Alluvione nelle Marche, richiesta di archiviazione dell’inchiesta: insorgono i familigari, “così ci uccidono per la seconda volta”

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”Valentina e Giuseppe sono stati uccisi per la seconda volta: la prima volta dalle acque del fiume, la seconda dal diniego di giustizia”. In un messaggio diffuso attraverso l’avv. Maria Antonietta Spalluti, i familiari di Giuseppe Santacroce, l’operaio pugliese di 51 anni travolto e ucciso il 2 marzo 2011, insieme alla figlia della sua nuova compagna, dalla piena del fiume Ete e Casette d’Ete (Fermo), annunciano che si opporranno ”con tutti i mezzi forniti dalla legge alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta”. Subito dopo il disastro, il pm di Fermo Luigi Ortenzi aveva aperto un fascicolo di indagine a carico di ignoti per i reati di disastro e omicidio colposo. Ma il 2 marzo scorso, ad un anno esatto dalla scomparsa di Giuseppe e Valentina Alleri, 20 anni appena compiuti, il magistrato ha chiesto al gip di archiviare l’inchiesta, perche’ non vi sono responsabilita’ di terzi. ”Il fattore causale determinante – sostiene il pm – e’ stato l’evento naturale di carattere eccezionale e del tutto imprevedibile”, cioe’ il fiume di acqua e melma che travolse la Bmw su cui Giuseppe e Valentina stavano andando al lavoro, in una fabbrica di suole a Civitanova Marche, insieme alla madre della ragazza, Salvina Granata, che riusci’ a gettarsi fuori dall’auto e a salvarsi. ”La natura non e’ mai di per se’ ‘assassina’ – scrivono la madre di Giuseppe, Maria Ciciriello, il fratello Pasquale, la sorella Antonietta e la moglie separata Palma Vitale – ma e’ sempre la mano dell’uomo che la fa diventare tale”. ”Ci rifiutiamo di pensare che nella morte di Giuseppe e Valentina non ci sia ‘anche’ la mano degli uomini, che avrebbero potuto fare qualcosa per evitare la tragedia e non l’hanno fatto: una transenna messa anche soltanto dieci minuti prima avrebbe potuto salvare loro la vita!”. ”Fiduciosi nella ‘giustizia’ degli uomini (quella di Dio segue un’altra strada!), l’unica consolazione – concludono i parenti di Santacroce, che vivono in Puglia – e’ che la morte di Giuseppe e Valentina possa essere di monito e servire ad evitare che altre vite innocenti, di persone costrette a recarsi al lavoro alle 5 di mattina, anche con la pioggia torrenziale, vengano strappate via ai loro affetti”. ”Nulla potra’ lenire il dolore dei familiari – commenta l’avv. Spalluti, del foro di Brindisi -, ma la punizione dei colpevoli potrebbe almeno soddisfare il loro bisogno di giustizia”.

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