Sarolta Tripolszky adesso è ricoverata all’ospedale di Chieti, ma sta benissimo. Ovviamente dopo sei giorni tra i monti più alti dell’Appennino senza acqua nè cibo, è leggermente disidratata e i medici l’hanno sottoposta qualche flebo ricostituente. ”Non ho mai avuto paura di morire – ha detto – nei primi due giorni ha mangiato delle merendine, poi mi sono dovuta arrangiare con quello che ho trovato nel vallone, con le escargottes… le lumache, e delle piccole lucertole…”.
La giovane bionda non era mai stata in Abruzzo e si era persa dopo aver raggiunto il Monte Acquaviva, sulla strada del ritorno, nonostante il possesso di una mappa del posto. ”Ma io vedevo gli elicotteri e mi sono sbracciata per farmi notare, ma poi alla fine mi hanno trovata quelli del Soccorso Alpino”, ha detto.
A vederla per primo è stato Antonio Pace, del Soccorso Alpino del Cai dell’Aquila, nella gola delle Murelle: ”si stava lavando in una pozza d’acqua e ho capito subito che era in buone condizioni fisiche – racconta il soccorritore – Ovviamente la prima cosa che ha chiesto e’ stata quella di mangiare e io volentieri gli ho ceduto il mio panino al prosciutto. L’ho fatto con gioia, perche’ non credevo di ritrovarla viva…’‘. Lo dice apertamente: ”… e’ stato un miracolo che la ragazza sia sopravissuta”. E se e’ ancora su questa terra ”si deve anche al fatto che e’ alta e fisicamente forte, pero’ aveva anche una giacca che l’ha protetta dal freddo”. Sei giorni in alta montagna con le rigide temperature di queste notti rappresentano però una prova estrema per qualunque fisico. ”La sua sfortuna e’ che nell’sms che ha mandato ai genitori in Ungheria ha dato delle indicazioni sbagliate e noi l’abbiamo cercata in altra zona, ma la sua fortuna e’ che e’ finita in questo vallone dalle pareti scoscese che in parte l’hanno protetta dal freddo – dice Pace – non credo che di notte qui sia mai scesa sotto ai dieci gradi”.
A mettere sulle sue tracce i soccorritori e’ stato il ritrovamento accidentale della sua macchina fotografica in una zona dove in teoria non avrebbe dovuto esserci. E quel vallone poteva essere percorso da una persona senza attrezzatura solo in risalita: dopo qualche ora infatti la ragazza e’ stata ritrovata in cima
La giovane magiara ha già riabbracciato madre e fratello al campo base allestito ai piedi della montagna. E’ stata brava ad adattarsi a condizioni ambientali difficili. Spaccature, grotte, ripari che le hanno permesso di sopravvivere alla brutta avventura. La ragazza – che nella vita e’ biologa, ambientalista e ha anche lavorato con la Commissione Europea a Bruxelles – aveva provato a scendere verso valle nel canalone ma in alcuni punti ha trovato dei salti troppo pericolosi e quindi ha preferito, con buon senso, risalire. E’ stata poi premiata dal destino.
Ai soccorritori del Cai aquilano ha poi chiesto se era possibile uscire verso l’alto da quell’imbuto naturale, segno di una certa esperienza in natura. Ha detto di non aver incontrato animali e di non aver acceso fuochi perche’ non aveva gli strumenti.
Complimenti, Sarolta!