Sabbie bituminose, Italia contro proposta ambientalista

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Il governo Monti comincia a perdere colpi sul fronte dell’ambiente: a Bruxelles, oggi, durante il voto in un comitato tecnico Ue, il rappresentante italiano si è schierato contro una proposta della Commissione europea, sostenuta dalle organizzazioni ambientaliste e osteggiata da una fortissima lobby del Canada e delle società petrolifere, che fissa dei criteri di qualità per i carburanti fossili, favorendo l’arrivo sul mercato Ue solo di quelli meno ‘carbon intensive’, ossia con le minori emissioni di carbonio. L’Italia ha votato contro insieme a Spagna, Polonia, Bulgaria, Ungheria, Repubblica ceca, Estonia, Lituania (128 voti); a favore si sono espressi invece Austria, Grecia, Romania, Slovenia, Svezia, Finlandia, Lussemburgo, Malta, Lettonia, Danimarca, Irlanda e Slovacchia (89 voti). Belgio, Germania, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Portogallo e Cipro (128 voti) si sono astenuti. Non essendo stata raggiunta la maggioranza qualificata (255 voti) né a favore, né contro, la proposta passa ora dal comitato tecnico al Consiglio Ue, dove sarà probabilmente votata dei ministri dell’Ambiente a giugno. Secondo le regole della cosiddetta ‘comitologia’, applicate in questo caso, se neanche in Consiglio si raggiunge la maggioranza qualificata favorevole o contraria, la proposta può essere adottata dalla direttamente dalla Commissione. Ed è quello che probabilmente succederà, a meno che i paesi astensionisti non riescano a convincere l’Esecutivo Ue ad accettare degli emendamenti, o che i canadesi e le lobby del petrolio non riescano a convincere a votare ‘no’ un numero di Stati membri sufficiente per arrivare alla maggioranza qualificata.

La proposta mira ad assegnare alle sabbie bituminose un’intensità di carbonio di 107 grammi per megajoule di carburante, contro gli 87,5 grammi attribuiti ai carburanti fossili ‘convenzionali’. Questa diversità di trattamento (applicata anche al gas scisto) è dovuta alla considerazione che l’estrazione e la raffinazione di carburante dalle sabbie bituminose causa il 23% di emissioni di CO2 in più rispetto agli altri combustibili fossili, per via del maggiore dispendio di energia necessario al processo. La conseguenza di questa differenziazione, temono il Canada e le lobby interessate, sarà che nei prossimi anni il mercato europeo preferirà gli altri tipi di carburante fossile (per l’autotrazione e per le centrali elettriche), snobbando il combustibile estratto dalle sabbie bituminose che avrebbe altrimenti un radioso futuro. Questo perché le norme Ue contro il cambiamento climatico impongono ai produttori e distributori di realizzare una riduzione del 6% delle emissioni di carbonio di tutti i carburanti entro il 2020, rispetto al 2010. Nelle scorse settimane il Canada, che con il pieno sfruttamento delle sue sabbie bituminose in Alberta (170 miliardi di barili) sarebbe potenzialmente il terzo produttore di petrolio mondiale dietro all’Arabia Saudita e al Venezuela, ha scatenato contro la proposta della Commissione un lobby “forsennata” (secondo la definizione delle Ong ambientaliste) sull’Ue e sugli Stati membri. Per Ottawa, si tratta in realtà di un tentativo di Bruxelles di discriminare commercialmente e in definitiva mettere al bando le importazioni del proprio carburante estratto dalle sabbie bituminose. I canadesi – spalleggiati da compagnie petrolifere euopee come Shell, BP, Total and Statoil che hanno già effettuato ingenti investimenti nello sviluppo di questo combustibile fossile non covnenzionale – hanno persino minacciato di scatenare una guerra commerciale con l’Ue, ricorrendo alla Wto. La commissaria europea al Clima, Connie Hedegaard, si è detta “lieta che la proposta non sia stata bloccata”, come aveva temuto “visto il volume di attività delle lobby contrarie”, e ha detto di sperare che “i ministri dell’Ue comprenderanno che si deve tenere conto delle emissioni più alte dei carburanti fossili non convenzionali mediante l’uso di diversi parametri”, sull’intensità di carbonio. Per Franziska Achterberg, dell’Ufficio europeo di Greenpeace, “è evidente che questi sono i carburanti più ‘sporco’ del mondo, e ancora più evidente è la decisione che devono prendere i ministri dell’Ue: resistere alle lobby dell’industria petrolifera e metterli al bando in Europa”.

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