Continua il nostro viaggio nella storia degli tsunami Italiani, e con questo nuovo “episodio” ci soffermiamo sugli eventi che hanno colpito il nostro Paese tra ‘700 e ‘800, eccezion fatta per il disastroso maremoto di Scilla del 1783 di cui abbiamo già parlato distintamente in quest’articolo.
La crisi calabrese del 1783. Tra il 1783 ed il 1785 la Calabria meridionale venne interessata da quella che i sismologi hanno identificato come una vera e propria “crisi sismica”, caratterizzata da una terribile serie di terremoti, ravvicinati nel tempo e spesso disastrosi al punto da cambiare radicalmente la morfologia del territorio. Alcune montagne furono letteralmente spaccate in due come accadde al colle su cui sorgeva Oppido Mamertina che poi venne ricostruita in altro luogo. Nella valle del Mesima apparvero strani crateri circolari.
Sorsero qua e là nuove sorgenti e geysers. Si verificarono numerosi fenomeni di liquefazione, con fratture radiali del terreno e fagliazione superficiale. (Porfido ed altri, 2008) Parecchie frane ostruirono i corsi d’acqua e si calcola che nacquero in questo modo almeno 200 nuovi laghi, sconvolgendo dunque l’intero sistema idrogeologico. La crisi acquistò particolare rilevanza tra il Febbraio ed il Marzo del 1783 quando, nel giro di neanche due mesi, si verificarono ben cinque grandi terremoti, a ciascuno dei quali si associò uno tsunami sia pure con diverse entità e caratteristiche (Graziani L., Maramai A., Tinti S., A Revision of the 1783-1784 Calabrian (Southern Italy) Tsunamis, Nat. Hazards Earths Syst. Sci., 6, 1053-1060, 2006).
Tre tsunami in due giorni! Tutto comincia il 5 Febbraio 1783. Alle 8 di mattina un terremoto colpisce la zona di Isola di Capo Rizzuto e Le Castella che vengono parzialmente inondate da uno tsunami di media intensità (3 su 6). Si segnalano effetti anche a Cutro dove il mare prima si ritira e poi allaga la costa mentre a Pizzo e Bivona si nota un insolito agitarsi delle acque. Nel giro di 16 ore poi, come già descritto in quest’altro articolo di questa sezione, altri due terremoti cui seguono altrettanti tsunami. Il primo, di intensità 4, colpisce soprattutto le due sponde dello Stretto di Messina, con effetti nel Tirreno fino a Nicotera e nello Jonio a Roccella. Il secondo, dovuto ad un’enorme frana che si stacca dal Monte Pacì e di intensità 6, investe la spiaggia di Marina Grande a Scilla dove gli sventurati lì rifugiatisi vengono travolti: circa 1500 le vittime. Un evento estremamente rovinoso che chiude tragicamente i due giorni più terribili di tutti i tempi sulle coste del nostro paese.
La crisi continua. Ma non finisce qui (Graziani ed altri, op. cit., 2006). Il 7 Febbraio 1783, alle ore 13.10, un altro terremoto in Calabria, di magnitudo 6.6, avvertito da Messina a Matera, con epicentro tra i paesi di Sorianello ed Arena, a diversi km dalla costa. Movimenti anomali del livello marino, ma senza inondazioni, sono segnalati a Stilo. In data 1 Marzo 1783 un ennesimo evento sismico, con epicentro stavolta posizionato geograficamente più a Nord, tra Filadelfia e Poliolo, a diverse decine di km dalla costa, con magnitudo 5.9: danni ingenti in alcune cittadine (Poliolo, Mileto, Monteleone). A seguire un lieve tsunami (intensità 2) nella zona di Capo Vaticano: anche la spiaggia di Tropea viene inondata. Infine, il 28 Marzo, alle 18.55, una scossa di magnitudo 6.9, epicentro a Nord-Est di Vallefiorita, provoca effetti significativi nei due mari che bagnano la Calabria: si segnalano infatti anomalie nel livello marino sia nel Golfo di Squillace (Ionio) che nel Golfo di Sant’Eufemia (Tirreno) mentre a Bagnara viene inondato il litorale. Si passa poi al 1784. Il 7 Gennaio un terremoto, di magnitudo intorno a 4, si verifica nei pressi di Roccella: segue uno tsunami che allaga i campi circostanti la cittadina. Appena due giorni dopo, il 9, alle 2 di notte, un maremoto a seguito di un terremoto con epicentro in mare allaga Bivona. Quindi il 19 Gennaio un sisma di magnitudo 4.1 colpisce la zona dello Stretto di Messina, con oscillazioni del livello marino a Capo Peloro ed a Scilla mentre nella zona di Catona viene segnalata l’inondazione di alcuni campi con distruzione di numerosi alberi (intensità tsunami pari a 3). E’ questo l’ultimo evento della crisi sismica (accompagnata da tsunami) più intensa della nostra storia.
Altri tsunami del Settecento. Calabria a parte, il Settecento vide una decina di fenomeni minori, alcuni anche incerti e poco documentati, come riportato nel “catalogo degli tsunami italiani” ed in “The New Catalogue of Italian Tsunamis” (S. Tinti ed altri, 2004). Il 2 Febbraio 1703 un terremoto di magnitudo 6.6, con epicentro ad ovest di Cagnano, non lontano da L’Aquila, devastò l’Italia Centrale (diecimila i morti). A seguito di questo evento furono osservate oscillazioni del mare alla foce del Tevere. Simili oscillazioni, dovute ovviamente ad altri eventi, vennero poi registrate nel porto di Genova (nello stesso 1703), nel golfo di Napoli (1714, per eruzioni del Vesuvio), a Sciacca (1727), a Livorno (1742) ed a Portici (1760) ma si trattò sempre di fenomeni comunque ristretti geograficamente e poco dannosi (intensità 2) anche perchè generalmente associati a sismi di magnitudo limitata. Più sensibile invece lo tsunami di Palermo, del 1 Settembre 1726, dovuto ad un terremoto (magnitudo 5.6) che provocò circa 200 vittime nel capoluogo siciliano. Il mare si ritrasse e poi tornò sulla costa nel tratto compreso fra Palermo e Capo Gallo anche se non si registrarono danni ingenti. Al largo di Ustica una nave si trovò in forte difficoltà causa l’improvviso agitarsi del mare. Poi fu la Puglia ad essere protagonista. Nel 1731 un intenso terremoto (magnitudo 6.3), con epicentro ad Ovest di Cerignola, investì il foggiano dove si registrarono circa 2500 vittime. Uno tsunami si verificò a Siponto e Barletta, con numerose navi sbattute violentemente a riva e danneggiate. Quindi, nel 1743, toccò al Salento: una violenta scossa (magnitudo 6.9), con epicentro nel canale di Otranto, provocò il crollo di numerosi edifici a Nardò, Lecce e Brindisi. Circa 200 i morti. Nel porto di Brindisi si osservarono oscillazioni del livello marino.
Lo tsunami ligure. Passiamo all’Ottocento che si caratterizza, rispetto ai secoli precedenti, per la mancanza di un evento eclatante: gli tsunami risultano di lieve entità (intensità 2-3) e soprattutto non causano vittime umane. Particolare da non sottovalutare: si verificano però in tutta Italia, dal Nord al profondo Sud. Il più interessante, anche proprio per il contesto in cui si verifica, è forse quello ligure del 23 Gennaio 1887, legato ad un terremoto di magnitudo 6.3 (il più violento di tutti i tempi della Riviera Ligure di Ponente), con epicentro tra Diano Castello e Diano Marina che viene distrutta dal sisma (DBMI04, 2007). Altri centri rasi quasi al suolo: Apricale, Bussana (poi ricostruita in altro sito), Montalto. Si segnalano danni per un centinaio di km di costa, da Mentone ad Albissola: circa 650 i morti. Per tutto questo tratto si registrano oscillazioni del livello marino, talora intense e generalmente intorno al metro, con inondazione delle spiagge: a Sanremo numerose barche danneggiate, ad Alassio e Genova il mare si ritira di trenta metri e poi invade il litorale, a Loano e Savona vengono chiaramente osservate oscillazioni, ad Oneglia il mare si ritira di qualche metro, ad Imperia si segnala un run-up di almeno un metro e mezzo. Anche la stessa Diano Marina è inondata: alcune testimonianze, non confermate, parlano di onde alte fino a 3 metri. Una regressione permanente della spiaggia, indotta dal fenomeno, è registrata a Loano nonché in alcuni tratti tra Imperia ed Ospedaletti (Tinti ed altri, 2004). Dunque un fenomeno esteso anche se non violentissimo (intensità 3) e soprattutto dimenticato, avvenuto in un contesto non urbanizzato come adesso: un evento simile, se accadesse domani e senza prevenzione accurata, causerebbe certamente danni maggiori e probabilmente la perdita di diverse vite umane.
In Sicilia… L’antica Trinacria torna ad essere sede di tsunami anche nel XIX secolo. Catania fa la parte del leone: il 20 Dicembre 1818, alle 18.15, un sisma di magnitudo 6, con epicentro a sud di Aci S. Antonio, investe l’intera area etnea, con una settantina di morti. A seguito dell’evento, a Catania dapprima si assiste al ritiro del mare che poi torna con violenza sulla costa, scavalcando la scogliera e la diga foranea, inondando il porto. Inondazione lieve anche a Messina. L’anno precedente si erano osservate oscillazioni del livello marino a Sciacca, a seguito di un altro terremoto, ma è ancora più evidente quanto accade il 5 Marzo 1823 nel palermitano. Una scossa di magnitudo 5.9, con epicentro ad Est di Cefalù, viene chiaramente avvertita in tutta l’isola e compie ampie devastazioni sulla costa settentrionale, a Palermo, a Cefalù, anche a Corleone. Uno tsunami colpisce Cefalù dove una nave di grandi dimensioni è trascinata a terra e danneggiata seriamente. In tutta la costa da Palermo a Cefalù diverse barche vengono rovesciate e distrutte.
…ed in Calabria. Dopo il clamoroso evento del 1783, anche la Calabria torna a rivestire un ruolo di primo piano, sia pure in misura quantitativamente minore. L’8 Marzo 1832, a seguito di un terremoto di magnitudo 6.5, con epicentro ad Ovest di Cutro (fortemente danneggiato al pari di Policastro), il livello del mare si alza di qualche metro alla foce del fiume Tacina mentre i campi intorno a Magliacane, nei pressi di Botricello, vengono allagati, con il mare che penetra nella terraferma per circa 500 metri. Inondate anche alcune spiagge del litorale tra Catanzaro Lido e Steccato (Zecchi, 2006). Per fortuna l’area è disabitata e non si contano vittime. Quattro anni dopo, il 25 aprile 1836, è ancora lo Jonio protagonista. Un terremoto di magnitudo 6.1, con epicentro ad Ovest di Crosia, verificatosi poco dopo la mezzanotte, provoca 600 morti, distruggendo anche la cittadina di Rossano. Il litorale intorno a Capo Trionto viene invaso dalle acque. A Calopezzati vengono distrutti alcuni insediamenti sulla spiaggia, davanti a Corigliano diverse imbarcazioni sono rovesciate e trascinate a terra. Uno tsunami non trascurabile, di intensità 3, che anche stavolta fortunatamente colpisce, oltre tutto di notte, un tratto di costa poco abitato (Tinti ed altri, 2004). Infine il 16 Dicembre 1894, un altro sisma calabrese, stavolta con epicentro in Appennino, ad Ovest di S. Procopio, magnitudo 6. Forti danni in Aspromonte e sulla costa tirrenica (in particolare a Palmi e Bagnara), un centinaio i morti. A seguito dell’evento tellurico, si segnalano forti oscillazioni del livello marino su un ampio tratto di costa tirrenica: a Reggio Calabria vengono danneggiate alcune navi in porto, a Scilla e Palmi il mare si alza e si abbassa, nello Stretto vengono osservate oscillazioni improvvise ed intense. La Calabria quindi si conferma “terra di tsunami”.
Campania, Toscana e Romagna. Se il Sud chiama…il centro risponde. Considerando ancora il “catalogo degli tsunami italiani”, il 26 Luglio 1805, alle ore 21, si verifica un terremoto distruttivo (magnitudo 6.5) in Molise, con epicentro a Nord di Bojano. Il massiccio del Matese è notevolmente colpito, molti paesi (Baranello, Vinchiaturo, Frosolone) semidistrutti. Danni anche fino a Salerno, Napoli e Melfi, scossa avvertita pure a Roma ed in Umbria. Circa 5000 le vittime. Oscillazioni del livello marino, anche fino a due metri, si segnalano da Gaeta a Sorrento e perfino a Capri. Il 14 Agosto 1846 invece è la volta di Livorno: un sisma colpisce la zona a cavallo delle province di Livorno e Pisa, con il paese di Orciano che viene praticamente raso al suolo. Scossa avvertita chiaramente anche a Pisa e Volterra. Le acque del Lago di Massaciuccoli, tra Viareggio e Pisa, si agitano e si intorbidiscono (Zecchi, 2006). Nel porto di Livorno si assiste a forti scuotimenti delle navi (saltano alcuni ormeggi) mentre il faro è circondato dalle acque che allagano anche l’area circostante. Chi, ancora oggi, vuole realizzare un rigassificatore nel mare antistante la città labronica, non dovrebbe dimenticare questi eventi. Così come non si dovrebbe trascurare il terremoto che colpisce la Romagna il 17 Marzo 1875, intorno alla mezzanotte, con epicentro a NW di Rimini e magnitudo 5.7. A Cervia e Cesenatico vengono inondate le spiagge mentre da Rimini ad Ancona si segnalano oscillazioni del livello marino. Considerando l’urbanizzazione e la cementificazione selvaggia della costa romagnola, se un evento simile si ripetesse oggi, le conseguenze sarebbero ovviamente ben più disastrose.
Eventi minori ed “interni”. Nell’Ottocento il porto di Genova subisce lievi danni a seguito di terremoti in due occasioni: nel Dicembre del 1818 (sisma di magnitudo 5.5 con epicentro ad Arola, nel parmense) e nell’Ottobre del 1828 (sisma di magnitudo 5.6 con epicentro nella Valle della Staffora, presso Voghera) si assiste ad oscillazioni del livello marino, con danneggiamenti di alcune navi sballottate dalle acque. Il Vesuvio non sta a guardare: nel 1813 una serie di eruzioni, protrattesi da Maggio a Dicembre, causa vari sommovimenti marini, in particolare a Torre del Greco e Portici dove si verificano regressioni anche di dieci metri sia pur senza danni particolari. Infine, tre fenomeni nelle acque interne (Zecchi, 2006): il 26 Maggio 1631, a seguito di un terremoto di magnitudo 5.5, con epicentro tra Taggia ed Arma di Taggia, nel piccolo laghetto di S. Benedetto, sulle Alpi Marittime, si nota un insolito innalzamento delle acque mentre il 15 Marzo 1867 il Lago Maggiore vede alzarsi il suo livello di almeno 60 cm, probabilmente per un terremoto di cui però si hanno pochi riscontri (Mercalli, 1883). Infine, il 19 Luglio 1899, a seguito di un sisma di magnitudo 5.1, con epicentro poco a sud di Frascati, le acque del Lago di Albano si agitarono notevolmente. Settecento (con eventi eclatanti) ed Ottocento (con eventi minori ma comunque ben documentati e significativi) mostrano dunque tsunami sparsi un po’ per tutta Italia, a conferma che le coste del nostro paese sono tutt’altro che al sicuro dagli effetti dei sommovimenti marini.
BIBLIOGRAFIA E FONTI PRINCIPALI
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- Baratta M., I terremoti d’Italia, Fratelli Bocca, 1901, Torino
- Boschi E., Ferrari G., Gasperini D., Guidoboni E., Mariotti D., Valensise G., Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.c. al 1980, Istituto Nazionale di Geofisica, Roma, 2000
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- Mercalli G., Vulcani e fenomeni vulcanici, Parte III, I terremoti storici italiani, Geologia d’Italia, 1883
- Porfido S., Esposito E., Guerrieri L., Serva L., Terremoti storici ed effetti ambientali nell’area dello Stretto, Convegno 100 anni dopo il terremoto, 2008
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- Zecchi R., Distribuzione delle onde anomale nei mari italiani, Bollettino AIC nr 126-127-128, 2006
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- SITI WEB: www.geoitalia.org, www.ingv.it, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04, www.meteoweb.eu, www.wikipedia.org, aldopiombino.blogspot.com, www.biologiamarina.eu, www.cataniasismica.com