Quando immaginiamo un’estinzione di massa siamo portati a credere ad un evento catastrofico improvviso che non lasci scampo nel corso di poche ore. In realtà un’indagine minuziosamente dettagliata mostra che le estinzioni di massa non devono necessariamente essere eventi improvvisi. Secondo un rapporto appena pubblicato, l’estinzione di massa più mortale di tutti i tempi ha impiegato molto tempo per uccidere il 90 per cento della vita marina terrestre e avrebbe causato l’estinzione totale soltanto a tappe. Thomas J. Algeo, professore di geologia presso l’Università di Cincinnati, ha lavorato con 13 co-autori per produrre un’immagine ad alta risoluzione dell’isola di Ellesmere, nel Canada Artico, risalente al Permiano-Triassico. L’analisi, pubblicata il 3 febbraio nel Geological Society of America Bulletin, prevede una forte evidenza che l’estinzione di massa più grande della Terra è avvenuta gradualmente nel corso di centinaia di migliaia di anni. Circa 252 milioni anni fa, alla fine del periodo Permiano, la Terra è diventato quasi un pianeta senza vita. Circa il 90 per cento di tutte le specie viventi scomparse. Algeo e colleghi hanno trascorso gran parte dello scorso decennio studiando le prove chimiche sepolte nelle rocce che si formarono durante questa importante estinzione. Ciò che è venuto alla luce, è una mondo orribile, devastato, spoglio di vegetazione e segnato dall’erosione di rovesci di pioggia acida. Ed inoltre sarebbero saltati all’occhio enormi zone morte negli oceani e un riscaldamento prodotto da un fortissimo effetto serra con temeprature molto elevate. L’evidenza che Algeo e i suoi colleghi stanno guardando, punta a violenti eventi vulcanici in Siberia. Una gran parte della Siberia occidentale rivela depositi vulcanici fino a cinque chilometri di spessore, su una superficie equivalente a quella degli Stati Uniti continentali. E la lava scorreva dove potrebbe maggiormente mettere in pericolo la vita, attraverso un deposito di carbone di grandi dimensioni. “L’eruzione avrebbe rilasciato un sacco di metano bruciato attraverso il carbone”, ha detto il ricercatore. “Il metano è 30 volte più efficace come gas serra rispetto all’anidride carbonica. Non sappiamo quanto tempo possa essere durato l’effetto serra così pronunciato, ma sembra che possa aver interessato il pianeta per centinaia di migliaia di anni“.
Molte prove potrebbero essere trovate in mare, e sono proprio quelle che gli scienziati cercano. Indagini precedenti si sono concentrate sui depositi creati da un oceano ormai scomparso conosciuto come Tethys, una sorta di precursore per l’Oceano Indiano. Tali depositi, nel sud della Cina in particolare, registrano una improvvisa estinzione alla fine del Permiano. “In depositi marini poco profondi, l’ultima estinzione di massa del Permiano risulta generalmente brusca“, ha detto Algeo. “In base a queste osservazioni, è stato ampiamente dedotto che l’estinzione è stato un evento globalmente sincrono“. Recenti studi però stanno iniziando a contestare tale punto di vista. Algeo e i suoi co-autori hanno focalizzato gli studi su strati di roccia sull’isola di Ellesmere, nel Canada Artico. Tale posizione, alla fine del Permiano, sarebbe stata molto più vicina ai vulcani siberiani rispetto ai siti nel sud della Cina. Gli strati di rocce sedimentarie canadesi risultano essere di 24 metri di spessore e attraversano il confinte tra Permiano e Triassico. I ricercatori hanno osservato come il tipo di roccia sia cambiata dal basso verso l’alto della sezione. Hanno guardato inoltre la chimica delle rocce e osservato i fossili contenuti nelle stesse. Hanno scoperto una totale moria di spugne silicee circa 100.000 anni prima che l’evento di estinzione fu registrato nei siti di Tethyan. Indizi chimici confermano che la vita sulla terra era in crisi. Ciò che sembra essere accaduto, secondo Algeo e i suoi colleghi, è che gli effetti dell’attività vulcanica siberiana, come gas tossici e cenere, siano stati limitati alle latitudini settentrionali. Solo dopo che le eruzioni erano in pieno svolgimento hanno procurato vistosi effetti sino alle latitudini tropicali dell’Oceano Tetide.