Le condizioni per la Niña sono riemerse nel Pacifico Tropicale dal mese di Agosto 2011, secondo l’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO). Queste condizioni dovrebbero essere mantenute fino alla fine di quest’anno e all’inizio del 2012, sino a rafforzare probabilmente ad intensità moderata. Tuttavia, sarà con molta probabilità molto più debole del recente episodio legato alle inondazioni e alla siccità in diverse parti del mondo. L’aggiornamento è basato su input dei centri di previsione del clima ed esperti di tutto il mondo, trattandosi di una fonte autorevole di informazioni su un fenomeno che ha un impatto diffuso sul tempo e sul clima di tutto il globo. La Niña, un termine spagnolo che significa letteralmente “bambina” è caratterizzata da temperature oceaniche insolitamente basse del Pacifico centro-orientale. È la situazione opposta di El Niño (letteralmente “figlio maschio”, tradizionalmente usato da peruviani per riferirsi a Gesù Bambino dal momento che il fenomeno è stato spesso osservato in Dicembre), caratterizzato da temperature oceaniche superficiali insolitamente calde. Durano solitamente dai 9 ai 12 mesi e, occasionalmente, per due anni. Tuttavia, i risultati di ciascun evento non sono mai esattamente gli stessi. Entrambi sono fortemente accoppiati alla circolazione atmosferica nei tropici e sono importanti, anche se non le uniche variabili, per le fluttuazioni stagionali del clima e causano il movimento di masse d’acqua verso la costa occidentale dell’Oceano Pacifico. Questo generalmente causa un aumento del livello del mare sulla costa occidentale anche di 80-100 cm rispetto alla costa orientale. In una situazione di Niña si accentuano tali condizioni e le correnti d’acqua calda si intensificano verso ovest, gli alisei aumentano d’intensità e spingono l’aria ricca di umidità verso le coste indonesiane e australiane. L’attuale Niña segue la moderata/forte Niña iniziata nel Settembre 2010 che si concluse con condizioni di neutralità nel maggio 2011, quando le temperature oceaniche, le precipitazioni tropicali e i venti atmosferici sul Pacifico equatoriale dell’Oceano, sono tornati in media. Le condizioni di neutralità in seguito hanno lasciato il posto ad un riemergere di La Niña. Entro la fine di Ottobre il fenomeno è lentamente rinforzato ad un livello debole-moderato. Anche se El Niño e La Niña sono considerati tra i fattori più importanti che influenzano i modelli climatici regionali in molte parti del mondo, altri fattori, quali le condizioni sopra l’Oceano Indiano, quello Atlantico,la situazione euroasiatica del manto nevoso, ecc, sono noti per avere un’influenza importante e dovrebbero essere adeguatamente presi in considerazione. I precedenti storici e le ultime uscite dei modelli di previsione indicano che l’intensità di questo picco di La Niña sarà raggiunto alla fine del 2011 o all’inizio del 2012, e che è molto improbabile che si ottengano condizioni così forti come quelli manifestati nel 2010-2011. L’aggiornamento punta ad un ritorno di uno stato neutrale durante marzo-maggio 2012. Tuttavia, data l’incertezza nel range probabilistico del modello, sarà richiesto uno stretto monitoraggio futuro.
Lo sviluppo di El Niño è considerato invece altamente improbabile prima del periodo di transizione tipico dei mesi di Marzo e Maggio. E’sempre importante ribadire ancora una volta che molti altri fattori influenzano i modelli climatici stagionali, oltre a El Niño e La Niña. Un aspetto degno di nota è la corrente più calda della superficie del mare nella parte occidentale dell’Oceano Indiano equatoriale, che non è comunemente osservata durante La Niña. Questo richiede un attento monitoraggio, insieme alle condizioni dell’Oceano Indiano orientale, in quanto questi fattori possono influenzare i modelli. Intanto un nuovo studio dice che diversi fenomeni atmosferici potrebbero cambiare radicalmente le modalità di analisi e previsione dei fondamentali e spesso devastanti eventi climatici in tutto il mondo. Da una ricerca svolta presso la Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science dell’Università di Miami emerge, che la connessione tra la cosiddetta Oscillazione Meridionale e le correnti oceaniche non è fondamentale per determinare eventi di grande impatto ambientale. Secondo il team l’oscillazione gioca un ruolo molto più importante di quanto finora si pensasse: ”Non è necessaria una dinamica di coppia tra oceani e atmosfera per riprodurre delle conseguenze sul clima globale”. La scoperta dell’indipendenza tra i due fenomeni è avvenuta comparando i risultati di due differenti modelli climatici: uno nel quale vengono considerate le correnti marine, l’altro senza. Nonostante il cambio di scenario statico o dinamico, l’esperimento ha dimostrato che la pressione atmosferica, la temperatura superficiale e le precipitazioni rimangono identiche. Un risultato che, secondo gli studiosi, dimostra la presenza in entrambi i casi dell’oscillazione meridionale, anche quando l’oceano non mostra cambiamenti. Il punto di arrivo dello studio americano può aiutare gli scienziati a comprendere meglio e prevedere gli effetti regionali e globali dei cambiamenti climatici nel Pacifico.
Fonti: WMO, R.School of marine and atmosferic science, Libero