La maggior parte delle stelle tendono ad aumentare la propria luminosità man mano che invecchiano. Ciò è dovuto al fatto che i loro nuclei diventano più densi, e quindi più caldi. Supponendo però che il nostro Sole abbia avuto lo stesso andamento, si può stimare che circa 4,5 miliardi di anni fa fosse il 30% più debole rispetto ai giorni attuali. “Questa teoria però rappresenta un paradosso, in quanto le temperature sulla Terra e su Marte sarebbero state troppo fredde per ospitare acqua allo stato liquido”, spiega Steinn Sigurdsson della Penn State University. Studi nelle antiche rocce suggeriscono che la Terra ospitava oceani già 4,4 miliardi di anni fa, e su Marte i modelli ci dicono che il pianeta in quell’era remota era molto più caldo e umido di quanto non lo sia ora. Ma allora, come si spiega questo paradosso? Gli scienziati negli ultimi 25 anni anni hanno studiato la curva standard dell’evoluzione solare, e affermano che probabilmente con un pizzico di massa iniziale in più, sarebbe stato abbastanza brillante da risolvere l’arcano. Il problema però sta nel fatto che la nostra stella avrebbe dovuto avere un vento solare estremamente elevato per poter soffiare via la massa in eccesso e tornare al suo peso normale. Sigurdsson e i suoi colleghi stanno affrontando questo problema. Con i finanziamenti dell’Astrobiology Institute della NASA, utilizzeranno modelli computerizzati che insieme ai dati più recenti, potranno confrontare diversi scenari. In questi giorni l’ipotesi del Sole più massiccio in passato non sta ottenendo molta attenzione. Ma Renu Malhotra del Lunar Planetary Lab presso l’Arizona State University, che non è coinvolto nel progetto, afferma che si tratta però di un’ipotesi plausibile, anche se non ha trovato il favore della comunità tradizionale della scienza del clima.
L’approccio più diffuso è quello di cercare un aumento delle temperature con l’effetto serra, quindi da cause terrestri più che astronomiche. Quando Carl Sagan e George Mullen hanno identificato questo paradosso nel 1972, hanno proposto di risolverlo con l’ammoniaca, un potente gas serra intrappolato, secondo la loro ipotesi, nell’atmosfera primitiva della Terra. Ma successivamente è stato dimostrato che la luce ultravioletta proveniente dal Sole avrebbe rapidamente distrutto questo gas. La maggior parte dell’attenzione attuale dei modelli che riproducono l’ambiente primordiale, è basata sulle grandi quantità di biossido di carbonio presenti in quell’era (fino a 100 volte i livelli attuali). Anche se si riuscisse a simulare una quantità di biossido di carbonio tale da risolvere il mistero, non è plausibile che anche questo possa essere accaduto su Marte. Vista la distanza del pianeta rosso dal Sole, avrebbe dovuto avere un effetto serra di grandi dimensioni per ospitare acqua allo stato liquido. La quantità di anidride carbonica necessaria affinchè questo possa avvenire è così enorme, che le nubi di CO2 tenderebbero a riflettere il calore più che intrappolarlo. Queste spiegazioni lasciano quindi aperta la possibilità che il Sole potesse avere inizialmente una massa maggiore, pari al 2-5%. Con un dato inferiore la Terra non sarebbe stata scaldata a sufficienza e lo stesso Sole si evolverebbe in una stella diversa da quella che oggi sappiamo essere. La squadra di Sigurdsson sta esplorando questo intervallo di massa utilizzando un nuovo modello sull’evoluzione stellare chiamato MESA, più sofisticato rispetto ai precedenti. Oltre alla massa, i ricercatori possono modificare altri parametri, come la concentrazione relativa degli elementi. Se il vento solare fosse rimasto costante per tutta la vita del Sole, la nostra stella avrebbe perso soltanto lo 0,05% della sua massa.
Molti scienziati ritengono che il vento solare sia stato più forte in passato, ma quanto più forte è discutibile. Nonostante la comunità scientifica dica che servirebbe una velocità pari a 1000 volte quella attuale, e che quindi questa ipotesi non è plausibile, i ricercatori non si arrendono, e sperano di ottenere dati sempre più precisi per avere un quadro generale più completo. Oltretutto le stelle come il nostro Sole, di media grandezza, sembrano non avere mai un vento stellare troppo intenso, anche nelle prime fasi di vita. Non è però semplicissimo avere una conferma in merito, in quanto le stelle di queste dimensioni perdono la propria massa molto velocemente, e quindi non è semplice trovarle nel momento giusto. Se la nostra stella ha perso la sua massa in maniera significativa nelle sue prime fasi di vita, però, è possibile che si possano trovare delle prove nel nostro sistema solare. Alcune meteoriti ad esempio, sembrano presentare dei danni dovuti proprio ad un vento solare più evidente, anche se non è chiaro di che entità. Nel 2007 Malhotra e David Minton, della Purdue university, hanno osservato le dinamiche orbitali del sistema solare per verificare se potessero esserci le firme di un Sole giovane più grande. I pianeti in questo caso avrebbero avuto delle orbite più strette a causa della gravità, ma la differenza riscontrata è stata troppo piccola. Secondo questi ricercatori tuttavia, un segno potrebbe essere quello delle orbite dei satelliti irregolari, come Phoebe e Himalia, che presentano orbite inclinate. Non ci sono certezze quindi né da una parte, né dall’altra. Servirà più tempo e ulteriori studi per risolvere questo quesito in merito alla nostra stella e al sistema solare. La partita quindi è ancora aperta.