ACCUSE – L’Hfc-23 è un sottoprodotto della lavorazione del clorodifluorometano (Hcfc-22), utilizzato come refrigerante, schiumogeno e nella produzione del teflon. L’Hcfc-22 viene impiegato come sostituto dei Cfc-11 e Cfc-12, messi al bando dal protocollo di Montreal in quanto principali cause del buco dell’ozono. Anche l’Hcfc-22 ha però il potere di distruggere lo strato di ozono, seppur di molto minore. Tanto che dal 1° gennaio 2010 è vietato importare, produrre o vendere il composto per nuove apparecchiature dove viene di solito impiegato e dal 1° gennaio 2015 gli Hcfc saranno completamente banditi. Nel 2008 erano sono solo sei in tutta l’Europa occidentale gli impianti che producevano l’Hcfc-22: due in Germania, uno in Inghilterra, uno in Francia, uno in Olanda e uno in Italia (non lontano da Milano). Questi ultimi due sono quelli dai quali provengono le maggiori percentuali riscontrate di Hfc-23. Gli esperti svizzeri affermano che l’Europa occidentale emette circa il doppio di Hfc-23 di quanto riportato ufficialmente. I loro dati sono inoltre corroborati da un recente studio pubblicato da altri scienziati su Geophysical Research Letters nel quale sostanziamente i risultati sono gli stessi. Anche per la Cina e altre nazioni non c’è corrispondenza tra quanto dichiarato ufficialmente e quanto risulta da analisi indipendenti.
COME 75 MILA ABITANTI – Gli svizzeri hanno effettuato uno studio molto accurato durato due anni: dal luglio 2008 al luglio 2010. Secondo gli studiosi l’Italia emette da 270 mila a 630 mila tonnellate all’anno di Hfc-23 che, come potenzialità di gas serra, è una quantità equivalente alle emissioni annuali di CO2 di una città di 75 mila abitanti. E tutto ciò grazie a una sola fabbrica.
di Paolo Virtuani – http://www.corriere.it/