’Osservatorio Vesuviano” – Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologìa.

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