Lo Speciale sugli Tsunami Italiani di MeteoWeb arriva oggi a ridosso dei giorni nostri con quest’articolo dedicato agli eventi del secolo scorso, il ‘900. Infatti dopo aver approfondito con un articolo a sè il disastro del 1908 nello Stretto di Messina, qui abbiamo raccolto tutti gli altri (tanti!) eventi del secolo, grazie alla solita validissima collaborazione del geologo Giampiero Petrucci. Questo “speciale” è realizzato per divulgare informazioni che ai più non sono note, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione dai rischi dei maremoti cui anche l’Italia è estremamente esposta.
Calabria 1905-1908: tre tsunami in tre anni! Il Novecento comincia con un fenomeno disastroso, teatro la martoriata terra calabrese. L’8 Settembre 1905, in piena notte, si verifica un violento terremoto, con epicentro non lontano da Monteleone (l’attuale Vibo Valentia) ed una magnitudo intorno a 7 (DBMI04, Stucchi ed altri, 2007). Il sisma, avvertito in tutto il Meridione, provoca grandi distruzioni: Aiello, Pizzo, Piscopio, la stessa Monteleone le città più danneggiate mentre alcuni paesi (Favelloni e Martirano) vengono talmente distrutti da venir poi ricostruiti in altri siti. L’area più colpita risulta quella circostante Capo Vaticano: l’intero territorio è sconvolto da frane e voragini, diversi luoghi sono soggetti alla liquefazione, l’assetto idrogeologico subisce variazioni significative. Circa 600 i morti. Alla scossa segue uno tsunami che interessa in particolare la costa tirrenica calabrese per circa un centinaio di km, da Nicotera a Scalea: a Briatico, Bivona e Pizzo il mare inonda il litorale per una trentina di metri, trascinando a terra numerose barche. Analoga situazione a Scalea dove si registra un run-up di circa 6 metri (Tinti ed altri, 2004). Effetti minori vengono registrati anche a Messina e Milazzo dove si notano oscillazioni del mare di circa un metro. L’onda di tsunami spezza pure il cavo telegrafico tra Lipari e Milazzo, portando poi un ingente quantitativo di pomici eoliane sulle spiagge tra Gioia Tauro e Diamante. Variazioni del livello marino, sia pure di qualche decimetro, vengono segnalate anche a Napoli, Catania e Catanzaro Lido. Uno tsunami dunque geograficamente ampio e di intensità 3, ma con effetti indotti non molto distruttivi. Due anni dopo si replica, sia pure in misura minore. Il 23 Ottobre 1907 tocca, quasi per una par condicio, alla costa ionica calabrese. Stavolta il terremoto ha epicentro in pieno Aspromonte, pochi km ad Ovest di San Luca, e magnitudo 5.9. Particolarmente colpito il paese di Ferruzzano ma ingenti danni si segnalano un po’ per tutto il litorale ionico, da Melito di Porto Salvo a Gerace: colpiti anche San Luca e Platì (Tinti ed altri, 2004). Circa 200 i morti. Il sisma origina uno tsunami, di intensità 3, che colpisce soprattutto la costa tra Capo Bruzzano e la foce del fiume Careri, nei dintorni di Bianco, dove si verifica un’ingressione marina di circa 30 metri. La zona è poco abitata ed i danni limitati. Infine, il 28 Dicembre 1908, il notissimo terremoto di Messina cui segue un altrettanto celebre tsunami, già ampiamente trattato in quest’articolo specifico. Dunque tre maremoti in tre anni: spetta dunque forse alla Calabria il poco invidiabile primato di “terra degli tsunami”? Per l’inizio del XX Secolo certamente sì.
Tsunami eoliani. La seconda metà degli anni Dieci viene marcata dalle isole Eolie e dallo Stromboli in particolare. Proprio Iddu, come viene chiamato il vulcano dagli strombolani, è difatti protagonista di due episodi notevoli. Il primo, il 3 Luglio 1916, dunque in piena “Grande Guerra”, rappresenta un’eruzione cui si accompagna un terremoto (avvertito anche nella Calabria Tirrenica) e soprattutto uno tsunami (intensità 2) che investe soltanto la parte nord dell’isola, in particolare la zona di Piscità dove viene invasa la spiaggia, con un’ingressione pari ad una decina di metri. Il secondo episodio, il 22 Maggio 1919, risulta ben più cospicuo, anche geograficamente parlando. Alle 17.45 si verifica una grande esplosione vulcanica, con materiale piroclastico e lava che danneggia diverse case delle varie frazioni di Stromboli, Ginostra compresa. Segue uno tsunami (intensità 3) che invade la costa per circa trecento metri, trascinando a terra numerose barche. Vengono segnalati fenomeni anche a Capri (Marina Piccola) ed Ustica dove il mare si ritira e poi torna sulla spiaggia sia pure causando danni lievi. Oscillazioni inferiori al metro si verificano in Sicilia (Palermo, Catania, Messina) e Sardegna (Cagliari) oltre che a Napoli. Nel decennio successivo le Eolie continuano a recitare un ruolo da protagoniste: il 18 Luglio 1926 si sviluppa una scossa sismica a Salina, con danni e frane a Pollara e Malfa dove il mare si ritira e poi invade la spiaggia. Quindi l’11 Settembre 1930 un’altra esplosione violenta del vulcano di Stromboli, durata alcune ore, con i prodotti piroclastici che colpiscono ripetutamente le abitazioni, talora con forza distruttiva. Stavolta i danni sono ingenti, anche in merito alle vite umane: 4 infatti i morti accertati ufficialmente anche se alcune testimonianze propendono per un numero maggiore. Nella zona di Ficogrande (Sopra Lena) lo tsunami susseguente (intensità 3) invade la costa per circa 200 metri, con run-up di due metri e mezzo, provocando altre due vittime, sorprese dall’onda in mare o sulla spiaggia. Sono questi gli unici due morti alle Eolie a causa di uno tsunami. Si deve poi arrivare al 1944, per la precisione il 20 Agosto, per assistere ad un altro maremoto eoliano. Ancora una violenta eruzione dello Stromboli, con lava sulla Sciara del Fuoco che termina la sua veloce corsa in mare, provocando un’onda di tsunami tutt’altro che trascurabile e classificata di intensità 4. A Punta Lena si verifica infatti un’ingressione marina di circa trecento metri, molti i pesci spiaggiati ma rari danni alle costruzioni e fortunatamente nessuna vittima umana.
Il mare dunque, per cause atmosferiche, aumenta il suo moto all’improvviso e spesso localmente, con effetti che vengono poi amplificati dalla batimetria, dalle maree, dalla morfologia di costa e porto. Non è una tempesta marina, non è uno tsunami strettamente detto tant’è vero che il termine meteotsunami non è ancora stato comunemente accettato da tutti gli studiosi. Condizioni favorevoli allo sviluppo di questo fenomeno si esplicano talora, ad esempio, in alcune località delle Isole Baleari, in particolare a Ciutadella (Minorca) dove nel 2006 un meteotsunami (definito rissaga nell’idioma locale) ha danneggiato tutte le barche presenti nel porto, sviluppando un run-up intorno ai 5 metri. Anche in Sicilia il fenomeno, sia pure in dimensioni più limitate, è noto da tempo, col nome di “marrobbio”: a Mazara del Vallo ed a Lampedusa nell’ultimo decennio più volte il mare si è abbassato e poi tornato con una certa violenza in porto, danneggiando talora barche ed infrastrutture, con oscillazioni anche superiori al metro. In Sicilia questo fenomeno si sviluppa soprattutto in Primavera ed Autunno, quando il cielo è nuvoloso e c’è una rapida variazione di pressione atmosferica, legata anche ad un improvviso cambiamento della direzione del vento. Evidentemente il 21 Giugno 1978 in Adriatico si svilupparono le condizioni ottimali per il verificarsi di un meteotsunami (a cominciare dalla presenza di una perturbazione che viaggiava da sud-ovest a nord-est alla velocità di 22 m/s) e la baia di Vela Luka, a causa anche delle sue caratteristiche geomorfologiche, ne ha amplificato a dismisura la potenza, pagandone le conseguenze. Il litorale italiano invece è risultato meno soggetto al fenomeno per due motivi: la direzione di propagazione della perturbazione e soprattutto la sua geomorfologia, caratterizzata molto raramente da baie incuneate verso l’interno tipo fiordi. Ciò, in qualche senso, ha “salvato” le nostre coste. L’aspetto particolare di questo meteotsunami del 1978 sta però probabilmente nelle sue dimensioni geografiche, molto ampie e non certamente locali, visto che ha interessato almeno 200 km di litorale da entrambi i lati dell’Adriatico, sia pure con effetti ben diversi. Il mistero dunque appare brillantemente risolto, grazie anche ai numerosi studi del dott. Ivica Vilibic (Istituto di Oceanografia di Spalato) al quale va il nostro sentito ringraziamento per aver cortesemente approfondito le nostre conoscenze al riguardo.
Si ringrazia il dott. Ivica Vilibic per la sue gentile collaborazione e le preziose informazioni fornite sui meteotsunami e sull’evento di Vela Luka 1978.
BIBILIOGRAFIA E FONTI PRINCIPALI
- Bedosti B., Considerazioni sul maremoto adriatico (tsunami) del 21.06.1978, Supplemento Bollettini Sismici Prov., 12-14-20, 2-17, 1980
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- Maramai A., Graziani L., Tinti S., Investigation on Tsunami Effects in the Central Adriatic Sea during the Last Century – a Contribution, Nat. Hazards Erath Sys. Sci., 2007
- Montserrat S., Vilibic I., Rabinovich A.B., Meteotsunamis: Atmospherically Induced Destructive Ocean Waves in the Tsunami Frequency Band, Natural Hazards Earth Syst. Sci., 6, 1035-1051, 2006
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- Porfido S., Esposito E., Guerrieri L., Serva L., Terremoti storici ed effetti ambientali nell’area dello Stretto, Convegno 100 anni dopo il terremoto, 2008
- Rabinovich A., Vilibic I. Tinti S., Meteorological Tsunamis: Atmospherically Induced Destructive Ocean Waves in the Tsunamis Frequency Band, Phys. Chem. Earth, 2009
- Stucchi ed altri, DBMI04, il database delle osservazioni macrosismiche dei terremoti italiani per la compilazione del catalogo parametrico CPTI04, Quaderni di Geofisica, vol. 49, pg. 38, 2007
- Tertulliani A. e Cucci L., Fenomeni associati al terremoto della Calabria dell’8 Settembre 1905, INGV, Quaderni di Geofisica, n.60, 2008
- Tiberti M.M., Fracassi U., Valensise G., Il quadro sismotettonico del grande terremoto del 1905, da “8 Settembre 1905, terremoto in Calabria”, a cura di Guerra I. e Savaglio A.
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- SITI WEB: www.geoitalia.org, www.ingv.it, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04, www.meteoweb.eu, www.wikipedia.org, www.terremotodeisilenzi.it, www.lastampa.it