La straordinaria ondata di freddo del gennaio 1985

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    MeteoWeb

    Pochi giorni fa, Peppe Caridi ha pubblicato qui su MeteoWeb un articolo davvero affascinante sul freddissimo inverno 1929. Sono passati 82 anni da quell’episodio così straordinario, e in questi decenni ne abbiamo avuti altri, davvero significativi, di freddo e neve eccezionali: il 1956 e il 1985 su tutti.
    Dal 1985 sono passati 26 anni: molti di voi, giovani appassionati di meteorologia, in quell’anno non erano neanche nati, o comunque erano piccolissimi, o stavano nascendo e non ricordano con immagini nitide e con una storia concreta, cosa accadde nel mese di gennaio di quell’anno in cui l’Italia battè i denti davvero come ai tempi della Piccola Era Glaciale.
    In quei giorni si raggiunsero temperature da record assoluto, come i -23,2°C di Firenze, che resistono ancora oggi! La Pianura Padana sfiorò i -30°C a in una frazione di Molinella (San Pietro Capofiume) in provincia di Bologna, con una minima di -28,8°C il 13 gennaio 1985, complice l’effetto albedo! Nevicò tantissimo (oltre un metro a Milano!) su tutto il centro/nord e anche in molte zone del Sud, fin sulle coste.
    Io, in quei giorni tremendi, fui protagonista da addetto ai lavori, in quanto meteorologo del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare. Pubblicai sulla Rivista diMeteorologia Aeronautica un resoconto dettagliato, con le mappe disegnate a mano relative a quell’episodio, che oggi voglio condividere con tutti voi, cari lettori di quest’interessantissimo giornale online. Sperando di fare cosa gradita.
    Buona lettura!

    L’ondata di freddo del gennaio 1985Servizio Meteorologico dell’Aeronautica, Roma
    Lavoro presentato il 10 giugno 1985, pubblicato sulla Rivista di Meteorologia Aeronautica,
    anno 46 n.3-4, luglio – dicembre 1986

    RIASSUNTO
    Dal 1° al 15 gennaio 1985 l’Italia e, con essa, gran parte dell’Europa occidentale sono state interessate da una ondata fredda di carattere eccezionale. Il presente studio, di carattere statistico climatologico, analizza dapprima la situazione sinottica, a 500 hPa, che ha causato questo evento; passa poi all’analisi delle temperature minime giornaliere su tutto il territorio nazionale. Per avere un parametro, proporzionale alla temperatura, che risulti rappresentativo di ogni località, indipendentemente dalla latitudine e dall’altitudine, la temperatura minima e stata trasformata in una variabile P che esprime la probabilità che una temperatura uguale o inferiore si possa verificare in quello stesso periodo; i vari valori di P sono stati riportati su tartine d’Italia in modo da mettere in risalto l’andamento giornaliero della situazione. Infine l’ondata di freddo del 1985 è stata messa a confronto con altri eventi dello stesso tipo avvenuti dal 1951 in poi.

    1. Introduzione

    Il 1985 è iniziato all’insegna del freddo, con nevicate anche in pianura e a latitudini piuttosto basse, a causa di una serie di perturbazioni che hanno portato sull’Italia e, più generalmente, su tutta l’Europa occidentale, correnti molto fredde provenienti da nord-est. I danni causati dall’ondata di freddo sono stati ingenti, sia in senso economico sia per la perdita di parecchie vite umane legata, in maniera più o meno diretta, alla situazione meteorologica che si è verificata. Confrontata con analoghe situazioni di anni precedenti, di cui si hanno dati registrati su nastro magnetico relativamente a tutto il territorio nazionale, si può dire che è stata apportatrice di freddo, tanto più sentito in quanto ha colpito più le località di pianura, ove più alta è la densità di popolazione, che quelle di montagna.

    2. Analisi della situazione meteorologica

    La data di inizio dell’ondata di freddo è difficile da stabilire; già alla fine del mese di dicembre 1984 (il giorno 28) una perturbazione a carattere freddo ha portato la temperatura a valori inferiori a quelli medi, con minime notturne che al nord e al centro dell’Italia sono risultate quasi tutte inferiori a 0 gradi. Le correnti nella media troposfera, che negli ultimi giorni di dicembre su Gran Bretagna risultavano mediamente intorno a nord-ovest, hanno continuato ad immettere aria fredda lungo un corridoio con asse Inghilterra, Francia, Spagna, fino al 31 dicembre alimentando una circolazione depressionaria complessa con minimi su Tirreno e Mediterraneo centro-meridionale (fig. 1)

    Il 1° gennaio il minimo sul Tirreno si colma, mentre ciò che rimane del secondo, ormai sul Mare Egeo a 500 hPa viene inglobato nella circolazione che si viene formando sulla Germania con correnti cicloniche ben organizzate su Inghilterra e Francia (fig.2).

    Si determina così una vasta depressione che abbraccia gran parte dell’Europa, con gradiente banco che va gradualmente accentuandosi. Contemporaneamente l’alta delle Azzorre si estende, con un vasto promontorio, fino al largo delle coste scozzesi, determinando una situazione di bloccaggio; ne consegue un graduale abbassamento della temperatura sull’Italia, dovuto al persistere delle correnti da nord-est sul Mare del nord. Il 4 gennaio (fig.3) la circolazione a 500 hPa mostra pienamente la situazione di freddo che si è formata sull’Europa occidentale e l’intenso approfondimento della depressione (minimo inferiore a 5040 metri geopotenziali); l’alta staziona sempre al largo delle coste scozzesi, determinando il perdurare delle forti correnti dai quadranti settentrionali sull’Europa occidentale; la depressione, che abbraccia ormai quasi tutta l’Europa, si presenta con gradiente molto intenso specie su Inghilterra, Francia e Italia; le varie perturbazioni ad essa collegate, apportano le prime nevicate anche in pianura e a latitudini ove questo tipo di precipitazione è piuttosto raro, determinando i primi seri disagi per la popolazione.

    Nei giorni che seguono si ha una variazione dell’asse di saccatura, che determina correnti più marcatamente da nord-est sull’Inghilterra, ma la situazione si mantiene praticamente inalterata, Il primo avviso di una variazione sostanziale si ha il giorno 13 (fig. 4) in cui si sono ben delineati un’asse di saccatura in direzione pressapoco NE-SW, un minimo notevolmente indebolito sulla Russia, un onda corta dal Mediterraneo occidentale all’Italia centro-meridionale.

    In definitiva, la depressione comincia a perdere la sua individualità come centro d’azione e sull’Italia s’innesca una direttrice a componente meridionale. L’indomani l’onda si amplifica tanto da isolare una depressione allungata dal Mare del Nord all’entroterra algerino ed una depressione con le propaggini occidentali su1 Mar Nero (fig. 5); nello stesso tempo la direttrice sull’Italia accentua la sua componente meridionale. La configurazione che ne risulta può essere vista come mutamento definitivo rispetto alla situazione precedente.

    3. Analisi dell’andamento delle temperature minime giornaliere del periodo 1-15 gennaio 1985

    L’Italia è notevolmente estesa in latitudine ed è caratterizzata da una orografia molto tormentata, perciò l’analisi comparata delle temperature nei vari luoghi va fatta in maniera adeguata, a causa della mancanza di omegeneità e della diversa variabilità della temperatura stessa. Per avere un parametro, legato alla temperatura in grado di mettere in evidenza nello stesso tempo l’entità e l’estensione spaziale dell’invasione fredda, indipendentemente dall’altitudine e dalla latitudine, la temperatura minima (Tn*) giornaliera è stata trasformata nella variabile P mediante la

    in cui Tn) ed s sono rispettivamente la media e lo scarto quadratico medio delle temperature minime giornaliere dei primi quindici giorni di gennaio del trentennio 1951-1980 (o di annate minori, qualora non disponibile l’intero trentennio), relativi alle singole località. Con ciò si suppone che la temperatura minima giornaliera segua la legge normale, (si trascura la debole asimmetria che di fatto esiste nella sua densità di probabilità) e quindi, la variabile P assume il significato di probabilità che si verifichi una temperatura minima non superiore a quella osservata, cioè dell’estremo superiore d’integrazione. Evidentemente il freddo è tanto più anomalo quanto più piccolo è il valore della [1]. Bisogna osservare che è consuetudine misurare le anomalie di temperatura soltanto dallo scostamento dei valori medi. Ciò, quando si tratta di un riferimento puntuale, è sufficientemente rigoroso, ma non lo è più quando invece si vuol fare riferimento ad una regione più o meno vasta, salvo quando nei singoli punti di essa la variabilità climatologica, cioè lo scarto quadratico medio, non sia pressoché costante. infatti, mentre l’uguaglianza fra due scostamenti dei valori medi locali in due punti fornisce in ogni caso anomalie di ugual misura, lo scarto standardizzato

    invece, ha maggiori proprietà differenziali, perché coinvolge il parametro S che è una peculiarità climatologica locale. Di conseguenza la [1], in termini di probabilità di un valore più piccolo, può dirsi che fornisce l’esatta misura di una anomalia. Si può anche notare che da un punto di vista statistico-formale la [1] rende più significativi i confronti fra le anomalie in due località diverse e quindi. dal punto di vista fisico-climatologico, mette meglio in evidenza le peculiarità locali che eventualmente hanno contribuito a differenziare due siti. Per esempio se a Roma Fiumicino e a Palermo Punta Raisi in un giorno della prima metà di un gennaio qualsiasi si avesse una anomalia della temperatura minima tale che in termini di scostamento dalla media per entrambe le località sarebbe () T = -4 C, in termini di probabilità di un valore minore o uguale sarebbe invece per Roma Fiumicino P = 16 per Palermo Punta Raisi P = 4 In effetti, per la prima località l’anomalia è 4 volte maggiore che per la seconda. Ciò a causa della più grande stabilità climatica che ordinariamente si riscontra a Palermo Punta Raisi, dove la temperatura minima giornaliera è meno variabile. I valori di P sono stati calcolati per le 66 località di figura 6, per ciascuno dei primi 15 giorni di gennaio 1985 e sono stati riportati su cartine d’Italia limitatamente ai valori inferiori al 50%. Valori più elevati sono infatti non importanti ai fini della presente analisi, in quanto il valore normale delle temperature minime giornaliere, nell’approssimazione fatta, ha la probabilità del 50% di non essere superato. Per rendere più evidenti le zone con differenti probabilità, sono state tracciate le isolinee per i seguenti livelli: 0,1%; 1%; 5%; 20%; 50%; e le aree delimitate sono state colorate dal blu per i valori più bassi (corrispondenti alle minime più rare) al rosso per temperature superiori alla media; la fascia tra i livelli del 5% e del 20% non è stata colorata. Il posizionamento di queste isolinee è subordinato alla densità della rete di stazioni considerate, pertanto non deve considerarsi assolutamente vincolante, tuttavia il tipo di approssimazione consente

    più facilmente d’intravedere in maniera differenziale gli effetti delle intense invasioni fredde. Nei giorni in cui si sono avute temperature minime inferiori o uguali ai minimi assoluti del periodo 1951-1978, le località interessate sono state evidenziate con un cerchietto rosso. Una sedicesima cartina (fig. 7) è stata ricavata, sempre tramite la [1], considerando T uguale alla media delle temperature minime dei primi 15 giorni di gennaio 1985; da essa si ricava che in tutto il periodo la temperatura si e mantenuta notevolmente bassa, e che la probabilità del verificarsi di temperature minime ancora più basse di quelle verificatesi, mediamente è compresa tra il 5% e il 20% sulle regioni centro meridionali e tra l’1% e il 5% al nord, dove gli effetti del freddo sono stati maggiori. Per mostrare l’evoluzione della situazione si esaminano le cartine giornaliere (figg. 8 – 22).

    Il giorno 1° gennaio le temperature minime sono già quasi ovunque al di sotto della media; in particolare in alcune località si sono verificate temperature minime tali che in quel periodo la probabilità di verificarsi di un valore minore o uguale è del 6%. L’invasione di aria fredda colpisce inizialmente tutte le regioni che si affacciano sul Tirreno ed il Veneto (giorno 2) per poi estendersi a quasi tutto il territorio nazionale, con effetti più vistosi sulle regioni prospicienti il basso Tirreno (giorno 3 e giorno 4). Il 5 la situazione si evolve notevolmente; al nord continua l’invasione di aria fredda tanto che su alcune aree della pianura padana e sulla riviera ligure si verificano temperature minime tali che, in base ai dati del trentennio esaminato, c’è una probabilità dell’1% ed anche meno che si verifichino valori uguali o minori; a Udine si registra la temperatura minima di -8,8 °C, che è più bassa della temperatura minima estrema per quella città, nel mese di gennaio, per tutto il periodo storico di cui si hanno dati certi, già analizzati, cioè dal 1951 al 1978. La sacca di aria fredda sul Tirreno centro meridionale scompare, mentre su Sicilia e Calabria le temperature diventano superiori alla media di quel periodo. Il giorno 6 inizia il periodo di freddo intenso; le zone più colpite sono quelle settentrionali, ove varie località presentano minime tali da superare l’estremo storico, indipendentemente dal mese; nelle regioni meridionali la zona con temperature al di sopra della media si mantiene quasi costante. Nei giorni che seguono le zone con temperature molto basse si estendono a tutto il territorio nazionale ed al sud l’area con temperature al di sopra della media si restringe per scomparire definitivamente il giorno 9. Nei giorni 10 e 11 su gran parte dell’Italia si registrano temperature minime tali che valori uguali o inferiori hanno probabilità di verificarsi dell’1% o meno; in particolare la pianura padana e la Toscana sono le zone più colpite; alcune temperature minime bastano da sole a rendere evidente la situazione;

    Milano Malpensa -17,8°C
    Piacenza -22,0°C
    Brescia -18,1°C
    Verona -18,4°C
    Udine -12,8°C
    Bologna -16,4°C
    Firenze -23,0°C
    Arezzo -20,0°C
    Grosseto -13,2°C
    Roma Ciampino -11,0°C
    Frosinone -19,0°C

    Anche le temperature massime giornaliere in questi due giorni sono particolarmente basse, e spesso al di sotto di zero gradi centigradi:

    Brescia -6,0°C
    Milano Linate -4,9°C
    Bologna -5,8°C
    Roma Ciampino -0,2°C

    Il giorno 12 inizia la fase regressiva dell’ondata di freddo; le prime regioni che tendono a normalizzarsi sono quelle meridionali ad eccezione della Puglia, ove persiste aria fredda. I giorni che seguono vedono un generalizzarsi del processo di normalizzazione della temperatura, ad esclusione della riviera ligure dove si ha una brusca recrudescenza del fenomeno nei giorni 13 e 14 e un graduale attenuarsi nel giorno 15 e in quelli che seguono.

    4. Confronto con le situazioni di freddo antecedenti

    Le situazioni di freddo intenso ricorrono senza un periodo fisso; dal 1951 in poi se ne possono contare ben poche di intensità paragonabile a quest’ultima di gennaio 1985. Ne sono state scelte quattro, verificatesi negli anni 56, 63, 68, 71, che hanno interessato globalmente tutta l’Italia e che ricorrono tra i valori estremi di temperatura minima nelle pubblicazioni di carattere statistico climatologico; altre ve ne sono state, ad esempio nel 1953 e nel 1962, ma esse hanno interessato solamente qualche regione, per cui il loro interesse non riveste carattere generale. In figura 23 sono riportati gli anni in cui si è avuta la temperatura minima estrema; nella tabella 1(Click On), sono riportati, a fianco di ciascuna località, il valore

    estremo della temperatura minima per il periodo 1951-1978 e il rispettivo anno, mese e giorno in cui essa si e verificata, e la temperatura minima dell’ultima ondata fredda, di cui si è riportato il valore in °C e il giorno del mese di gennaio; l’ultima colonna riporta la differenza tra la temperatura verificatasi nel gennaio 1985 e quella del periodo precedente. L’ondata fredda del 56 è iniziata nei primi giorni della seconda decade di febbraio di quell’anno e si e protratta per tutto il mese, con una notevole recrudescenza in marzo dopo solo pochi giorni di attenuazione; fra quelle esaminate è quella che è durata più a lungo interessando tutto il territorio nazionale. A parte l’ultima, del 1985, è quella che detiene il maggior numero di valori estremi tra le temperature minime; ben la ricorderanno gli abitanti di Torino e di Milano ove il termometro è sceso rispettivamente a -20,8 °C  e a -15,6 °C, che sono a tutt’oggi i minimi assoluti per quelle città; anche al sud è stata particolarmente sentita, ed è l’unica che abbia fatto scendere il termometro al di sotto di zero gradi in località particolarmente miti, quali ad esempio l’isola di Pantelleria. L’invasione fredda del 1963 ha interessato il territorio italiano per tutta la seconda e terza decade di gennaio; anch’essa è stata particolarmente intensa, soprattutto sulle regioni meridionali; Venezia e Bari sono, tra le altre, le città in cui il valore estremo della temperatura minima è stato registrato in quella occasione. Nel 1968, tra la prima e la seconda decade di gennaio, si e avuta una situazione simile a quella avvenuta cinque anni prima; anche se avvertita su tutta la penisola, i minimi storici in essa raggiunti sono rimasti insuperati solo su Basilicata, Puglia e Calabria. L’ondata fredda avvenuta all’inizio del marzo 1971 è stata, fra quelle qui analizzate, la meno intensa e quella di minor durata; essa tuttavia e avvenuta in un periodo in cui la temperatura media è ben più alta che nei mesi di gennaio o febbraio, per cui i valori estremi di temperatura minima che essa ha arrecato e che in qualche località non sono stati superati nemmeno nei mesi mediamente più freddi, sono da ritenersi di grande interesse, considerando lo scarto fra essi e i valori medi delle temperature minime del mese di marzo. Nel 1985 il periodo di freddo intenso può essere considerato dal lo al 15 gennaio, la sua durata e quindi paragonabile alle situazioni del 1963 e 1968. mentre è inferiore a quella dell’evento del 1956; i casi di temperature minime estreme registrate sono invece notevolmente superiori a tutte le altre esaminate. Alcune località meritano di essere evidenziate a parte, in quanto le temperature registrate nel gennaio 85 risultano di parecchi gradi inferiori rispetto alle estreme precedenti. Ad Udine, ad esempio, la precedente temperature minima estrema era di -9,2 °C nel marzo 1971, mentre per il mese di gennaio il minimo era di -8,4 °C, sempre nell’anno 1971; nel gennaio 1985 si sono verificati ben sette giorni con temperature minime inferiori a -8,4 °C. con una estrema di -14,6 °C. Brescia e Piacenza sono passate rispettivamente da -14,6 a -19.4 °C, e da -16 7 a -22 °C. Nelle località della Toscana si sono verificati valori di temperature minime notevolmente inferiori ai valori estremi precedenti; in particolare a Firenze si e avuto il giorno 12 un eccezionale -23.0 °C che è di oltre 10 gradi più basso dell’estremo precedentemente registrato, e che è inferiore addirittura al minimo di località di montagna vicine, quali ad esempio Monte Cimone in cui la temperatura minima nel 1985 è stata di -21,4 °C, mentre il valore estremo si e avuto nel febbraio 1956 con -21,8 °C. Il Lazio e la Campania hanno anch’esse i loro valori estremi nel 1985, con minime di -11 °C a Roma Ciampino e -4,6 °C a Napoli; anche i valori della temperatura massima giornaliera sono stati piuttosto bassi e in alcuni giorni, a Roma, sono stati inferiori allo zero. Frosinone e stata la città più colpita, avendo registrato la temperatura minima di -l9,0 °C, a conferma del fatto che le località di pianura o vallive sono state le più interessate.

    5. Conclusioni

    L’ondata fredda che ha colpito l’Italia nel gennaio1985 è stata una tra le più rigide tra quelle riscontrate dal 1951 in poi, periodo per il quale si dispone dei dati registrati su supporto magnetico nell’archivio del CNMCA. Le situazioni analoghe, che si sono verificate, sono quasi sempre comprese nei mesi di gennaio, febbraio e marzo e non presentano evidenti periodi di ricorrenza. Nel presente studio si è voluto mettere in risalto l’aspetto statistico climatologico dell’evento trattato, prendendo in considerazione un parametro, quale la probabilità che si verifichi una temperatura non superiore, che risulta indipendente da fattori locali; altri metodi e altri parametri possono, ovviamente, essere presi in considerazione per evidenziare aspetti diversi; si lascia al lettore interessato l’eventuale piacere di estendere e completare la ricerca.

    6. Ringraziamenti

    Si ringraziano il col. dr. C. TODARO, il col. dr. A. FANTUZI e il ten. col. dr. R. EPIFANI per i consigli forniti nella realizzazione del lavoro.

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