Il Sole è rimasto in quiescenza dal 2005 al 2010, quando ha manifestato una bassissima attività con poche eruzioni di plasma note come espulsioni di massa coronale. Quel periodo di transizione è durato circa il doppio rispetto alla normalità, tanto che gli scienziati cominciavano a parlare di un nuovo minimo di Maunder. Un nuovo studio, condotto da Sami Solanki, del Max Planck Institute per la ricerca sul sistema solare (MPISSR) a Katlenburg-Lindau, in Germania, afferma che potrebbe tranquillamente accadere il contrario. “Tuttavia nei prossimi 30 anni è abbastanza improbabile che si verifichi qualcosa di così estremo, sia da una parte che dall’altra“, ha affermato lo scienziato. Come ben sappiamo il ciclo più comune del Sole è quello undecennale, o ciclo di Schwabe. I brontolii solari interessano molto gli scienziati perchè spesso finiscono per interessare il nostro pianeta attraverso particelle cariche che vanno ad impattare sulla nostra atmosfera. Queste sono causa di meravigliosi spettacoli come le aurore polari, ma possono anche causare seri disagi ai sistemi di comunicazioni, alle reti elettriche o mettere temporaneamente fuori combattimento i satelliti in orbita intorno alla Terra. I ricercatori studiano l’attività solare da circa 300 anni, ed in questo lasso di tempo le macchie solari, i flare e varie altre attività si sono sempre alternate a periodi di quiete. Tra il 1645 ed il 1715 ci fu un periodo di prolungata quiescenza, conosciuto al giorno d’oggi come minimo di Maunder. Recentemente, prima della quiescenza, il Sole è uscito da un “grande massimo” di alta attività, a alcuni astronomi hanno suggerito che al momento il Sole potrebbe essere in un periodo di transizione verso un altro minimo di Maunder. Solanki e il suo assistente hanno indagato su questa possibilità attraverso lo studio passato del Sole. Hanno setacciato i vecchi dati delle macchie solari, ma hanno anche guardato le registrazioni di alcuni isotopi del carbonio e berillio, che ha permesso loro di risalire a tempi ancora più antichi. Questi isotopi, il carbonio-14 ed il berillio-10, vengono prodotti quando il rapido movimento delle particelle dei raggi cosmici impattano nell’atmosfera terrestre. Poichè le tempeste solari aiutano a spazzare via i raggi cosmici dal nostro pianeta, l’abbondanza di carbonio-14 e di berillio-10 consente ai ricercatori di ricostruire l’attività del sole sino a 11.000 anni fa. Solanki e Krivova hanno utilizzato tutte queste informazioni per ottenere un’idea più ampia di come il Sole si comporta in lunghi periodi di tempo. La risposta è stata che esiste un 8% di probabilità che un minimo seguirà un grande massimo entro 40 anni, e circa il 40-50% che si verifichi entro 200 anni. Ma è altrettanto probabile che un altro grande picco massimo avverrà prima di un grande minimo, come evidenzia la maggior parte delle volte negli ultimi 11 mila anni. “Non è nemmeno chiaro in quale direzione l’attività solare si svilupperà nel lungo termine,” scrivono nello studio Solanki e Krivova. “E’altrettanto probabile che il prossimo estremo sia un massimo, come un minimo” riferiscono i 2 scienziati nel numero del 18 novembre della rivista Science. Grazie ai satelliti messi in orbita, come il Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA e il Solar and Heliospheric Observatory della NASA e dell’ESA, gli scienziati possono prevedere con precisione sempre più elevata le ore di attività solare con giorni di anticipo, ma non sorprende che per previsioni decennali ci siamo molte difficoltà previsionali. “L’attività solare è guidata dal campo magnetico, che è prodotta da una dinamo che a sua volta è un grande processo non lineare (almeno così che funziona nelle stelle)”, ha detto Solanki. “Piccoli cambiamenti nelle condizioni iniziali, o nelle condizioni all’interno del sole, dove la dinamo risiede principalmente, sono in grado di produrre grandi cambiamenti dell’attività solare. Noi non sappiamo molto sui flussi del plasma che guidano la dinamo interna del Sole”, ha aggiunto. L’SDO e i veicoli spaziali solari dell’Agenzia Spaziale Europea, che saranno lanciati nello spazio nel 2017, dovrebbero insegnare ai ricercatori le funzioni più interne del Sole, ma i brontolii della nostra stella rimarranno probabilmente misteriosi per un bel pò. “Predizioni multidecadali restereranno problematiche anche allora” conclude Solanki. Nulla di particolarmente nuovo quindi, anche se adesso sappiamo che un picco massimo molto forte potrebbe essere leggermente più probabile di un minimo prolungato.
Un nuovo studio ha cercato di predire il prossimo ed eventuale evento estremo sul Sole
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