“Il terremoto – o signori – è senza dubbio uno spaventoso fenomeno! Al traballar improvviso del suolo che ci regge che, fra gli infiniti movimenti che ci avvolgono, solo riveste carattere di fermezza, perdiamo in un istante la nostra fiducia; un disinganno crudele ci sorprende minaccioso: ed udendo il misterioso, incomprensibile ed ignorato fragore del rombo, ne arguiamo lo spalancarsi del terreno. Cessata la scossa e superato il primo momento di sbigottimento, il timore ci assale per le successive repliche che si paventano, ed ogni più piccolo ed innocuo rumore ci fa trasalire […]La dolce ma irresistibile forza dell’attrazione, che allaccia con le sue catene magnetiche tutti i mondi facendo sì che ciascuno di essi resti sotto l’influenza costante della sua imperturbabile armonia, doveva col flusso e riflusso, offrirmi il filo conduttore che mi ha portato alla luce […] Mi posi all’opera più fiducioso che mai, convinto che questo terrificante fenomeno doveva pur avere la sua legge […] io dalle svariate e multiformi manifestazioni della natura appresi una verità che mi spronò e mi sorresse nell’ardua impresa […].La natura coi suoi profondi insegnamenti, mi additò che nulla, assolutamente nulla, avviene a caso nell’universo ma che tutti i fenomeni che osserviamo non rappresentano che le note isolate di una grandiosa melodia che riempie lo spazio dei suoi divini accordi. E questa armonia perenne, di cui Pitagora affermava di udire il ritmo grandioso, mi avvinse e mi colpì fin dalle prime osservazioni […]dopo anni ed anni di studi, di dubbi, di esperimenti, di prove riuscite […] raccogliendo tutte le forze della mente per puntarle verso le tenebre della natura per strappare loro un altro impenetrabile velo[…]fui finalmente abbagliato dalla indefettibile luce della verità […] I terremoti non erano altro che scricchiolii dell’impalcatura terrestre determinati dal variare della tensione gravitazionale esercitata dalle altre masse sul nostro pianeta […] Ed invece, come sempre accade per ogni cosa nuova, quando non vilipeso, fui deriso, compassionato e dai più benigni, ritenuto un semplice illuso […] ma la coscienza della lunga e costante fatica, il disinteressato sacrificio di una intera giovinezza tutta spesa nelle ricerche, si ribellarono a questo miscredente atto di incomprensione umana, a questo atroce, anticipato sarcasmo […] Molti pensano che nel campo della ricerca scientifica non sia possibile conseguire risultati apprezzabili senza l’ausilio di lauree o diplomi […] che una adeguata preparazione sia da considerarsi indispensabile, è pacifico, ma […] può essere patrimonio di chiunque purché sorretto da buona volontà […] perché la passione e l’entusiasmo per la ricerca costituiscono il più bel titolo di studio per chi voglia seriamente dedicarsi a questi studi e leggere nel grande libro della natura […]”
Queste le parole che raccontano meglio di ogni altra riflessione la figura di Raffaele Bendandi, orgoglio romagnolo, appassionato dei fenomeni della natura e studioso dei terremoti.
Bendandi oggi è conosciuto come “l’uomo che prevedeva i terremoti”, a causa di alcune presunte “profezie” circolate sul web legate a Roma l’11 maggio scorso, e più diffusamente all’Italia per i prossimi giorni, 5 e 6 aprile. In realtà Bendandi non ha mai previsto qualcosa di simile, ma di ciò parleremo in un altro approfondimento.
Adesso andiamo a scoprire chi è davvero quest’uomo che ha dedicato la sua vita alla scienza e che, purtroppo, ancora oggi non ha la considerazione che merita:
Raffaele Bendandi nacque a Faenza il 17 ottobre 1893 da una modesta famiglia di lavoratori: frequentò le scuole fino alle elementari, poi lavorò, per breve tempo, presso un orologiaio e successivamente imparò l’arte di intagliare il legno, arte che utilizzò per costruire giocattoli in legno tanto da farne il suo strumento di guadagno.
Autodidatta, desideroso di migliorarsi, giorno dopo giorno, arricchì la sua biblioteca di testi che ancora oggi testimoniano il grande lavoro da lui svolto e l’interesse ad ampio raggio non solo per le scienze ma per la conoscenza in genere.
Bendandi fondava la sua sismologia su un’ipotesi fondamentale: il terremoto è causato dallo sforzo attrattivo dei pianeti sulla terra, quando a questo si somma l’influsso gravitazionale della luna e del sole.
Oltre ai pianeti noti del sistema solare Bendandi giunse a stabilire in via deduttiva l’esistenza di altri quattro pianeti trans nettuniani che chiamò Rex, Dux, Roma, Italia e che poi visualizzò con il simbolo di I, II, III, IV nei suoi disegni sulle forze gravitazionali.
Già negli anni venti aveva allestito un Osservatorio “geodinamico” e costruiva sismografi, commercializzati soprattutto all’estero.
Bendandi inseguiva un sogno: riuscire a prevedere il verificarsi di quelle calamità naturali, spesso tragicamente disastrose, che sono i terremoti.
Allargò il campo delle sue ricerche a quello delle influenze cosmiche.
Trovò che il sole con le sue molteplici radiazioni è il regolatore supremo di tutta l’attività planetaria e rappresenta la causa determinante e regolatrice di ogni processo fisco, elettrico …
Esiste, secondo Bendandi, una influenza solare predominante sulla salute degli organismi umani ed una spiccata influenza sulle cellule cerebrali degli esseri deboli, dei tarati che, in concomitanza di crisi cosmiche, diventano oltremodo pericolosi.
Bendandi morì a Faenza il 1 novembre 1979, al n.17 di via Manara, una traversa di Corso Garibaldi, dove oggi sorge la ‘Casa Museo Raffaele Bendandi’. Siamo nel centro storico faentino ed è un bell’esempio di abitazione faentina “a schiera” otto-novecentesca.
Dall’esterno si possono notare sulla facciata due targhe in ceramica: una a testimonianza del lungo e faticoso lavoro della studioso sulla previsione dei terremoti e l’altra, opera di Goffredo Gaeta, segna nella storia il momento in cui l’Osservatorio sismologico faentino è entrato a fare parte degli Osservatori Storici Nazionali (SISMOS).
La casa è di proprietà del Comune di Faenza: l’Istituzione culturale “La Bendandiana” gestisce, in convenzione con il Comune, tutto il materiale lasciato dallo studioso, cura le visite e le relazioni con gli enti e con il pubblico, come da statuto.
Entrando nell’osservatorio, si trova sulla sinistra la biblioteca, il luogo sicuramente più caro a Bendandi con in mostra tutti i suoi libri, su alcuni dei quali probabilmente ha appreso i primi rudimenti della fisica.
Al centro un semplice tavolo da lavoro, sulla parete la finestra che dà sulla strada: rappresentava una barriera tra lui ed il mondo esterno, solo raramente permetteva al visitatore di entrare.
Negli scaffali oltre mille libri, bollettini di diversi Osservatori mondiali, raccolte di giornali e ritagli.
Procedendo si arriva nell’osservatorio vero e proprio, costituito da cinque sismografi, di cui quattro costruiti da Bendandi stesso. I sismografi hanno il “tamburo” affumicato con procedimento a nero fumo: su di esso il sismologo osservava le tracce lasciate dai pennini.
Lungo lo stretto corridoio si notano alle pareti pannelli che ricostruiscono i momenti più significativi del lavoro svolto in tanti anni di studio e di impegno: si arriva così alla camera – cucina dove lo studioso è vissuto dopo la morte della sorella Giovanna (dal 1968 fino al 1979): sono visibili oggetti di vita quotidiana, gli strumenti di lavoro, alcune testimonianze di stima ed affetto.
Da una porta finestra si accede al giardinetto interno dove si sente ancora il profumo dell’uva fragola: scendendo da una stretta scala si giunge nel seminterrato della casa, una tipica cantina con volta a botte in mattoni a vista: oltre alla serie di tabelloni alle pareti ed alle bacheche ordinate al centro della stanza, osserviamo sul soffitto uno stellario, unico nel suo genere dipinto nel 1986, con la tecnica delle vernici fluorescenti, dall’appassionato astrofilo Padre Lambertini.
Salendo dalla scala che guarda il giardino arriviamo all’aula magna dove, con numerosi exibit, si cerca di rendere più chiari i concetti sul terremoto e sulla prevenzione.
All’ultimo piano gli studi e l’archivio di tutto il materiale realizzato dal sismologo faentino.
La casa museo è aperta il primo mercoledì di ogni mese dalle 20,30 alle 22,30, nelle manifestazioni i cui programmi sono esposti nella bacheca dell’osservatorio, nel sito del museo e delle Case della Memoria, di cui la casa Museo Bendandi fa parte e su prenotazione.
“La Bendandiana” è una libera associazione, convenzionata con il Comune di Faenza, creata nel 1983 per onorare la memoria di Raffaele Bendandi. Lo statuto dell’associazione prevede:
- Collaborare con il Comune di Faenza e con ogni altro Ente interessato a tenere viva ed incrementare la tradizione scientifica faentina e le iniziative conseguenti
- Adottare iniziative per lo studio e la valorizzazione dell’opera di Raffaele Bendandi
- Supportare le ricerche degli studiosi in campo geofisico ed ogni altro avente attinenza con le ricerche bendandiane
- Collaborare al funzionamento degli Osservatori
- Organizzare ogni possibile iniziativa per interessare i giovani alla ricerca scientifica
- Svolgere ampia azione di proselitismo verso quanti dimostrino interesse alla materia