E’ sempre più grave la situazione in Thailandia, e nella sua capitale Bangkok, una delle megalopoli più moderne e avanzate dell’intera Asia con oltre 12 milioni di abitanti. Il numero dei morti nell’intero Paese è salito a 553, almeno di quelli accertati, ma secondo i media locali sarebbero molti di più. Sono 90 i morti nella provincia di Ayutthaya, e 62 in quella di Nakhon Sawan: il centro della Thailandia è l’area più colpita dell’intero Paese, dove si contano anche decine di dispersi. Tra i 553 morti totali accertati ci sono 77 bambini, morti per annegamento come ha spiegato l’Unicef che sta fornendo centinaia di migliaia di kit per l’approvvigionamento idrigo e per l’igene proprio nel Paese inondato.
Intanto il governo thailandese ha affermato che l’acqua che invade Bangkok potrebbe essere prosciugata in 11 giorni. Il dipartimento di Irrigazione sostiene che la metà dei 14 miliardi dei metri cubi di acqua che minacciavano la capitale sono già defluiti in mare. Altri 3 sarebbero finiti nel fiume Chao Phraya, quindi “solo” 5 miliardi cubi di acqua minacciano ancora Bangkok.
Boonsanong Suchatpong, portavoce del dipartimento, ha affermato che la metropoli può drenare 400 milioni di metri cubi di acqua ogni giorno, e che quindi potrebbe essere libera dalle acque in 11 giorni.
Ma Sukhunmbhand Paribatra, governatore della capitale, ha dipinto uno scenario differente, in quanto il volume di acqua che scende verso il centro di Bangkok sarebbe troppo grande per essere drenato in questi tempi.
Anche alcuni studiosi la pensano diversamente, mentre nel Paese imperversano le polemiche sia per i sistemi di “difesa” che hanno penalizzato le periferie, oggi devastate dagli allagamenti, per salvaguardare il ricco centro storico, che per l’urbanizzazione di un territorio da sempre ad alto rischio.
Bangkok, infatti, è costruita sul delta di una pianura paludosa, con alcune aree al di sotto del livello del mare. La città, famosa per la sua rete di corsi d’acqua al punto da essere definita la “Venezia dell’est”, si è rivelata incapace di far fronte alla catastrofe, cominciata circa tre mesi fa con violente piogge monsoniche, tre tempeste tropicali e un tifone che hanno imperversato per settimane nel Golfo della Thailandia. Quasi tutti i 1.650 ‘khlong’, come sono chiamati i canali di Bangkok, sono colmi d’acqua o straripati.
Molti khlong tra cui i 100 navigabili che permisero a Bangkok di superare la terribile inondazione del 1940, negli ultimi decenni erano stati chiusi per fare spazio a strade e grattacieli, sull’onda del boom economico iniziato negli anni ’70 e mai arrestato.
Ma che crescita e sviluppo ci può essere, se manca il rispetto nei confronti della natura? Con la sua forza bruta e a volte violenta, tende a riprendersi i suoi spazi e a ripetere i suoi grandi eventi storici, compresi quelli calamitosi.
Un messaggio che, con le dovute proporzioni, da Bangkok potremmo ripetere quotidianamente anche per ogni Regione e ogni Provincia della nostra cara Italia.