Un’innovativa procedura di litografia, molto più semplice, veloce ed economica, per la fabbricazione di microstrutture tridimensionali di liquidi polimerici dalle svariate forme è il risultato di una ricerca dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) di Pozzuoli (Na), pubblicata sulla rivista ‘Pnas’ che le ha dedicato la copertina. Lo studio, condotto da Simonetta Grilli e altri giovani ricercatrici e ricercatori coordinati da Pietro Ferraro, ha molteplici applicazioni nel campo della fotonica, in ambito sensoristico e nelle biotecnologie, dai nanotubi di carbonio per l’elettronica e le future celle fotovoltaiche fino ai laboratori su chip.
“Nelle comuni tecniche litografiche utilizzate per sagomare materiali polimerici su scala micro e nanometrica – nell’ordine del milionesimo e miliardesimo di metro – si ricorre a un campo elettrico che riscalda lentamente il film di polistirene o polimetilmetacrilato a una temperatura superiore a quella di transizione vetrosa, per poi raffreddarlo”, spiega Ferraro. “Il processo è laborioso e non essendo possibile ‘bloccare’ le configurazioni a cui va soggetto il fluido, si ottengono geometrie limitate (colonne, punti e linee)”.
I ricercatori dell’Ino-Cnr si sono chiesti come arrestare l’evoluzione del liquido per catturare una forma specifica. “Il nostro metodo permette di solidificare le microstrutture polimeriche ‘congelando’ le instabilità spontanee del fluido sottoposto al campo elettrico, come accade con gli zampilli ghiacciati delle fontane”, prosegue Simonetta Grilli. “O come se venisse scattata una fotografia tridimensionale in un istante preciso”.
A creare le strutture solide non è però la rapida discesa della temperatura bensì uno stimolo termico. “Con un getto d’aria a circa 150 °C di una decina di secondi si genera un campo elettrico che induce la formazione delle microstrutture temporanee e con lo stesso stimolo termico, applicato molto rapidamente, è possibile solidificare queste forme”, prosegue la ricercatrice. “Da questa ‘fonderia polimerica’ sono nate strutture dalla forma più o meno complessa e curiosa, tra cui fibre, coni e microsfere interconnesse da un filo sottilissimo come le perle di una collana (Boas)”.
Tra l’altro nel polimero possono essere inseriti preventivamente dei quantum dots o punti quantici (nanostrutture di materiale semiconduttore) per rendere otticamente attive queste strutture,. “Le applicazioni di componenti a quantum dot nel campo della fotonica sono vastissime, dai microrisonatori impiegati per aumentare l’intensità di particolari frequenze, alle lenti coniche per l’intrappolamento ottico di particelle, di grande utilità per la manipolazione e l’analisi dei campioni biologici e per l’ingegneria dei materiali”, dichiara Grilli, recente assegnataria di un finanziamento Firb per le sue ricerche nel settore. Queste tipologie di componenti trovano largo uso come sensori chimici e nelle biotecnologie. Ulteriori applicazioni riguardano la realizzazione di elettronica su plastica per mezzo di nanotubi di carbonio, inglobati e dispersi nel polimero, e per la fabbricazione delle future celle fotovoltaiche”.
Un’altra applicazione interessante in campo medico è il laboratorio su chip (Lab-on-chip): “Uno speciale dispositivo miniaturizzato che integra le operazioni tradizionalmente svolte da un laboratorio in uno spazio di pochi centimetri, ovvero da cento a mille volte più piccolo”, conclude Ferraro. “I Lab-on-chip consentono un notevole risparmio in termini di costi e analisi e sono molto più veloci e soprattutto sensibili”.