Un vento stellare responsabile dei raggi gamma della nebulosa del Granchio

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Credit: David A. Aguilar / NASA / ESA

Il centro della nebulosa del Granchio è teatro da sempre di un famoso enigma astronomico, dal momento che gli astronomi non riescono a spiegare la provenienza degli intensi raggi gamma osservati. Un nuovo studio suggerisce che queste emissioni ad alta energia non provengono dalla pulsar posta al centro della nebulosa, ma piuttosto dalle raffiche prodotte dal vento che si viene a creare nei pressi della pulsar stessa. La nebulosa del Granchio è uno degli oggetti più studiati dello spazio. E’ il relitto di una violenta esplosione stellare, chiamata supernova. La stella morente era situata a 6.500 anni luce dalla Terra nella costellazione del Toro. La luce di questa esplosione è stata notata e registrata nel corso dell’anno 1054 dagli astronomi cinesi e arabi, e dai nativi americani, come i Mimbres e gli Anasazi. Al centro della nebulosa come detto, risiede una pulsar, ossia i resti del nucleo della stella originale che è crollata su sé stessa in una super densa stella rotante di neutroni. Questa pulsar, che è così densa che ha una massa superiore al sole, gira 30 volte al secondo. Dall’interno la pulsar del Granchio emette un fascio continuo di radiazioni che le spazia intorno, simile a un faro. Quando i fasci di raggi gamma sono stati rilevati su livelli di energia superiori rispetto alle previsioni, gli scienziati hanno pensato inizialmente che queste provenissero proprio dalla pulsar, in quanto la radiazione sembrava anche pulsare. Ma tracciando il percorso dell’energia, Aharonian e i suoi colleghi, hanno capito che i raggi gamma vengono prodotti invece da un vento che ha origine nei pressi della pulsar. Per quasi 40 anni gli astronomi e i fisici hanno ipotizzato l’esistenza di questo elettrone-positrone del vento in base alle proprietà della pulsar e della nebulosa, ma il vento non è mai stato direttamente rilevato. Questo vento trasporta l’energia, agendo come una sorta di ponte tra la nebulosa e la pulsar. A dire la verità questo vento non è ancora stato osservato direttamente, ma gli scienziati ipotizzano che sia la soluzione ai misteri sino ad ora non risolti.

Credit: X-ray: NASA/CXC/ASU/J. Hester et al.; Optical: NASA/HST/ASU/J. Hester et al.; Radio: NRAO/AUI/NSF

Come il vento scorre dalla stella di neutroni, le particelle interagiscono con i fotoni, creando questo effetto. Ricordiamo che i fotoni sono l’unità più piccola e fondamentale della luce. “I fotoni sono dappertutto, ma la densità non è sufficiente a produrre raggi gamma osservabili e rilevabili“, ha detto Aharonian. I ricercatori hanno studiato il comportamento del vento lungo il suo percorso e hanno osservato che è dominato dall’energia elettromagnetica all’inizio, e dall’energia cinetica non appena si allontana dalla pulsar. “Quando questa conversione avviene, il vento viene accelerato fino ad energie molto più elevate“, dice lo scienziato. Gli scienziati sono stati anche in grado di restringere la probabile zona in cui viene convertita l’energia. “Il vento non può essere molto vicino alla pulsar, altrimenti le emissioni di raggi gamma sarebbero più elevate“, ha detto Aharonian. “Ma allo stesso tempo non può essere molto lontano, perché i fotoni sarebbero offuscati con la distanza. Quindi ci deve essere un luogo intermedio“. I ricercatori hanno calcolato una ristretta zona dove il vento probabilmente subisce un’accelerazione, ed i futuri studi saranno necessari per caratterizzare meglio il comportamento del vento e la conseguente energia dei raggi gamma. “Se sappiamo che la radiazione viene da questo vento, e sappiamo inoltre dove il vento è prodotto, le teorie future dovrebbero spiegare perché il vento subisca un’accelerazione e dove questo avviene“, ha detto Aharonian. I risultati dettagliati dello studio sono stati pubblicati ieri, 15 Febbraio, sulla rivista Nature.

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