E’ stata una settimana di passione per i Comuni italiani che hanno scoperto di essere sotto la fatidica linea dei 1.000 abitanti. Tutti ad inventarsi qualcosa pur di non essere cancellati, senza se e senza ma, dalla manovra bis anti-crisi. C’è chi accoglierebbe i tanti emigrati in giro per il mondo, chi propone la creazione di un principato, chi sceglie di scendere in piazza. Sicuramente questa sforbiciata ha mobilitato l’intero paese da Nord a Sud, nessuna regione esclusa, neppure quelle autonome e almeno per una volta la manovra è diciamo così democratica.
Riflettendoci bene e ascoltando in questi giorni la voce di chi è sul territorio, questa sforbiciata fa forse molto rumore, ma non non è la vera ricetta anti-crisi. Il Comune in Italia è in un’istituzione storica ed è l’origine fondamentale del nostro Paese. Sono la più antica forma di autogoverno veramente efficace che si conosca lungo lo Stivale. L’origine dei comuni è dei tempi del feudalesimo ed in fondo, in fondo il forte campanalismo italico ha proprio origine nella nascita di queste istituzioni cittadine. In ogni municipio italiano (anche questo termine in uso già nel Medioevo), dal più piccolo al più grande, c’è un pezzo di storia nazionale che in qualche modo con questo taglio verrebbe gettata via per sempre. Pare proprio uno scherzo del destino che questa decisione giunga nel 150° anniversario dell’unità d’Italia; come se un colpo di spugna cancellasse parte degli gli 8.000 comuni che hanno costruito, mattoncino per mattoncino, quello che è arrivato solo molti anni dopo, nel 1861. Paradossale.
Oggi, durante la diretta su Radio 2, l’intervento di un Sindaco di un piccolo centro piemontese faceva tenerezza. Il primo cittadino affermava che sono molti i piccoli comuni in cui i rappresentanti dei cittadini non percepiscono neppure un gettone di presenza e che con tanta dedizione sono comunque al servizio dei cittadini. Cosa forse meno vera a livelli più alti. Quanto affermato da quel Sindaco è verificabile da chiunque abiti in un piccolo comune, dove non è raro vedere assessori direttamente sporcarsi le mani insieme agli operai comunali o sindaci, che casa per casa, visitano i cittadini. L’attaccamento di queste persone al territorio e la vicinanza diretta ai cittadini è quasi sempre più forte nelle piccole realtà, che spesso vivono in condizioni disagiate. Basti pensare alle centinaia di comuni che si inerpicano dalle Alpi agli Appennini, dalla Calabria alla Valle d’Aosta e che non è raro che rimangano isolati a causa di nevicate o di dissesti idro-geologici. Elementi non rari nel nostro Paese. Ricordiamoci anche che il Sindaco è il primo operatore di Protezione Civile in un Comune. Spesso questi centri distano decine e decine di km dai centri abitati di media grandezza e molte volte, i sindaci di queste piccole realtà, si sono fatti sentire per fare si che questi cittadini non si sentissero abbandonati. Il criterio utilizzato, taglio a 1.000 abitanti, è sicuramente da rivedere.
Mi vengono in mente i comuni come Mongiana, in provincia di Vibo Valentia, immersi nelle Serre dove la neve cade copiosa in inverno. Ventotene, in provincia di Latina, che è il comune dell’omonima isola pontina, oppure Chamois, in Valle d’Aosta, che ci si accede solo con la funivia. Situazione come queste sono numerose in tutto il Paese,e cosi fa? Tutti cancellati! Non oso immaginare cosa potrebbe avvenire con questo colpo di spazzola e quali disagi di potrebbe verificarsi per i cittadini di questi centri. Immaginatevi cosa vorrà dire unire uffici tecnici, anagrafi ecc. Un vero e proprio tsunami che si abbatterebbe per l’ennesima volta sui cittadini.
Dunque andrebbe forse almeno rivisto il criterio dei 1.000 abitanti,ed è vero che realtà con 40/50 persone sono veramente piccole, ma non è detto che il Comune, in questi centri, sia l’unico elemento che non faccia sentire questi cittadini di serie B, ma italiani pari dignitari come gli altri, con una propria storia e una tradizione secolare.
Giustamente però bisogna tagliare da qualche parte e da qualcuno timidamente, già da tempo, esce fuori l’idea del taglio delle Regioni. Molti gridano allo scandalo, ma riflettendoci bene è molto più scandaloso il taglio dei mattoncini più piccoli, i Comuni che non dell’Ente maggiore. Le Regioni in fondo esistono dal 1948 e sono state formalizzate solo negli anni ’70. La creazioni di quest’ultime ha forse creato più dissapori di qualsiasi altro ente, in particolare in alcune regioni italiane. Purtroppo spesso è accaduto che gli equilibri in consiglio regionale si spostassero verso le province più influenti del circondario regionale a scapito delle rimanenti province. Sono stati molti i casi in questi ultimi anni di richieste di annessioni varie di porzioni di regioni a regioni limitrofe sia per interessi economici che storici e gli esempi vanno dalla Campania al Veneto.
In fondo in Italia un caso simile esiste già, ed è il Trentino-Alto Adige, dove la regione conta pochissimi impiegati regionali e dove di fatto il governo del territorio è lasciato alla Provincia autonoma di Bolzano e a quella di Trento. L’Italia in fondo è fatta di distretti e quindi quale migliore ricetta per andare verso un governo del territorio più vicino ai cittadini in ottica federale? Sicuramente lo sarebbe maggiormente di quanto sia previsto nell’attuale manovra. Dunque perchè non lasciare l’ente regione, come ente geografico e dare maggiore spazio alle Province? D’altronde anche quest’ultime sono più antiche delle regioni. Probabilmente però questa resterà un’idea, poichè già negli enti regionali sono radicati i poteri forti.
(Fonte immagini : web)