Tra le 6 e le 7 di ieri mattina, sabato 17 marzo 2012, nel cortile di in un condominio di via Vernicchi improvvisamente si è aperta una voragine che ha inghiottito un’auto in sosta senza danni per le persone.
Si tratta di una cavità che si è progressivamente ampliata in corrispondenza o nei pressi di un pozzo verticale di accesso ad una cavità presente nel sottosuolo e scavata nei decenni passati per ricavare il tufo con il quale sono stati costruiti gli edifici prima dell’introduzione del calcestruzzo armato.
Si ricorderà che l’11 agosto 2011 mentre un compattatore transitava per via Strettola Romani, sempre a Casalnuovo, improvvisamente si aprì una profonda voragine che lo inghiottì provocando la morte di un operatore.
Altri crolli recenti erano avvenuti a Frattaminore e Casamarciano senza vittime. Come è noto i crolli che sistematicamente avvengono nella pianura a nord di Napoli sono causati dal cedimento dei pozzi verticali che collegano la superficie con le varie centinaia di grotte artificiali scavate dall’uomo in passato nel sottosuolo per estrarre il tufo a profondità variabili da circa 15 a circa 30 metri.
Come evidenziato ripetutamente dallo scrivente i dissesti del sottosuolo rappresentano una delle cause diffuse di crolli di edifici e di sedi stradali del napoletano nelle aree, delimitate in rosso trasparente nella figura 1, frequentate da circa due milioni di abitanti, dove si rinvengono diffuse cavità artificiali che localmente possono rendere precaria la stabilità e la sicurezza dei manufatti e dei cittadini che transitano e operano sulla superficie del suolo.
Le cavità artificiali nella pianura a nord di Napoli sono state scavate negli strati di pomici e nel tufo per ridurre i costi della realizzazione degli edifici, fino alla metà del secolo scorso. A Napoli è stato estratto il Tufo Giallo Napoletano frutto di eruzioni di circa 15.000 anni fa mentre nella pianura a nord è stato estratto dal sottosuolo un tufo denominato Ignimbrite Campana formatasi circa 40.000 anni fa.
Gli edifici ubicati nei centri storici venivano costruiti prevalentemente attorno alla cavità in modo da garantirne la stabilità; i pozzi di accesso venivano, di solito, conservati all’interno dei cortili. Alcuni venivano chiusi tramite assi di legno e calce. L’abbandono della manutenzione delle grotte e la dispersione, volontaria o casuale, in esse di liquidi provenienti da tubazioni in aree private e pubbliche può dare luogo a cedimenti istantanei o progressivi.
Le parti più vulnerabili delle cavità nel tufo sono rappresentate dai pozzi verticali che raramente sono stati rivestiti con mattoni di tufo fino in superficie per cui i sedimenti sciolti granulari sono progressivamente interessati da piccoli crolli che causano l’ampliamento del condotto verticale nel tratto compreso tra la superficie del suolo e la sommità del banco tufaceo. I danni possono essere certamente prevenuti se si conosce il sottosuolo. Quest’ultimo lo si può conoscere se si investe nella sicurezza dei cittadini.
Presso il Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università Federico II è in corso una ricerca sulle cavità a nord di Napoli; i risultati originali finora sono stati conseguiti con gli studi svolti dalla laureanda Mariagrazia D’Ambrosio, nell’ambito della tesi di laurea coordinata dallo scrivente e dal Dott. Valerio Buonomo. Si coglie l’occasione del crollo di Casalnuovo per evidenziare alcuni significativi dati che sottolineano la gravità del problema troppo superficialmente trascurato.
Per costruire un muro portante in blocchi di tufo di 10m X 10m, largo 50cm, sono occorsi 50 mc di tufo prelevato nel sottosuolo. Per costruire un edificio di 100 mq, alto 10 m sono occorsi 250 mc di tufo; come esempio si può ritenere che nel sottosuolo sia stata ricavata una cavità lunga 10 m X 5 m di larghezza e 5 m di altezza e almeno due pozzi verticali e una rampa di discesa.
Per quanto riguarda via Vernicchi di Casalnuovo l’indagine preliminare ha evidenziato che nella carta topografica del 1936 comparivano 42 costruzioni; si può affermare, pertanto, che nel sottosuolo erano state realizzate circa 42 cavità dalle quali sono stati estratti almeno 10.500 mc di tufo. Sulla carta topografica del 1954 si contano circa 70 costruzioni in via Vernicchi. Vuol dire che tra il 1936 e il 1954 sono state realizzate 28 cavità dalle quali sono stati estratti almeno 7000 mc di tufo. L’analisi evidenzia che nel sottosuolo di via Vernicchi sono state realizzate complessivamente almeno 70 cavità dalle quali sono stati estratti intorno a 20.000 mc di tufo. Calcolando che via Vernicchi è lunga 500m e che gli edifici sono presenti sui due lati, possiamo correlare i vari edifici ad una costruzione a schiera complessivamente lunga 1000 m.
Complessivamente, dal sottosuolo sarebbero stati prelevati 20.000 mc di tufo, equivalenti a due cavità (sui lati della strada) lunghe 500m ciascuna, larghe mediamente 5m e alte mediamente 5 m. Lungo i 500 m di cavità ci possono essere circa 75-100 pozzi verticali piu’, almeno, 70 scale di accesso alle cavità. Come è noto alcuni edifici presenti nella carta topografica del 1954 sono stati abbattuti per realizzare nuovi edifici in calcestruzzo armato. Anche se i nuovi manufatti sono stati costruiti con fondazioni profonde che si sono attestate al di sotto delle cavità rimane il problema dei pozzi verticali che si possono trovare sotto ai cortili, giardini vialetti attorno agli edifici. Il crollo avvenuto ieri mattina rappresenta l’evidenza di quanto sia insidiosa la situazione attuale senza un monitoraggio delle cavità e dei pozzi e spesso senza il quadro della esatta loro ubicazione.
Il crollo improvviso di cavità sotterranee, purtroppo, si evidenzierà ancora in futuro per cui è necessario che i responsabili istituzionali promuovano l’elaborazione di un quadro delle conoscenze relative alle cavità partendo dai Comuni interessati.
E’ agevole pensare a quanti centri urbani costruiti fino al 1954 siano interessati dalle cavità di cui solo una minima parte è stata finora censita e solo una porzione molto trascurabile è oggi monitorata dai proprietari dei manufatti sovrastanti.
Come già evidenziato dallo scrivente si potrebbero anche innescare nuove attività di ricerca scientifica (come presso il Dipartimento diretto dallo scrivente) finalizzata e certamente non parassitaria che possa consentire di avere una approfondita conoscenza circa la stratificazione delle attività umane svolte finora sulla superficie del suolo e nel sottosuolo elaborando i dati conoscitivi che possiedono i Comuni e le altre Istituzioni competenti ed eseguendo nuovi studi miranti ad incrementare la sicurezza ambientale e dei cittadini.
Si tratterebbe di avviare, finalmente, una attività di Protezione Civile basata sulle più avanzate ricerche scientifiche e finalizzata alla prevenzione delle catastrofi che possa dare l’avvio ad interessanti e innovativi interventi tesi anche alla valorizzazione delle risorse ambientali del sottosuolo e delle fonti di energia rinnovabile non inquinante.