Le capacita’ di resistenza del ‘polmone’ della Terra sta arrivando al limite. E’ quanto emerge da una rassegna pubblicata sulla rivista Nature e curata da esperti internazionali che analizzano le trasformazioni in atto nel bacino dell’Amazzonia: i sintomi fanno pensare che gli ‘attacchi’ umani, fino ad ora ‘ammortizzati’ naturalmente dalla foresta, stiano piegando pericolosamente le resistenze. I cambiamenti registrati ultimamente nella portata dei fiumi e nelle precipitazioni potrebbero infatti rappresentare dei pericolosi indicatori d’allarme. Fino ad ora tutti gli studi avevano mostrato una grande ‘resilienza’, ovvero la capacita’ di mantenere l’equilibrio del sistema nonostante l’intervento esterno dell’uomo, alle deforestazioni massicce e agli incendi. La grande foresta mostrerebbe segni di ‘cedimento’ con modifiche nei cicli dell’energia e dell’acqua in particolare nelle aree sud e orientali. In cinquant’anni, dal 1960 al 2010, il numero di abitanti nella regione amazzonica e’ passato da 6 a 25 milioni e la superficie di foresta si e’ ridotta di circa l’80%. Nonostante alcuni passi in avanti nel tentativo di preservarla, il disboscamento e’ passato da 28.000 chilometri quadrati nel solo 2004 (una superficie superiore della Lombardia) a meno di 7.000 chilometri quadrati nel 2011, tuttavia secondo gli esperti i progressi in questa direzione sono ancora molto limitati e fragili. La combinazione di cause naturali, piu’ o meno indotte dall’uomo su scala globale, come il riscaldamento globale e la siccita’ sempre piu’ frequene, con quelle strettamente ‘umane’, come deforestazione, inquinamento e incendi, stanno alterando in maniera preoccupante gli equilibri dell’Amazzonia. Il polmone verde della Terra e’ infatti in grado di resistere ai singoli disturbi, ma non alla combinazione di tutti. I piccoli progressi registrati fanno ben sperare i firmatari dello studio, che concludono affermando che i progressi ottenuti sviluppando programmi in grado di analizzare nel lungo periodo i cambiamenti in atto hanno anche permesso di comprenderne le cause prime; solo la capacita’ di dialogo e azioni combinate tra ricerca, politica, aziende e popolazione – dicono gli esperti – potra’ portare a azioni veramente incisive.