Una delle pietre miliari dell’astrofisica moderna è stata la scoperta, alla fine del 1960, delle pulsar delle Vele e del Granchio. Queste fonti pulsanti sono state le prime del loro genere ad essere rilevate entro i resti di esplosioni di supernova. Fornendo la prima prova di un nesso causale con la morte di stelle massicce, queste osservazioni hanno chiarito la natura della pulsar, ossia di stelle di neutroni fortemente magnetizzate e in rapida rotazione. Come tutte le pulsar alimentate dalla propria rotazione, la pulsar delle Vele rilascia gradualmente la sua energia cinetica di rotazione attraverso un vento costante di elettroni e positroni ad alta energia. I venti delle pulsar creano nuove particelle cariche, che irradiano energia attraverso tutto lo spettro elettromagnetico e sono quindi osservabili in diverse bande. Durante la sua fase iniziale, la sua alta pressione si espande ad alta velocità nell’ambiente più denso, che consiste di materiale espulso dalla supernova che ha creato la pulsar e il materiale spazzato dal mezzo interstellare circostante. Questa struttura, nota come resto di supernova (SNR), a sua volta si espande nel mezzo interstellare diffuso. Ad una distanza di circa 900 anni luce, è uno degli oggetti più vicini nel suo genere e offre pertanto l’opportunità per indagini dettagliate. E’ stato ampiamente studiato a raggi X e raggi gamma, così come in onde radio. Un recente studio condotto da Fabio Mattana dal Laboratoire APC – AstroParticule et cosmologie, di Parigi, in Francia, ha utilizzato i dati dalla missione INTEGRAL dell’ESA per l’immagine a raggi X tra 18 e 40 keV. Lo studio apre così una nuova finestra spettrale su questi oggetti intriganti. Lo studio ha utilizzato dati della imager IBIS, a bordo di INTEGRAL, a cui è stata applicata una speciale tecnica di analisi dei dati sviluppata nel 2006 per sfruttare ulteriormente le potenzialità dello strumento. Questo metodo è adatto anche per l’osservazione delle sorgenti estese e la caratterizzazione della loro morfologia. Lo studio pinoltre resenta la prima immagine INTEGRALE di emissione estesa attorno alla pulsar Vela in questo intervallo di energia. Con una dimensione angolare di circa 50 minuti d’arco per lato, è la fonte individuale più estesa osservata a raggi X. E ‘anche la prima volta che l’applicazione di questa tecnica di imaging ha permesso un esame approfondito della morfologia della sorgente. IBIS non produce immagini direttamente, ma tramite un algoritmo di ricostruzione. Questo metodo tiene conto della funzione di diffusione su tutto il campo visivo, al fine di ridimensionare correttamente il flusso delle immagini. Una corretta immagine della sorgente sulla sua intera estensione angolare è poi successivamente realizzato. Il metodo è stato sviluppato da Matthieu Renaud (attualmente al Laboratoire Univers et particules de Montpellier, Francia) e dai suoi collaboratori, ed è descritto nella pubblicazione di M. Renaud, et al. (2006).