Piemonte e Valle d’Aosta, nei giorni scorsi, se la sono vista brutta. Hanno rischiato un nuovo tragico evento alluvionale provocato dalle forti piogge, come già accaduto nel 1994 e nel 2000. Forse proprio grazie all’esperienza di questi due drammatici eventi, s’è affrontata l’emergenza in modo efficiente evitando il peggio.
Ma 11 anni fa non è andata affatto così.
Correva l’anno 2000. Un anno che difficilmente dimenticherò, per aver vissuto due eventi alluvionali nelle mie due regioni. La Calabria di cui sono originario e la Valle d’Aosta che mi ha visto nascere e crescere.
Iniziamo con ordine.
Come ogni anno a settembre mi reco in visita alla mia terra d’origine, e soggiorno due/tre settimane insieme alla mia famiglia nella nostra casa nella piana di Gioia Tauro (RC). Tipicamente sono sempre sceso in quel periodo, poiché la mia famiglia, lavorando in un paese turistico della Valle d’Aosta, non poteva scendere come tutti gli emigrati in agosto. Questo spesso ha comportato il fatto di trovare giornate non troppo calde o giornate piovose, ma fortunatamente anche di trovare temperature tipicamente estive dove poter godere del mare senza la ressa sulle spiagge che si vede in agosto. Ricordo sempre che si diceva che se il mare iniziava a guastarsi a fine agosto, la stagione sarebbe finita, effettivamente alcuni anni capitava così. Torniamo però a settembre 2000, come ogni hanno la speranza di trovare bel tempo era molta, dopo un anno di lavoro e un rigido inverno alpino, un po’ di tepore mediterraneo era molto auspicabile. Purtroppo in quel settembre l’accoglienza fu con tempo nuvoloso. Era giovedì 7 quando siamo arrivati in Calabria. Fra noi si pensò che tanto difficilmente il tempo rimanga perturbato a lungo (supposizione errata) e questo nuvolaglia era proprio l’occasione per stare un pò più in casa con i parenti e raccontarsi l’anno trascorso lontani. Trascorso tutto giorno 7 il cielo iniziava a minacciare pioggia. La mia casa in Calabria si trova in campagna a Polistena(RC) e precisamente vicino al torrente Vacale, un piccolo torrente che nascendo dallo spartiacque aspromontano fra Cittanova(RC) e Canolo(RC), percorre la piana di Gioia Tauro fino ad immertersi nel bacino del Mesima. I due torrenti si congiungono dopo pochi km e lo stesso Mesima sfocia nel mar Tirreno, nei pressi di Rosarno(RC). In settembre solitamente Vacale era ed è sempre completamente secco (almeno nella parte terminale); dopo le calure estive, di acqua neanche l’ombra, al punto che spesso con i miei cugini giocavamo nell’alveo con le biciclette. Di quel torrente non avevo ricordi di piene, solo ogni tanto, se capitava di scendere in Calabria in altri periodi ricordo che vi era un piccolo rigagnolo che animava un po’ l’alveo, ma sostanzialmente durante la maggior parte dell’anno stanziavano pastori della zona che utilizzavano l’alveo come pascolo, questo grazie alla ricchezza della vegetazione cresciutaci dentro(dettaglio non trascurabile). Ritorniamo a quei giorni di settembre 2000, la pioggia, dopo una giornata di nuvole, iniziava a cadere. Era l’8 di settembre. L’intensità della pioggia si acuì solo il giorno successivo, 9 settembre, e per le strade di campagna iniziavano a vedersi i primi rivoli d’acqua, mentre le fiumare (nome utilizzato per i torrenti montani calabresi) che scendono rapidamente dai crinali fin nella pianura, iniziavano a prendere vita. Onestamente, non sapendo quello che poi sarebbe accaduto, era un piacere veder scorrere il torrente Vacale, che ora dopo ora iniziava a crescere. Mi sembrava che finalmente il fiume si prendesse i suoi spazi, silente durante l’estate, si rimpadroniva piano piano del suo largo letto. Purtroppo come molti sanno, spesso i letti delle fiumare, soprattutto in passato, erano usati come “centro di abbandono ingombranti”. Ricordo che si trovano cucine usate, auto bruciate, (ahimè legati alla mano nera che affligge questa regione) ma anche canneti tanti canneti e boscaglia che celavano il tutto. Ricordo anche che Vacale non era una discarica, non c’erano odori cattivi poiché venivano lasciati solo “gli ingombranti”, anzi era l’odore della terra e delle piante mediterranee a prendere il sopravvento . Quindi il fatto che quel torrente tornasse a fare il suo mestiere era piacevole, poiché sembrava una mano pulitrice. Allora non mi ponevo neanche il fatto che poi quei rifiuti sarebbero finiti più a valle e poi chissà in mare, ma io ero felice di vedere ripulirsi il tratto della mia fiumara in cui giocavo fin da bambino ogni estate. Non pensavo minimamente che quegli ingombranti potessero provocare risacche e sbarramenti, scatenando potenziali disastri più a valle, ma prevaleva ancora lo sguardo di un bambino cresciuto che vedeva la natura prendere vita. Quel sabato passò sotto la pioggia e fino ad allora non avevamo ancora visto il sole. Il primo bagno continuava ad essere rimandato e pensavamo anche che ormai con questa “rinfrescata” difficilmente ci sarebbero state ancora belle giornate estive. Albeggiava sul 10 settembre 2000, ma il cielo continuava ad essere chiuso e nero. Solo pioggia e pioggia. Ricordo che quella mattina mio zio si sarebbe recato ad un matrimonio di un caro amico. Celebrazione a Melicuccco(RC), paesino della piana che guarda dalla collina al Tirreno, e pranzo sul versante Jonico. Da ormai circa una decina d’anni, grazie all’apertura della strada grande comunicazione Jonio-Tirreno, i pranzi dei matrimoni era moda celebrarli nei ristoranti delle ridenti cittadine Joniche : Marina di Gioiosa, Roccella Jonica, Siderno ecc… Questa strada in pochi anni ha rivoluzionato l’intera economia dell’area nord della provincia di Reggio Calabria, poiché in meno di 30 min, grazie al traforo della Limina, dai comuni della Piana si raggiunge Siderno. Prima di quest’opera, i tempi per fare questa sorta di “Coast to Coast”, erano stimabili in circa 1 ora e 30 min, inerpicandosi per strade strette e tortuose dell’Appennino meridionale (questo può far capire l’asprezza del territorio stretto fra due mari). Piano pian la Calabria si svegliò quella mattina e iniziò ad impensierirsi. Ricordo bene, che nei pressi della mia campagna, oltre al fiume Vacale, c’era anche un piccolo rio chiamato Jerulli. Questo torrentello, affluente della fiumara Vacale, era stato relegato ad una cunetta di strada. Un alveo ridotto a non più di 50 cm e il resto era diventato una strada asfaltata di campagna. Quella mattina il torrentello, da rivoletto, mostrava tutta la sua forza e magicamente si riprendeva il suo naturale alveo andando ad occupare tutta la carreggiata stradale con prepotenza. Le campagne adiacenti iniziavano ad allagarsi. Ormai, se non avesse smesso di piovere, i danni sarebbero stati copiosi, lo si percepiva. Mentre accadeva tutto ciò sul versante tirrenico, ignoravo completamente cosa stesse accadendo sul versante Jonico. Nel frattempo verso la tarda mattinata, mio zio, dopo aver assistito alla funziona religiosa, si apprestava a raggiungere Roccella Jonica(RC), per il pranzo nuziale. La pioggia in quell’ora cadeva con forte intensità e non pareva dar cenno di attenuazione. Ricordo bene che quel giorno pranzai dai miei nonni e dopo aver mangiato, trascorsa qualche ora nel primo pomeriggio, vidi rientrare mio zio. Lo stupore fu tanto, poiché normalmente le cerimonie del pranzo di matrimonio si protraggono fino a tarda sera e mi chiedevo come mai fosse già di ritorno. Mi disse subito che sul versante Jonico era in atto un vero e proprio disastro. Mi raccontò di strade allagate, torrenti esondati in mezzo ai paese, tronchi e ramaglie ovunque ecc. Mi disse che le strade erano dei veri e propri fiumi d’acqua e che temeva che guadandole da un momento all’altro si sarebbe infiltrata acqua nell’abitacolo dell’auto. Dopo essersi spinto per qualche km lungo la tristemente nota SS.106 Jonica, l’intero al corteo nuziale, decise di rientrare poiché era in sostanza impossibile raggiungere Roccella Jonica, se non a rischio a pericolo. Noi potevamo sole immaginare vedendo la criticità del nostro versante tirrenico, cosa potesse essere in atto sulla costa opposta. La pioggia caduta era praticamente il doppio di quella caduta sulla piana(verificato dai dati di pluviometrici). Ricordo che restammo parecchie ore con mio zio a sentire i racconti delle ore trascorse, per raggiungere la sala del pranzo e in noi che stavamo a sentirlo, parenti e nipoti, saliva l’apprensione di quei suoi momenti di racconto angosciante. Nel frattempo la pioggia continuava a cadere incessante. Si fece buio anche in quel pomeriggio del 10 settembre e giungevano ormai da tutta la Calabria Jonica notizie di torrenti esondati: il Torbido fra Siderno e Gioiosa Jonica, il Gerace e altre fiumare che scendono rapide dalle pendici dell’Aspromonte.
Nel frattempo, arrivò anche la tragica notizia della tragedia che si era consumata nelle prime ore dell’alba. Il torrente Beltrame, nei pressi di Soverato(CZ), aveva mietuto le sue vittime. Come dicevo, spesso questi torrenti sono in secca e col tempo si riempiono di canneti e sterpaglie. Ormai nessuno puliva più gli alvei come un tempo e oltre alla presenza di vegetazione fitta, c’era la cattiva abitudine dell’uomo di utilizzare gli alvei a proprio uso e costume riducendo lo spazio di deflusso e utilizzando il letto come discarica o peggio per costruirci all’interno. Questo fa si che, quando l’acqua inizia ad aumentare la sua forza, inizia a trasportare tutto ciò che trova sul suo percorso, creando delle sacche e delle dighe, che vanno ad ostruire i ponti, l’acqua continua a crescere e spingere finché la diga “naturale” non si rompe e voilà che si creano le flash floods, cioè le alluvioni lampo. Ormai l’alluvione della Calabria era arrivata sui TG nazionali. In quel 10 settembre, in uno dei tanti campeggi della costa Jonica, ancora pieni per gli ultimi scampoli d’estate, alloggiavano nella struttura un gruppo di ragazzi dell’Unitalsi (associazione di ragazzi disabili) e altri turisti. Il campeggio, l’ormai tristemente noto, Camping le Giare di Soverato, si trova lungo l’argine della fiumara Beltrame. In quel tragico giorno di settembre, a causa di una flash flood, un’onda carica di fango e detriti, il campeggio veniva inghiottito e lasciava sul campo 13 vittime fra volontari dell’Unitalsi e disabili. Una sacca accumulatasi a monte del campeggio, dopo aver accumulato fango, rottami e rifiuti, si rompeva e si scagliava sui bungalows del camping. Sicuramente la disabilità di alcune persone, ha fatto si che il bilancio delle vittime fosse purtroppo più gravoso. Un immane tragedia, un immane tristezza per tutti noi, per tutta la Calabria, per tutto il Paese.
Nei giorni successivi, iniziarono le polemiche e la ricerca del capro espiatorio. A undici anni dalla vicenda, gli ultimi atti dei processi sono stati celebrati ancora nel 2009. Nel frattempo la Calabria ha visto altre alluvioni con altre vittime, eventi che in questa regione si convive da sempre. In quella terribile alluvione, il versante tirrenico fu tutto sommato risparmiato, se tralasciamo qualche esondazione, i danni furono contenuti. Il mio torrente Vacale non era esondato, ma era cresciuto molto, fu poi nel dicembre 2008, che esondò proprio nei pressi della mia casa in campagna e dove crollò un ponte, facendo una vittima, ma quella è un’altra storia. Quella vacanza di settembre fu per me scossa da questa vicenda, ma non era finita ancora perché in quel 2000 avrei dovuto vedere ancora altro. A chiusura della perturbazione caddero a Roccella Jonica(RC) ben 460mm di pioggia e 631 mm a Stilo(RC) nei pressi della celebre ferriera borbonica denominata Ferdinandea. Sul versante tirrenico, a ridosso delle pendici aspromontane, nei pressi di casa mia caddero “solo” 240 mm di pioggia.
Nel catanzarese, dove si è scatenata la tragedia, caddero 560 mm nella località di Chiaravalle che si trova esattamente a monte di Soverato e del Camping “Le Giare”. Il torrente Beltrame, carico di pioggia caduta a monte, ha sfogato la sua forza sulla struttura turistica. La vera causa è comunque da imputare all’ incuria dell’uomo e alla smania di continuare a rosicchiare territorio dove non deve. Dopo l’esperienza di quei giorni, tornò finalmente il sole e i giorni successivi le vacanze avevano nuovamente un sapore estivo. Le vacanze terminarono come la classica la nostalgia di fine estate e le classiche le parole ci rivedremo il prossimo anno, ma quella vacanza 2000 era stata diversa. Dopo queste ferie mi apprestavo a tornare a casa in Valle d’Aosta. L’anno successivo sarei tornato “un’altro”. Quell’autunno 2000 era per me un autunno pieno di speranza poiché iniziavo il primo anno di università e la mia vita si sarebbe “traslocata”, almeno durante la settimana, dalle alpi a Torino. Iniziava la mia avventura all’università per seguire i corsi di Ingegneria Ambientale e ripensadoci ora tutto sembrava quasi predestinato. A Torino la mia vita universitaria iniziò il 23 settembre, in un collegio universitario, e proprio da quell’autunno la mia vita sarebbe cambiata radicalmente. In settimana a Torino per seguire le lezioni e il venerdì rientro in Valle d’Aosta, a casa, per il weekend.. Mi si apriva un mondo tutto nuovo, dato che ormai, il servizio militare non si faceva, era la mia prima esperienza di vita da solo. Come molti ragazzi a quell’età in economia domestica : zero assoluto. Torniamo però ai fatti del racconto. Le lezioni iniziarono il 25 settembre e per le prime tre settimane iniziai a fare il pendolare settimanale. Iniziò ottobre e ricordo che le temperature era abbastanza tiepide. Non era facile abituarmi alla vita di città, arrivando da una piccola realtà di montagna, ma piano piano iniziavo a prendere confidenza. Ricordo che in quei primi tre weekend era un piacere però il venerdì sera poter rientrare e condividere con famiglia ed amici i primi giorni di vita universitaria. Raccontavo della mia quasi incapacità a cucinare, delle prime dure lezioni di fisica, chimica e matematica all’università e delle esperienze alle prese con i mezzi pubblici strapieni. Giunse il 13 di ottobre 2000, un venerdì. Da qui proseguirò il mio racconto a mo di diario pari pari a quello che avevo scritto (con qualche integrazione) su un block notes, durante e appena dopo i fatti che di seguito vi enuncerò.
Venerdì 13 ottobre 2000
Sono rientrato da Torino, come ormai da tre settimane. Preso il treno da Torino alle 13,30, sono arrivato ad arrivato ad Aosta alle 15,30 e da lì sono salito a Cogne (ndr dove abito) con l’autobus. A Cogne pioveva già da ore, anzi la mamma mi ha detto che il tempo era brutto già da martedì (ndr 10 ottobre) e che il clima era stato molto umido e nell’aria era pieno di moscerini.(ndr una rarità per un ambiente di altra montagna 1.550 mslm). Invece a Torino non aveva fatto molto brutto. Tutti siamo preoccupati perché già il livello dei fiumi è alto ed è fresco il ricordo delle alluvioni del 1993 e 1994. Sono contento comunque di essere tornato a casa.
Sabato 14 ottobre
Mi sono alzato alle 9,30 e pioveva forte, aveva piovuto tutta la notte. La mamma mi dice che si sono allagati i garage sotto casa nostra e anche i negozi sotto casa, perché i tombini nella notte si erano tappati. Una colata di fango e detriti era caduta lungo i canaloni delle piste di discesa (ndr le piste di discesa arrivano fino in paese, ma in estate senza neve sono un bel dirupo senza alberi che contengono il terreno). La frana ha colpito alcune case nel quartiere di Lay de Tre (ndr quartiere di Cogne con molte seconde case, poiché è la zona più prossima agli impianti sciistici), in particolare due case di due abitanti di Cogne, la casa di riposo per anziani e alcune seconde case di turisti di Milano. In particolare le cantine e i garage si sono riempiti di acqua, ma soprattutto di pietre e fango. Il fango correva fino in piazza e percorreva tutta la via principale fino quasi alla frazione di Cretaz ( ndr circa 1 km in basso dalle piste di sci). Il viale è ormai un torrentello (ndr Viale Cavagnet, la via principale di Cogne che corre lungo il prato di Sant’Orso-la più grande prateria alpina) di fango e in ogni traversa che va alle case private ci sono dei pannelli in legno o delle panchine rovesciate a mo di diga per evitare che l’acqua entrasse nei cortili e successivamente nelle cantine. Sono uscito verso le 10 con papà, perché volevamo avere qualche notizia in più e dare una mano a togliere il fango. Continua a piovere molto forte. Nella zona che va dalla piazza, fino all’Hotel Bellevue, a poche centinai di metri dalle piste, la gente è in fermento e tutti sono preoccupati perché continua a piovere. Siamo tutti stupiti per come sia venuta proprio in quella zona quella colata e purtroppo si mormorava che la pioggia avrebbe continuato a cadere copiosa almeno fino a lunedì. Intanto chiamo Davide e Giuliano (ndr due miei cari amici) che quella mattina non erano scesi ad Aosta uno per lavorare, l’altro per andare a scuola (le scuole superiori non ci sono a Cogne).
Nella notte avevano chiuso la SR.47 (ndr strada regionale che collega Cogne ad Aosta), perché erano caduti dei sassi, ma soprattutto per precauzione poiché persisteva a piovere. Dopo aver raggiunto i miei amici abbiamo iniziato a girare per il paese per comprendere meglio l’evoluzione del tutto. Mio padre mi aveva lasciato per andare ad aiutare nella zona della frana e stava aiutando per deviare il torrentello formatosi per dirigerlo e farlo sfogare verso il pratone di Sant’Orso, evitando di farlo passare per il centro di Cogne. La mia preoccupazione era perché mio padre era lì e in piazza si mormorava che da lì a poco sarebbe potuta scendere un’altra frana. A mezzogiorno ho ritrovato mio papà e siamo andati a casa, la pioggia non cessava e lui diceva che per ora c’era poco da fare. Nel pomeriggio sono uscito nuovamente con Luigi (ndr un altro mio amico, che purtroppo lo scorso anno è mancato), Davide e Giuliano in macchina per fare un giro. Per prima cosa siamo andati a vedere il pattinaggio (ndr la struttura sportiva si trovava molto vicino al torrente Urtier, in una della parti più basse del centro di Cogne). L’acqua ormai era all’altezza del margine, e vicino alla passerella (ndr ponte in legno che collega il centro di Cogne, con il quartiere residenziale/artigianale, ex Villaggio Cogne) iniziavano a staccarsi le pietre (ndr gli argini erano muri con massi molto grandi, senza l’uso del calcestruzzo) dall’argine, mentre la pioggia continuava a cadere copiosa.
A guardare il fiume eravamo in tanti del paese. Una massa di acqua grigio-marrone scendeva rumorosa verso valle. Ripresa l’auto siamo saliti a Gimillan (ndr la frazione più alta di Cogne, da dove si vede tutto il resto del paese), per vedere meglio la colata che si era staccata dalle piste di discesa. Nel percorrere la strada per la frazione iniziavano a vedersi micro-frane. Fra noi si scherzava ancora, e da lì la situazione non sembrava ancora critica. Poco dopo siamo riscesi in paese, in centro, per girare nuovamente a piedi. Sono tornato nel tardo pomeriggio a casa, bagnato fradicio e casa mia ero uno stenditoio, perché non si asciugava nulla, mentre fuori continuava a piovere. In tv si vedeva solo più Rai 1 (ndr spesso capitava in passato che con maltempo, non si vedessero più i canali in TV) e quella sera c’era “Carramba che fortuna” con Raffaella Carrà. Tutti erano chiusi dentro e nelle famiglie si sperava che smettesse di piovere. Infine a metà sera siamo andati a dormire.
Domenica 15 ottobre 2000
Inizia già con il terrore la domenica più brutta per Cogne e la Valle d’Aosta, dopo una notte già non tranquilla (forti tuoni, molto rari in montagna nel tardo autunno), alle 8:00 circa siamo stati svegliati dal citofono che continuava a suonare incessaante. La mamma si alza a rispondere ed era “Teintein” (ndr soprannome di un tecnico del comune di Cogne) che cercava papà per rimettere in moto con urgenza una pala meccanica (ndr mio padre è meccanico). Intanto io ancora assonnato avevo capito male e mi ero spaventato a sentire il citofono suonare in continuazione. La mamma va a chiamare in camera papà, ma di un colpo abbiamo sentito un rumore forte e sordo, che sembrava un fulmine o un elicottero, ma in realtà era più forte. Inizia il panico, la mamma spaventata si affaccia al balcone e vede gente fuori in strada che fa gesti di stupore ed in fretta si riprecita al citofono dove il tecnico non c’era più, la mamma dice “La frana!!! La Frana!!! Alzatevi in fretta e usciamo”. Io mi sono precipitato dal letto e mi sono cambiato in un razzo (ndr mai ricordo una levata così rapida), intanto papà che era sceso fuori, ritornava già su e chiedendogli cosa era successo rispose “Probabilmente è scesa una altra frana!”. Io ero convinto che fosse scesa un’enorme frana dalle piste di sci a pochi centinai di metri da dove abito io. Ero agitato e tremavo, era il panico! Ricordo che ho abbracciato mia sorella e avevamo tanta paura. Papà era impaurito ed arrabbiato, perché mia mamma lo scongiurava di non uscire. In casa era il caos pscicologico. Poi, per fortuna iniziò la calma, perché la frana era scesa si, ma non dove si pensava. Tornati sul balcone, da fuori, ci dicono che la frana era scesa a Buthier (ndr zona al di là del torrente Valnontey, con poche case) e aveva completamente distrutto una vecchia casa bianca, fortunatamente in quel momento, disabitata.
C’era un odore, di aghi di pino (ndr tipo il bagnoschiuma pino silvestro) e dalla finestra di casa mia si vedeva la cicatrice dalla montagna, la casa cancellata e un sacco di alberi sradicati. Papà, risceso fuori aveva trovato il tecnico del comune e insieme sono andati a mettere in moto la pala meccanica. Quindi ho chiamato Davide e Giuliano per uscire e mi informavano che stavano evacuando la frazione di Epinel (ndr frazione bassa di Cogne) e serviva una mano. Allora siamo andati in palestra comunale a preparare per gli evacuati. (ndr Carmelina, la madre di Giuliano e Davide, custode della palestra comunale era stata informata dal capo dei vigili urbani di preparare la palestra per accogliere i primi sfollati). Iniziava verso le 10 ad arrivare qualcuno, ma erano gli evacuati della zona prossima alle piste di sci. Intanto il fiume di fronte alla palestra aveva rosicchiato la sabbiera (ndr un vecchio deposito minerario di scarti per lo più ciottoli in serpentino scisti posizionato sul bordo del torrente, a Cogne un tempo si estraeva la magnetite) e iniziava a rosicchiava la sede dei binari (ndr binari del vecchio trenino minerario che portava gli scarti), e anche oltre. Il fiume aveva raggiunto la strada che degrada verso il pattinaggio e la colonnina dei f.lli Perruchon (ndr 2 fratellini annegati) nel fiume non c’era più (ndr dalla palestra si scende verso il pattinaggio, come detto precedentemente uno dei punti più bassi del centro di Cogne –
Negli anni 50 due fratellini giocando a pallone vicino al fiume sono annegati per recuperare la palle andata in fiume, dopo la tragedia fu costruita una colonnina commemorativa sopra un grosso masso nell’alveo del fiume che però rimaneva sempre scoperto dall’acqua, parecchie alluvioni erano passate, ma quella volta la colonnina non resistette). Intanto, nella palestra, parlavamo con un abitante della frazione Epinel, che ci diceva che era un disastro e che quasi la frazione era stata cancellata (ndr nella notte era scesa una grande colata di fango e ghiaia ed aveva investito parecchie case, fortunatamente con un solo ferito). Nel frattempo, mentre incominciava ad arrivare qualcuno (per la verità non molti), arrivava un signore anziano del paese, che suggerì che era meglio non usare la palestra. Se si fosse staccata una grossa frana dalla sabbiera avrebbe ostruito il fiume e sarebbe stato pericoloso. Qualcuno, sentite quelle parole, decise cosi di andarsene. Poco dopo arrivò il figlio di questa persona, e ci disse di far restare la gente in palestra, ma di monitorare il livello del fiume. Caos totale. Nel frattempo la pioggia cadeva con la stessa insistenza di sabato. Io,Davide e Giuliano siamo rimasti ancora lì per un po’, ma non è arrivato più nessuno. Abbiamo rifatto un giro in paese a piedi fino al ponte di Lateunna (ndr un altro ponticello che collega le due parti del paese). Da li si vedeva bene come il fiume, un altro torrentello che scende dalla frazione Gimillan, ormai esondava portando sassi e fango. Sono rientrato a casa. In TV non si vedeva più nulla.
Ricordo che abbiamo acceso la radio e il GR1 iniziò a parlare di questa alluvione e ricordo testuali parole “in questo momento la situazione più critica si registra nella piccola regione alpina”. (ndr quel GR1 ci informò del totale isolamento della Valle d’Aosta dal resto del mondo, l’A5 Torino-Aosta era interrotta per allagamenti e rottura di viadotti a causa dell’esondazione della Dora Baltea, il traforo del Monte Bianco era chiuso dal’99 per il terribile rogo e anche il traforo del Gran San Bernardo era stato chiuso. Ferrovia distrutta. Tutte le vallate laterali valdostane erano praticamente impraticabili per frane ed esondazioni. In quel GR1 giunsero anche le prima informazioni sulle prime vittime di quel disastro. Arrivavano notizie di criticità anche per Piemonte e Liguria). Dopo quel GR1, coscio che ormai il mondo sapesse che eravamo isolati e da soli a combattere contra la furia della natura, iniziò un pomeriggio angosciante. (ndr Io avrei dovuto scendere a Torino all’università, non ci pensavo neanche però). I miei genitori con mia sorella sono usciti un’oretta a fare due passi e rientrando a casa mi dissero che il pattinaggio si era allagato.
Ricordo che ho telefonato a Davide e mi disse che i tre ponti che collegano Cogne e il Villaggio Cogne (ndr dove abitano i mie amici nel quartiere residenziale/artigianale di cui parlavo prima) volevano chiuderli al transito e allora ho detto che ci saremmo visti poi. (ndr in quei giorni saltarono i collegamenti TV e dei telefoni cellulari, ma non ci fu mai black-out elettrico o dei telefoni fissi, nonostante quel disastro). Così sono uscito da solo, ma fino alla Chiesa (ndr poche centinai di metri da casa mia, da dove si vede dall’alto la zona del pattinaggio). Lì c’erano alcuni pompieri di Cogne (Amos, Bruno, Alfredo e Ugo) che guardavano il fiume anche loro inermi. Il Torrente Urtier riempiva ormai tutto il pattinaggio e le strutture adiacenti (ndr bar, sala giochi, spogliatoi pattinaggio, piazzale adibito ad uso per i camper, parcheggi e campo giochi di pallavolo e bocce) L’acqua usciva con grande potenza dalle finestre della sala giochi del pattinaggio e i videogames erano sparsi sul piazzale, bloccati forse da qualche masso. (ndr la sala giochi del pattinaggio era stata per anni il ritrovo dei giovani di Cogne, dagli anni ’80 in poi, ci si trovava sempre lì al bar, anche se non si pattinava e poi da lì si pianificava la serata.
Anche per i turisti giovani era un punto di ritrovo. Si era certi che ogni sera si trovava un amico. In quel momento vedevo il mio passato scorrere ed andare via per sempre, capivo che quel posto dove mi aveva visto trascorrere tante serata, ma anche il luogo dove avevo imparato a pattinare non sarebbe più stato lo stesso.
Quella vista mi suscitò tanta nostalgia e vedere un pezzo di vita scorrere rappresentò per me un taglio col passato, quell’anno era iniziata per me una nuova vita. Mi vedevo derubato di un pezzo d’infanzia e il vedere quei vecchi biliardini, flipper e video giochi sembrava un taglio del cordone ombelicale con gli indimenticabili anni ’90). Con i vigili e con altri del paese si parlava delle varie esondazioni e frane che erano scese un po’ in tutte le frazioni del paese, ricordo anche che vicino a noi arrivò Geppo (ndr il gestore del bar e del pattinaggio) che guardava impietrito e sotto la pioggia il “suo” pattinaggio andarsene. Dopo una mezz’ora mi ha raggiunto mio padre e abbiamo iniziato a vagare nuovamente per il paese, come molti altri. Sembriamo dei fantasmi.
Tutti inermi e spaventati. (ndr Abitando in montagna fra due torrenti circondati da montagne alte fino a 4.000 metri, non si può prevedere dove possono avvenire frane o esondazioni, quindi si è molto inquieti. Ricordo bene che l’angoscia era alimentata dal rumore sordo dei torrenti, che normalmente non si sentono in centro del paese, ma in quei giorni ululavano ed era continuo lo scontro in acqua fra i massi.). Siamo andati fino ai margini del paese, verso il ponte che porta alla frazione di Lillaz e una palazzina di 5 piani, sulla costa della montagna, era fortemente inclinata e da lì a poco sarebbe crollata completamente. Ci siamo poi spinti verso le 18 fino alla frazione di Cretaz (ndr sulla strada verso Aosta e attaccata praticamente a Cogne centro). Da lì si continuava a vedere il torrente sempre più carico. La pioggia continuava a cadere incessantemente, ma finalmente dopo tanti giorni iniziavano ad alzarsi le nubi basse e si vedevano alcune cime di montagna, dove finalmente in alto iniziava a nevicare. (ndr.Quella neve in alto aveva lo stesso sapore della pioggia manzoniana liberatrice. Con la caduta della neve, il deflusso dell’acqua sarebbe via via dimuito). Iniziavano ad intravedersi segni di speranza. La giornata si concluse a casa, senza TV, e con la pioggia che cadeva ancora, anche se in tono minore. Il peggio sembrava passato (ndr anche se la notte regalò ancora sorprese).
Lunedì 16 ottobre 2000
In quella notte nonostante, la diminuzione della pioggia, le frane continuarono. La palazzina che era inclinata crollò completamente e lentamente e nella frazione di Champlong (ndr nei pressi della famose cascate di Lillaz) accadde un fenomeno di dimensioni spropositate. Una frana di 500.000 metri cubi si spostò ostruendo quasi tutto il fiume (ndr se il fiume non si fosse liberato da solo, grazie anche all’ausilio di alcuni operatori con pala meccanica, e se la frana avesse ostruito completamente il torrente a monte di Cogne, ci sarebbe stato un serio pericolo per l’abitato, poiché allo sfondarsi della diga, sarebbe successo l’irreparabile, fortunatamente andò diversamente). Quella cicatrice si vede ancora oggi e si vedrà per sempre, ricordo che il corriere della sera scrisse “A Champlong, una frana ha cambiato la geografia del paese”. In quel lunedì la pioggia non smise, ma durante la giornata ci fu anche spazio per qualche schiarita. Il peggio era passato. Ora bisognava fare la conta dei danni. La gente iniziava ad uscire (ndr la quiete dopo la tempesta rende l’idea) e io avevo ritrovato nuovamente i miei amici Davide e Giuliano, compagni di questa disavventura.
Qui si conclude la parte più prettamente a diario di bordo del mio racconto. Il peggio era veramente passato, e dopo ore e ore di pioggia incessante si poteva iniziare a fare un’analisi della situazione. Fortunatamente non ci furono vittime a Cogne, nonostante fu uno dei paesi più colpiti, questo si disse grazie alla prontezza del Sindaco che fece evacuare in fretta tutti i cittadini a rischio. Ricordo come l’elicottero del soccorso guidato proprio da un pilota di Cogne, aveva fatto avanti indietro, anche sotto la forte pioggia, per portare nel centro di Cogne gli abitanti delle frazioni, le più colpite in questo evento alluvionale. Non fu così per altri comuni della Valle d’Aosta dove ci furono molte vittime. 23 nella sola Valle d’Aosta ed in particolare nei comuni di Nus e di Pollein, dove due colate detritiche hanno colpito gravemente i due paesi. La Valle d’Aosta era isolata e in ginocchio, ma anche in Piemonte non era andata meglio e in particolare alla città di Torino, dove esonsò la Dora Riparia, allagando con metri di fango tutto il quartiere di borgo Dora. Ricordo che tutti in fretta si rimboccarono le maniche. Nessun aiuto poteva arrivare via terra, autostrada fortemente danneggiata, ferrovia praticamente cancellata, strada SS.26 della Valle d’Aosta impraticabile e collegamenti internazionali chiusi. Bisognava però riiniziare a vivere. Ricordo che le strade di Cogne erano piene di fango, ma già dal lunedì si pensava a ricostruire. Iniziavano ad arrivare i primi elicotteri da Aosta della protezione civile, ma non frequentemente perché sia il capoluogo che molti altri comuni avevano subito parecchi danni. I tecnici della protezione civile erano saliti per i primi sopralluoghi, per valutare lo stato della SR.47 per Aosta e per valutare eventuali altri masse di fango pericolanti nelle frazioni. La strada si capì da subito che era veramente danneggiata e nei 21 km che separano Cogne dal fondovalle c’erano danni causati da esondazioni o frane ad ogni km. Si parlava di mesi e mesi per il ripristino della circolazione.
Dal giorno martedì 17 ottobre, apparvero i cartelli in giro per il paese per la recluta di volontari. Io e i miei amici Giuliano e Davide componemmo una squadra di volontari (ci piaceva chiamarci la Squadra Villaggio Cogne, come il quartiere dove risiedono i miei amici). Lavorammo, insieme a tanti altri volontari del paese, dal martedì al sabato 22 ottobre. Tutto il giorno a spalare fango nelle varie case colpite. Di quei giorni ho un ricordo bellissimo, che non potrò mai cancellare, uno spirito di solidarietà inaspettato e tante braccia che aiutavano a ripulire le case delle persone colpite. Onestamente era un piacere poter dare una mano, lavorando con i propri amici di avventura, perché dopo i giorni della disavventura, stava diventando una cosa piacevole rendersi utile. Ricordo un’ottima organizzazione da parte del comune per gestire i volontari e gli sfollati. Finalmente la Valle d’Aosta iniziava piano piano a rompere l’isolamento. Una truppa della legione straniera francese, aveva attraversato il tunnel del Monte Bianco, ancora fortemente danneggiato dopo il rogo del ‘99, e nel frattempo da sud stavano giungendo dei gruppi speciali dell’esercito e dei Vigili del Fuoco. A Cogne fu assegnato il Gruppo Speciale dei Vigili del Fuoco di Trento.
In quel fine settimana, il cielo di Cogne si coprì di elicotteri, sembrava un eliporto, sembrava di essere in guerra ricordo l’elicottero bipale CH47, anche detto “Chenook”, mentre gli AB412 di Polizia, Protezione Civile e Carabinieri facevano la spola fra l’aeroporto di Aosta e il prato di Sant’Orso. Il gruppo dei trentini, i quali hanno lasciato un ricordo indelebile, arrivarono con ogni sorta di cosa per queste emergenza. Idrovore, quad, bobcat, pale….ecc Insomma tutto l’occorrente. A questo punto i volontari del paese vennero affiancati e sostituiti via via dai Vigili del Fuoco, e anche io potevo iniziare a pensare alla mia università. Ma come raggiungere Torino? L’unico mezzo era l’elicottero fino ad Aosta. Anche a Torino l’università era rimasta chiusa, per via dell’emergenza arrivata anche nel capoluogo piemontese e quindi non avevo perso molte lezioni (fortunamente io potevo pensare a quello). Decisi di rientrare con i vari convogli che ogni giorno portano materiali, mezzi e persone da Aosta a Cogne in elicottero. Ricordo che furono bloccati anche 150 turisti durante il fine settimana precedente, anche una coppia in viaggio di nozze (non lo dimenticheranno mai) e piano piano furono portati anche loro a valle per rientrare nelle loro case. Io mi infilai su un AB412 della Polizia di Stato. Era la mia prima volta in elicottero e fu una bella esperienza pure quella. Partivo con una valigia bella grossa, perché viste le difficoltà di collegamento, sarebbe stato più opportuno restare a Torino. Restai quasi un mese a Torino ed era la prima volta che stava fuori di casa per così lungo tempo. Fu sicuramente più difficile questa esperienza lontano da casa in una grande città, che non continuare a spalare fango per il mio paese. Sono certo però che mi ha fatto crescere molto. Durante l’alluvione si pensava che ci sarebbero voluti anni per ripartire. Beh io ritornai verso fino novembre a Cogne e incredibilmente era già stato fatto tantissimo, grazie al gruppo di volontari. La strada, anche se con molti sensi unici alternati era nuovamente percorribile, e piano piano si tornava alla normalità. La cosa che stupì molti però, fu che per il ponte dell’Immacolata, Cogne e la Valle d’Aosta intera, nonostante le cicatrici, erano nuovamente pronte ad accogliere i turisti. Lavori a tempo di record e poi una bella nevicata che aiutò nel coprire alcune cicatrici, stupirono molti turisti, che stentavano a credere che fosse successo tutto quel disastro. Fu un vero e proprio miracolo, ma quando si crede nel lavoro di squadra e si lavora duramente, l’uomo riesce a raggiungere risultati insperati. I lavori sono poi proseguiti per alcuni anni, ma il grosso fu realizzato in poco tempo : nuovi argini, nuove opere di contenimento, paramassi, briglie ecc. A distanza oggi di undici i anni rimane solo un brutto ricordo, ma sicuramente quella è stata un’esperienza che mi ha formato e lasciato un segno indelebile, nel bene e nel male. Spesso ho raccontato questo evento a miei conoscenti, poiché, nonostante tutto, mi ha lasciato dentro molto “positivo”. A seguito di quell’evento, al Politecnico ho scelto l’indirizzo di Ing.Ambientale, difesa del suolo e protezione civile e quelll’evento si presentò molto spesso didattica, ecco perché all’inizio parlavo di avvenimento predestinato. E oggi, dopo la mia laurea in ingegneria, riscrivendo questo pezzo, ho riprovato le stesse sensazioni che dal 2000 fino ad oggi mi hanno cambiato la vita. Che emozioni!