Gli oceani del mondo agiscono come un serbatoio naturale di anidride carbonica (CO2), e nel corso degli ultimi 200 anni hanno assorbito circa un terzo delle emissioni totali di origine antropica. Anche se questo assorbimento netto di CO2 oceanica potrebbe aver moderato la velocità del cambiamento climatico antropogenico, questo stesso assorbimento ha provocato cambiamenti rapidi e senza precedenti alla chimica dell’oceano, con la riduzione del pH delle acque superficiali e portando ad una serie di cambiamenti chimici noti collettivamente come acidificazione degli oceani. Le modifiche causate dall’aumento del gas serra sono ben comprese e calcolate con precisione, tuttavia gli effetti biologici diretti di acidificazione degli oceani sono meno certi. L’acidificazione degli oceani potrebbe influire sulla capacità degli organismi di produrre e mantenere materiale come l’aragonite o la calcite (minerali di carbonato di calcio strutturato da ioni carbonato), richiesto da molti organismi, dai molluschi per i coralli ad altri organismi microscopici alla base della catena alimentare. Entro i prossimi 100 anni quindi, secondo lo studio condotto dall’USGS in collaborazione con l’Ice Breaker US Coast Guard, sono probabili variazioni significative negli ecosistemi marini. Le acque superficiali fredde dell’Oceano Artico assorbono CO2 atmosferica più rapidamente rispetto alle acque più calde, portando ad una frazione sproporzionatamente più alta dell’assorbimento mondiale netto di CO2. Fino a poco tempo fa la copertura di ghiaccio perenne ha proibito un equilibrio significativo con l’atmosfera, creando uno strato polare misto che è stato sottosaturato rispetto alla CO2 atmosferica. Tuttavia, negli ultimi tre decenni, la fusione della copertura di ghiaccio nella stagione calda, ha permesso il verificarsi di un maggiore scambio di CO2 in queste acque fredde. Alcuni risultati recenti, indicano che in alcune aree dell’oceano, risultano sottosaturate rispetto ai minerali di carbonato, anticipando le simulazioni che prevedevano tale stato nel prossimo decennio. Queste aree localizzate comprendono l’arcipelago canadese e il Mare di Beaufort. L’incertezza dei modelli attuali per simulare le tendenze future dell’acidificazione degli oceani, in particolare nelle alte latitudini artiche, è dovuto ad una mancanza di risoluzione spaziale e temporale. L’USGS ha avviato un nuovo sforzo che si basa sui dati di base fondamentali, attualmente disponibili per l’Oceano Artico. I campioni sono stati raccolti da un sistema continuo di flusso d’acqua ed analizzate utilizzando 34.000 misurazioni nel bacino canadese nel corso del 2010 e del 2011. Alcuni campioni di acque superficiali sono stati raccolti ogni ora e subito analizzati per pH e concentrazione di ioni carbonato. Ulteriori campioni di acque superficiali sono stati raccolti ogni circa 1-4 ore per valutare l’alcalinità totale, le sostanze nutrienti, la stabilità del carbonio e la composizione isotopica dell’ossigeno, le analisi elementari, il carbonio organico disciolto , e il carbonio organico particolato, per successive analisi di laboratorio. Questi dati costituiscono una delle più alte risoluzioni e set di dati completi sulla chimica delle acque artiche. I dati vengono quindi utilizzati per calcolare lo stato di saturazione dell’acqua, la quale si dissolverà e fornirà informazioni sull’habitat oceanico.