Il Vesuvio: storia e classificazione del più famoso vulcano del mondo

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L'inconfondibile sagoma del Vesuvio

Il Vesuvio è l’unico vulcano attivo dell’Europa continentale, e ha prodotto alcune delle più grandi eruzioni vulcaniche del continente. Situato sulla costa occidentale d’Italia, nella regione Campania, si affaccia sulla baia e sulla città di Napoli e si trova nel cratere dell’antico vulcano Somma, a 1281 metri s.l.m. Il Vesuvio è famoso per l’eruzione del 79 d.C. che distrusse le città di Pompei ed Ercolano. Anche se l’ultima eruzione del vulcano risale al 1944, rappresenta ancora un grande pericolo per le città che lo circondano, in particolare la metropoli di Napoli. Il Vesuvio è parte dell’arco vulcanico campano, una linea di vulcani che si sono formati su una zona di subduzione creata dalla convergenza delle placche africana ed eurasiatica. Questa zona di subduzione si estende per la lunghezza della penisola italiana, ed è anche la fonte di altri vulcani come l’Etna, i Campi Flegrei, Vulcano e lo Stromboli. Le rocce vesuviane sono chimicamente differenti dalle altre rocce eruttate da altri vulcani campani. Il Vesuvio ha vissuto otto grandi eruzioni negli ultimi 17.000 anni. L’eruzione del 79 dC è una delle più antiche eruzioni ben note in tutto il mondo, e potrebbe aver ucciso più di 16.000 persone. Come detto questa grande eruzione seppellì le città di Pompei ed Ercolano. A partire dal 1631, il vulcano entrò in un periodo di costante attività vulcanica, compresi i flussi di lava e le eruzioni di cenere e fango. Alla fine del 1700, del 1800 e i primi del 1900, seguirono violente eruzioni, colate di lava e di cenere ed esplosioni di gas. Esse distrussero varie città circostanti intorno al vulcano e a volte causò anche dei decessi. Quella del 1906 ad esempio uccise oltre 100 persone.

Eruzione del Vesuvio nel 1944 Credit: Southern Methodist University CUL Digital Collections.

L’ERUZIONE DEL 1944 – Il 18 Marzo del 1944, durante l’occupazione delle truppe alleate, iniziò l’ultima eruzione del Vesuvio, che concluse un periodo di attività cominciato nel 1914, durante il quale si erano verificate soltanto modeste eruzioni dal cratere centrale. Tra il 1914 e il 1944, le lave e le scorie prodotte dal vulcano avevano riempito il cratere, largo 720 metri e profondo 600 metri, che si era formato durante la precedente eruzione del 1906. Un conetto di scorie emergeva dal cratere. Tra il 13 e il 17 Marzo il conetto di scorie cominciava a franare e l’attività sismica diviene più intensa. Si forma e subito collassa un nuovo cono di scorie. Il 18 Marzo l’eruzione inizia nel pomeriggio con lanci di scorie. Alle 16:30 una colata di lava tracima dalla parte settentrionale del cratere sommitale e raggiunge la Valle dell’Inferno alle 22:30. Quasi contemporaneamente, un’altra colata trabocca dalla parte meridionale del cratere. Alle 23 si ha anche una fuoriuscita di lava dalla parte occidentale del cratere: la colata costeggia il binario della funicolare e interrompe la ferrovia. Il 19 Marzo alle 11, la lava si riversa lungo il fosso della Vetrana. Il 20 Marzo tra il pomeriggio e la notte, nuove colate tracimano dalla parte settentrionale del cratere. L’attività effusiva è accompagnata da tremore sismico con ampiezza crescente fino a metà della giornata. Nella giornata del 21 Marzo la colata meridionale si arresra ad una quota di circa 300 metri sul livello del mare. Nella notte, la colata settentrionale raggiunge S.Sebastiano e Massa di Somma e si divide in due rami che avanzano in direzione di Cercola, da cui in serata distano circa 1.5 Km. S.Sebastino e Massa di Somma vengono evacuati e i 10.000 abitanti trasferiti a Portici.  Intorno alle 17, iniziano a formarsi spettacolari fontane di lava, l’ultima delle quali dura circa 5 ore e raggiunge un’altezza di quasi 1000 metri. Brandelli di lava e ceneri spostati dai venti in quota si depositano nelle aree sud-orientali del vulcano, tra Angri e Pagani. I frammenti più piccoli raggiungono distanze di oltre 200 Km verso S/E. Scorie fino ad 1 Kg di peso raggiungono l’abitato di Poggiomarino, a circa 11 Km dal cratere.

Il Vesuvio durante l'eruzione del 1944.

Grandi quantità di scorie ancora calde si accumulano sui fianchi del Gran Cono e formano valanghe incandescenti che raggiungono la base del Gran Cono. Continua il tremore sismico, con massimi di ampiezza in coincidenza con l’emissione delle fontane di lava. Il 22 Marzo verso le 13 l’eruzione raggiunge la massima intensità. Una colonna di gas e cenere sale fino ad un’altezza di 6 Km. La parte alta della colonna viene spinta dal vento verso S/E, cenere e scorie cadono sui versanti sud-orientali del vulcano. Parziali collassi della colonna eruttiva formano piccoli flussi piroclastici che scorrono lungo i fianchi del cono. Un intenso tremore sismico accompagna tutta questa fase, durante la quale il cratere si allarga progressivamente. Il 23 Marzo una serie di esplosioni sono causate dall’ingresso di acqua nel condotto vulcanico, e si verificano sciami di terremoti. Le esplosioni generano colonne di cenere, che vengono spinte dal vento verso S/O, e piccoli flussi piroclastici scorrono lungo i fianchi del cono. Il 29 Marzo infine l’eruzione termina. La morfologìa dell’area sommitale del cono risulta profondamente modificata con una nuova grande depressione craterica, la stessa visibile oggi. L’eruzione del 1944, benchè di energìa moderata, causò la morte di alcune decine di persone per il crollo di tetti e determinò gravi danni a San Sebastiano e Massa di Somma. L’eruzione del 79 d.C. viene definita dai vulcanologi di tipo “Pliniano”, termine utilizzato per le grandi eruzioni vulcaniche. Plinio il Giovane, uno storico romano che ha visto l’eruzione del 79 d.C., ha scritto la più antica descrizione di un simile evento. I vulcanologi moderni usano il termine per descrivere il grande volume e le violente eruzioni che producono questo genere di esplosioni, dove cenere e gas si innalzano a molti chilometri in atmosfera. Alcuni esempi più recenti di eruzioni pliniane sono del Mount St. Helens nel 1980 e del Pinatubo nel 1990.

Credti: MeteoWeb

L’OSSERVATORIO VESUVIANO – L’Osservatorio Vesuviano, sezione d’eccellenza dell’Ingv, ha oggi nel quartiere Napoletano di Fuorigrotta la sua principale sede operativa: un grande e moderno palazzo di vetro all’interno del quale si svolgono tutte le attività di monitoraggio, ricerca e studio dei fenomeni geologici, vulcanici e molto altro legati non solo al Vesuvio, ma anche a Ischia, ai Campi Flegrei, allo Stromboli e ai vulcani in genere. L’Osservatorio Vesuviano, però, nacque nel lontano 1841, fondato dal dal re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone: è il più antico osservatorio vulcanologico del mondo! Ovviamente non era posizionato anche allora a Fuorigrotta, ma fu costruito proprio sul Vesuvio, lungo il suo versante orientale, affacciato direttamente sul Golfo di Napoli e di preciso sulla Collina dei Canteroni, chiamata anche “del Salvatore” a 600 metri di altitudine: uno dei pochi luoghi sicuri del vulcano, tanto che in 170 anni di storia non è mai stato in pericolo nonostante le tante eruzioni, di cui alcune anche intense e devastanti. Oggi la sede originaria dell’Osservatorio Vesuviano è un vero e proprio Museo, e continua ad essere meta di studiosi, curiosi, turisti e visitatori. La nuova sede di Fuorigrotta è stata realizzata intorno al 1970, e da quel giorno l’Osservatorio vero e proprio ha perso la sua principale funzione scientifica, di studio e ricerca, anche perchè la struttura era diventata troppo piccola per ospitare i dipendenti e le strutture essenziali per portare avanti un’attività di grande eccellenza mondiale. Da quel giorno, la sede storica è diventata naturalmente il luogo destinato alla conservazione delle preziose collezioni mineralogiche, strumentali e artistiche, oltre che di una ricca biblioteca storica.

Credit: MeteoWeb

Questo Museo è oggi quotidianamente aperto al pubblico, con visite guidate completamente gratuite, molto dettagliate e appassionanti: esperti dell’Ingv spiegano la storia e la struttura del vulcano, raccontandone gli aneddoti e proiettando i visitatori negli scenari futuri con tutte le possibili eruzioni, illustrando il piano di emergenza per affrontare la situazione vesuviana nel giorno in cui il vulcano si risveglierà dopo la quiescenza attuale, che dura da 77 anni. Inoltre nell’Osservatorio-Museo è presente una mostra permanente che conduce il visitatore attraverso un affascinante percorso nel mondo dei vulcani. Si parte dalla descrizione dei vari tipi di eruzioni e della loro pericolosità, per giungere all’osservazione in tempo reale dei dati sismici e geochimici registrati dalla rete di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano. Tutto ciò con l’ausilio di filmati, illustrazioni, collezioni di rocce e minerali, strumenti storici, libri e dipinti. Il Museo ospita antichi strumenti scientifici, utilizzati da scienziati e ricercatori nel corso dei secoli, alcuni dei quali sono di eccezionale importanza storica, come il sismografo di Luigi Palmieri. Una parte di questi strumenti è esposta nelle sale Mercalli e Wiechert della Mostra. Una visita alla sede storica dell’Osservatorio dovrebbe, a nostro avviso, essere prevista per legge nei confronti di tutti gli abitanti dell’area vesuviana, quelli cioè che potrebbero essere direttamente interessati a un’eventuale eruzione. Dopotutto gli appassionati di tutt’Italia e di tutto il mondo, le scuole, le associazioni e gruppi di turisti non possono lasciarsi sfuggire l’occasione – unica e imperdibile – di arricchirsi culturalmente e scientificamente, ma anche storicamente e socialmente. Visitare il Museo Vesuviano significa poter smentire tanti luoghi comuni in voga sul Vesuvio, prendere coscienza dei rischi reali e poter capire le possibili soluzioni, approfondire l’aspetto scientifico del vulcano che è il più suggestivo e affascinante, ripercorrendo una storia fatta da grandi uomini, naturalisti e scienziati che hanno aperto al mondo lo sviluppo della scienza moderna.

Intervista Esclusiva – Martini: “Il Vesuvio erutterà, ma lo sapremo con netto anticipo”

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