Rischi naturali ed assicurazioni: sei osservazioni per un cambiamento

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Frana nel messinese

Perché i danni da eventi naturali stanno crescendo? – E’ un problema di come si costruisce per i terremoti e di dove si costruisce per i rischi idrogeologici e vulcanici.  La catastrofe non è solo naturale ma anche antropica: alle variazioni climatiche (quelle geologiche sono più lente e meno influenzabili dall’attività umana) si aggiunge l’utilizzo spinto e spesso poco accurato del territorio.  Il rischio idrogeologico è diverso da quello sismico: il primo è a “macchia di leopardo” il secondo è uniforme ed esteso; il primo si potrebbe teoricamente evitare escludendo alcune aree, il secondo interessa intere regioni già intensamente abitate. In realtà l’appetibilità dei suoli è enormemente cresciuta: naturali interessi socio-economici, unitamente all’ incertezza della previsione e al fatalismo, determinano una progressiva occupazione di aree pericolose.

Ma non si può costruire bene ed evitare le aree a rischio? – Può sembrare strano, ma i fatti dimostrano che non si può. Le limitazioni sono contenute alle aree più esposte, che sono solo una piccolissima parte di quelle a rischio. Infatti il 40% degli Abitati è a rischio frana, il 50% del territorio a rischio idrogeologico,  Il 70% a rischio sismico……tutti siamo a rischio…il problema è del più e del meno. Il più e il meno del territorio si conosce per grandi linee, ma nessuno sa con certezza quando ci sarà un evento catastrofico e dove colpirà: domina la fatalità e lo sviluppo si impone comunque e dovunque.

Ma allora continuando con le regole vigenti che succede? – Succede quello che già osserviamo: una catastrofe continuata. Il territorio è quello che è, e col tempo crescono i beni insediati in aree sempre più esposte al danno. Aumenteranno i costi sociali dell’emergenza a livelli insostenibili e nessuno sarà più in grado di affrontare il ristoro. Le tasse aumenteranno, alimentate dalle pretese di assistenza e dai megafoni dei mass-media, le collette quotidiane perderanno slancio, il paese sarà più povero e meno competitivo.

Ma perché le assicurazioni? – Se prima di costruire (dopo aver ottenuto una regolare licenza edilizia) viene chiesto un parere a chi si deve esporre economicamente anziché a chi vuol comunque costruire la tendenza ad occupare le aree più a rischio diminuisce e il carico del danno si trasferisce dalla collettività (che ha scelto bene) all’individuo (che vuole rischiare), e che viene così responsabilizzato.  In tal modo i danni saranno assorbiti in gran parte dalle persone stesse che li hanno predisposti.

Come negli altri paesi? Obbligatoria o facoltativa? In Francia esiste una estensione obbligatoria del rischio incendio. In Svizzera non si può costruire se prima non ci sono le condizioni per un contratto assicurativo. I sistemi sono molto diversificati. In Giappone, molto più a rischio del nostro, sono previste riduzioni in funzioni della vastità della catastrofe. Per ridurre i premi ed assicurare una mutualità al di sotto di  “un rischio medio accettabile”occorre favorire l’estensione dei contratti e/o renderli obbligatori, ricorrendo alla fiscalità generale (una precedente proposta di legge considerava un prelievo pari ad 1/8 dell’ICI), mentre al di sopra di tale rischio occorrerà  far concorrere il singolo. Senza questi presupposti non si determina una inversione di tendenza e non si realizza nessuna garanzia reale per i beni danneggiati.

Ma non è una nuova tassa? – Le spese dello Stato stanno aumentando vertiginosamente insieme ai danni. Chi paga se si preleva dal sistema fiscale? Quanto danni in meno avremmo avuto se la gente avesse rinunciato a costruire su aree con assicurazioni esose?  E perché chi costruisce su aree a maggior rischio deve scaricare il peso dei danni e chiedere i rimborsi sulla collettività intera?

 Quindi non si tratta di una nuova tassa né deve essere esserlo.

L’Italia, e anche l’Europa, dovrebbero uscire dalla logica dell’assistenzialismo a tutti e a tutti i costi, ponendo le basi per un sistema certo e razionale che salvaguardi l’interesse collettivo. L’idea è che occorrerebbe avviare un nuovo sistema di garanzie che, traendo le risorse dalla fiscalità ICI (o comunque dalla fiscalità generale), assicuri mutualità per un “rischio medio accettabile”, lasciando al cittadino la copertura del rischio eccedente. Al di sotto di tale rischio si esercita una mutualità sociale, la quale, ovviamente, potrà varierà da regione a regione e nel tempo, in funzione delle diverse situazioni economiche ed ambientali. Tale sistema, almeno per la parte di rischio medio accettabile potrebbe vedere forme di coinvolgimento dell’Amministrazione pubblica ed avere fasi diverse di messa a regime:

una fase iniziale di predisposizione di mezzi conoscitivi ed interattivi sulla pericolosità territoriale e sui valori di rischio degli immobili, con accumulo di risorse a fronte di criteri generali di rimborso contenuto;

una fase a regime, basata su dati territoriali acquisiti e su criteri di rimborso strettamente connessi ai livelli di rischio.

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