Studiando gli annali di meteorologia emerge un’altra novità: sicuramente piogge come quelle che hanno colpito Spezzino e Lunigiana nelle scorse ore sono di portata eccezionale, ma ogni tot. di anni fenomeni così violenti si ripetono anche nel Mediterraneo e nel nostro Paese, quindi non sono una novità e questo dimostra ancora una volta quanto sia relativa la “normalità” meteorologica. Se consideriamo, infatti, lunghi periodi pluridecennali, episodi come quello di questi giorni sono assolutamente normali, dal punto di vista climatico. E sono altrettanto normali gli effetti devastanti (morte e distruzione) sul territorio e sulla popolazione: anche questo s’è sempre verificato, e, anzi, nel corso degli anni a parità d’intensità dei fenomeni estremi, è via via sempre diminuita la gravità degli effetti sulla popolazione perchè evidentemente stiamo riuscendo, che che se ne dica, a migliorare i nostri strumenti di difesa e adattamento rispetto alla furia selvaggia della natura.
Anche nel 1996 c’è stata un’alluvione lì vicino, un pò più a sud, in Versilia: piovve talmente tanto che i tecnici della protezione civile di Roma telefonarono, tranquilli, agli ufficiali della stazione meteorologica di Fornovolasco, sulle Apuane, segnalando un “guasto” al pluviometro perchè segnalava 300mm in poche ore. In realtà stava diluviando furiosamente.
Ma grandi alluvioni hanno sempre segnato la storia d’Italia: ogni anno se ne verificano diverse che provocano morti e feriti, poi ce ne sono alcune ancor più devastanti come quella del 1° ottobre 2009 nel Messinese Jonico (37 morti), quella di metà ottobre 2000 in Piemonte (34 morti), quella del 5 maggio 1998 a Sarno e Quindici (159 morti), quella del 5 novembre 1994 in Piemonte (70 morti), quella dell’estate 1987 in Valtellina (53 morti), quella della Val di Stava il 19 luglio 1985 (268 vittime), quella dell’ottobre 1970 a Genova (44 morti, con picchi di 900mm d’acqua in 24 ore proprio nel Genoano! Appartiene a quell’alluvione il record di pioggia giornaliero in Italia), quella di inizio novembre 1968 in Piemonte (72 morti tra Biellese e Astigiano), quella di inizio novembre 1966 nel Triveneto (decine di morti tra Friuli, Trentino e Veneto), quella di Firenze del 4 novembre 1966 (34 vittime), il noto disastro del Vajont (ma qui le cause non furono completamente naturali), con circa duemila vittime a Longarone, Erto e Casso il 9 ottobre 1963, quella di Ancona il 5 settembre 1959 (10 morti, quella, terribile, del Salernitano a fine ottobre 1954 con 318 vittime tra Vietri sul Mare, Cava de’ Tirreni, Salerno, Maiori, Minori e Tramonti, quella del Reggino Jonico il 21 ottobre 1953 (circa 150 morti), quella del 14 novembre 1951 nel Polesine (84 morti), ancora quella della Calabria sud/orientale il 15 ottobre 1951 con 70 vittime. In molti di questi casi, interi centri abitati furono abbandonati completamente e ricostriuti altrove (sono le new-town del passato); ancora oggi esistono come paesi fantasma.
Il 13 agosto 1935 il lago di Ortiglieto straripò a Molare, inondando diversi paesi e le campagne in provincia di Alessandria provocando la morte di 111 persone. Il 21 febbraio 1931 ci fu l’alluvione a Palermo con 11 morti, il 26 settembre 1902 la Sicilia veniva devastata da un ciclone mediterraneo che uccideva oltre 300 persone.
Sempre in Sicilia, un altro ciclone Mediterraneo nell’autunno 1861 provocò più di 500 vittime, e nel Messinese Jonico ci furono altre devastazioni nel febbraio 1763, con ceninaia di vittime per le piogge torrenziali.
Più andiamo indietro negli anni e più si fanno intermittenti le segnalazioni e i dati, ma più volte ci sono stati eventi alluvionali più o meno nelle stesse zone, dal Polesine al Friuli, dal nord/ovest alle Cinque Terre, dalla Toscana alla Campania fino a Calabria e Sicilia, tutte aree ad altissimo rischio idrogeologico.
Pensate che addirittura nell’ottobre 589 d.C. una violenta alluvione interessò gran parte d’Italia con migliaia di morti e tantissimi villaggi distrutti: anche a quei tempi nelle cronache storiche sono riportate polemiche dei cittadini che rimpiangevano l’Impero Romano e davano la colpa di quei fenomeni estremi al peggioramento generalizzato del clima a causa dei “cambiamenti climatici“, ma parliamo di 1.422 anni fa.
Proprio Roma è una delle città con un più grande archivio meteo/climatico, vista la sua storia millenaria: esistono tutti i dati sul livello del Tevere e sulle sue esondazioni (vedi grafico a sinistra), e nel ventesimo secolo sono notevolmente diminuiti questi fenomeni così estremi, che hanno avuto il loro picco nel corso del ‘500 (ma non si è scherzato neanche nei primi due secoli d.C., che sono al secondo e al terzo posto di sempre, appunto, dopo il 1500).
Insomma, dare ai cambiamenti climatici la colpa di questi fenomeni estremi è fin troppo semplice e superficiale; è più corretto dire che si tratta di episodi violenti che fanno parte della normalità del nostro clima e che dobbiamo essere pronti a saper fronteggiare in qualsiasi momento.
Se, poi, stiano aumentando o diminuendo lo possono dire solo gli esperti e gli studiosi che hanno dati alla mano, a seguito di ricerche e studi molto approfonditi. Partendo dal presupposto che il clima cambia, è sempre cambiato e sempre cambierà, in quanto è un susseguirsi di cicli naturali. Quindi qualsiasi cosa accada, sia che aumentino o diminuiscano i fenomeni estremi, non abbiamo molto da fare per evitarli, piuttosto dobbiamo prepararci per prevenirli ed affrontarli al meglio. Perchè Madre Natura fa quel che le pare, è composta da forze molto più impetuose rispetto a noi piccoli esseri umani che, nonostante le moderne tecnologie, siamo ancora costretti a piegarci di fronte alla furia del vento, del mare, della pioggia e di tanti altri agenti atmosferici.