La caldera dei Campi Flegrei è la depressione vulcanica risultante dai collassi calderici avvenuti durante le grandi eruzioni dell’Ignimbrite Campana (39000 anni fa) e del Tufo Giallo Napoletano (15000 anni fa). L’eruzione della Ignimbrite Campana coprì con flussi piroclastici un’area di circa 30000 Km e causò il collasso dell’area attualmente occupata dalla città di Napoli, dai Campi Flegrei, dalla baia di Pozzuoli e dalla parte occidentale della baia di Napoli. I flussi piroclastici dell’eruzione del Tufo Giallo Napoletano coprirono un’area di circa 1000 Km e lo svuotamento della camera magmatica causò il collasso dell’area flegrea e della baia di Pozzuoli. Dal consolidamento dei depositi di queste eruzioni si sono formati il tufo grigio e il tufo giallo, entrambi adoperati come materiale da costruzione fin dai primi insediamenti greci dell’VIII secolo a.C. L’eruzione del Tufo Giallo Napoletano è stata seguita da tre epoche di intenso vulcanismo, con centri eruttivi ubicati all’interno o lungo i margini dell’area collassata. Durante la prima epoca (15.000 – 9.500 anni fa) si sono verificate almeno 37 eruzioni esplosive, nella seconda (8.600 – 8.200 anni fa) 6 eruzioni esplosive e nella terza (4.800 – 3.800 anni fa) 20 eruzioni esplosive e 3 effusive. L’ultima eruzione è avvnuta nel Settembre del 1538 d.C., dopo un periodo di quiescenza durato circa 3000 anni, e ha formato il cono del Monte Nuovo. Il fondo della Caldera del Tufo Giallo Napoletano si è sollevato per effetto di un fenomeno di risorgenza iniziato 10000 anni fa e tuttora in corso. La parte maggiormente sollevata è il blocco de La Starza, fra La Pietra e Toiano, che fino a circa 4500 anni fa era invaso dal mare. Movimenti verticali del suolo, noti come fenomeni bradisismici, sono stati rilevati nell’area del Serapeo a Pozzuoli fin dalla sua costruzione, avvenuta circa 2000 anni fa. L’eruzione del Monte Nuovo fu preceduta da un sollevamento del suolo, che divenne molto rapido nei giorni precedenti l’eruzione, quando la zona in cui poi si aprì la bocca eruttiva si sollevò di 7 metri. Successivamente, la parte centrale della caldera si è costantemente abbassata fino al 1969, anno in cui il suolo iniziò nuovamente a sollevarsi. Tra il 1969 e il 1972 e tra il 1982 e il 1984 si sono verificati due notevoli episodi di sollevamento, ciascuno seguito da un lento abbassamento: il sollevamento totale massimo del suolo è stato di circa 3,5 metri. Le fasi di sollevamento sono state sempre accompagnate da intensa sismicità. La caldera è anche sede di intensa e continua attività fumarolica, particolarmente concentrata nel cratere della Solfatara. Il comportamento nel passato e lo stato attuale della caldera dei Campi Flegrei indicano che essa è un vulcano attivo che può ancora dare eruzioni. La sorveglianza vulcanica della caldera flegrea è effettuata dall’Osservatorio Vesuviano, sezione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologìa, attraverso il controllo in continuo delle deformazioni del suolo, della sismicità e dell’attività fumarolica. Vengono, inoltre, condotte campagne periodiche sia per la misur del campo gravimetrico che per il campionamento e l’analisi di fluidi fumarolici e termali. A partire dal ottobre 2004 è iniziato un periodo di debole sollevamento che nel maggio 2005 ha raggiunto un valore di circa 11 millimetri. Nel periodo da maggio a ottobre 2005 si è avuta una stasi del fenomeno di risalita del suolo, mentre da novembre 2005 a marzo 2006 si è verificato un nuovo sollevamento di 13 mm. La figura mostra le variazioni di quota misurate con campagne di livellazione di precisione al caposaldo 25A (Zona Rione Terra, Pozzuoli). Si riconoscono le varie fasi di inversioni del moto del suolo avvenute dal 1989 al 2006.
Tratto da “guida all’Osservatorio Vesuviano – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sezione di Napoli