Intanto il governo thailandese ha affermato che l’acqua che invade Bangkok potrebbe essere prosciugata in 11 giorni. Il dipartimento di Irrigazione sostiene che la metà dei 14 miliardi dei metri cubi di acqua che minacciavano la capitale sono già defluiti in mare. Altri 3 sarebbero finiti nel fiume Chao Phraya, quindi “solo” 5 miliardi cubi di acqua minacciano ancora Bangkok.
Ma Sukhunmbhand Paribatra, governatore della capitale, ha dipinto uno scenario differente, in quanto il volume di acqua che scende verso il centro di Bangkok sarebbe troppo grande per essere drenato in questi tempi.
Anche alcuni studiosi la pensano diversamente, mentre nel Paese imperversano le polemiche sia per i sistemi di “difesa” che hanno penalizzato le periferie, oggi devastate dagli allagamenti, per salvaguardare il ricco centro storico, che per l’urbanizzazione di un territorio da sempre ad alto rischio.
Molti khlong tra cui i 100 navigabili che permisero a Bangkok di superare la terribile inondazione del 1940, negli ultimi decenni erano stati chiusi per fare spazio a strade e grattacieli, sull’onda del boom economico iniziato negli anni ’70 e mai arrestato.
Ma che crescita e sviluppo ci può essere, se manca il rispetto nei confronti della natura? Con la sua forza bruta e a volte violenta, tende a riprendersi i suoi spazi e a ripetere i suoi grandi eventi storici, compresi quelli calamitosi.
Un messaggio che, con le dovute proporzioni, da Bangkok potremmo ripetere quotidianamente anche per ogni Regione e ogni Provincia della nostra cara Italia.