Un team di astronomi giapponesi, israeliani e americani, hanno utilizzato il telescopio Subaru per assemblare il più grande e antico campione di supernovae mai trovato. La loro luce emessa circa dieci miliardi di anni fa risale quindi in epoca decisamente precedente alla formazione della nostra Terra. I ricercatori hanno usato questo campione di supernove così antiche per determinare la frequenza con cui tali esplosioni di stelle si verificava nell’universo giovane. Le supernovae svolgono un ruolo importante in astrofisica. Sono fabbriche di elementi della natura: sostanzialmente tutti gli elementi della tavola periodica che sono più pesanti dell’ossigeno si sono formati attraverso reazioni nucleari immediatamente precedenti o durante queste esplosioni colossali. Le esplosioni lanciano questi elementi nello spazio interstellare, dove servono materie prime per le nuove generazioni di stelle e pianeti. Quindi, gli atomi del nostro corpo, come gli atomi di calcio nelle ossa o gli atomi di ferro nel nostro sangue, sono stati creati nelle supernove. Tracciando la frequenza e il tipo di esplosioni di queste remote supernovae, gli astronomi possono ricostruire la storia dell’universo dalla creazione sino ai giorni nostri. Tuttavia, queste osservazioni che guardano così indietro nel tempo richiedono grandi capacità dello strumento che deve osservare a distanze sempre più proibitive. La loro luce infatti è estremamente debole e molto difficile da individuare. Per superare questo inconveniente, gli astronomi hanno beneficiato della grande apertura del telescopio, dotato di uno specchio primario di 8,2 metri. Lo strumento inoltre è capace di un ampio campo di vista grazie alla sua macchina fotografica al fuoco primario, e di immagini estremamente nitide. In quattro distinte occasioni, hanno puntato il telescopio verso un unico campo chiamato il Campo Subaru, che si estende su un’area di cielo simile a quello coperto dalla luna piena e che era già stato precedentemente studiato nei minimi dettagli dagli scienziati. La luce proveniente dalle aree remote dello spazio si accumulava durante le notti, creando un’unica esposizione. Ogni notte il telescopio ha catturato l’esplosione di 40 stelle tra le 150.000 galassie presenti nel campo visivo. A fine lavoro il team ha scoperto 150 esplosioni tra cui una dozzina tra le più lontane ed antiche mai osservate. L’analisi dei dati ha mostrato che le supernove, circa 10 miliardi di anni fa, esplodevano con una frequenza circa 5 volte maggiore rispetto a quanto non facciano oggi. Le supernove di tipo Ia, sono una delle principali fonti di ferro nell’universo. Altro dato importante è che queste esplosioni sono servite come indicatori di distanza cosmica per gli astronomi. Negli ultimi dieci anni hanno rivelato che l’espansione dell’universo, in cui tutte le galassie si stanno allontanando l’una dall’altra, sta in realtà accelerando sotto l’influenza di misteriosa energia oscura. Tuttavia, la natura delle supernovae termonucleari è ancora poco compresa, e non vi è stato acceso dibattito circa l’identità della pre-esplosione di stelle o sistemi stellari. Rivelando la gamma delle età delle stelle che esplodono in questo modo, le nuove scoperte del team forniranno alcuni indizi importanti per risolvere questo mistero. I risultati corrispondono strettamente a uno scenario in cui una supernove è il risultato della fusione di una coppia di compatti residui stellari chiamate nane bianche. Osservazioni future con la prossima generazione di telecamere Subaru imaging, Suprime Hyper-Cam, permetterà la scoperta di campioni anche più grandi e più distanti, consentendo ulteriori test. I risultati sono descritti in un articolo di Graur et al. nel numero del 2011 ottobre del Monthly Notices della Royal Astronomical Society.