Gli speleosub che hanno operato all’interno della nave Concordia, si sono trovati di fronte a divani, scarpe, moquette, vetri. “Siamo entrati nella parte centrale della nave – hanno spiegato Antonino Pireddo e Roberto Carminucci, del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico – ma dovevamo procedere a tentoni, perch‚ la visibilità era praticamente uguale a zero, non si vedevano le nostre mani”. Tra i 18 speleosub c’è anche una donna, Dolores Porcu Fois, di Cagliari, classe ’67, da 15 anni esperta speleosub. “La nostra specializzazione è quella di alto fondalisti, siamo tra i pochi del Corpo che possono andare oltre i 40 metri, io – ha detto la speleologa – sono abilitata a scendere fino a 60 metri. La visibilità all’interno della nave è ridottissima, bisogna schivare suppellettili di ogni tipo e molti vetri anche nelle parti semisommerse. Le insidie sono ovunque. Tutto è in bilico”. Le grotte, secondo gli speleologi, o i relitti sono molto più stabili. Gli esperti di questa disciplina usano inoltre un sistema di erogazione dell’area che non produce bolle.