Per individuare i segni che preannunciano la comparsa delle macchie solari, i ricercatori guidati da Stathis Ilonidis hanno utilizzato i dati raccolti dal telescopio spaziale Soho (Solar and Heliospheric Observatory), frutto di un progetto congiunto dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e della Nasa. Hanno cosi’ scoperto che le turbolenze magnetiche all’origine delle macchie si generano ben 65mila chilometri sotto la superficie della stella, e possono essere molto piu’ forti di quanto previsto dalle attuali teorie. La loro risalita verso la superficie avviene con una velocita’ compresa tra 0,3 e 0,6 chilometri al secondo, e puo’ generare macchie solari nel giro di uno o due giorni dopo il primo ‘avvistamento’.
Tempeste solari: ecco come prevederle con alcuni giorni d’anticipo
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