Le autorita’ indonesiane hanno attribuito al loro sofisticato sistema di pre-allarme anti-tsunami il merito principale delle conseguenze molto limitate scaturite dal terremoto di magnitudo 8,9 che tre giorni fa e’ tornato a investire l’isola di Sumatra, e in particolare la provincia nord-occidentale di Aceh, seguito da numerose scosse violente di assestamento, e causa di pur contenute onde anomale. Dieci morti, per lo piu’ anziani stroncati da infarto per la paura, e danni materiali abbastanza limitati: nulla, se confrontato con il tragico bilancio del maremoto che il 26 dicembre 2004 devasto’ l’Oceano Indiano da una sponda all’altra, uccidendo circa 170.000 persone nella sola Aceh. Eppure non e’ del tutto cosi’, anzi. Il sistema, impiantato nel 2008 e costato poco meno di 100 milioni di euro, in realta’ non ha funzionato al meglio ne’ avrebbe potuto farlo: furti, vandalismo e e incuria ne hanno infatti largamente compromesso l’efficacia, come ha dovuto ammettere lo stesso portavoce della Protezione Civile Nazionale, Sutopo Purwo Nugroho. L’apparato si articola in indicatori del livello delle maree, boe dotate di sensori, monitor sismici interfacciati e sirene d’allarme: ma parecchi di tali elementi non ci sono piu’ perche’ sono stati rubati, oppure sono stati gravemente danneggiati e dunque la loro risposta e’ stata, nella migliore delle ipotesi, soltanto parziale. Cosi’ mercoledi’, su 25 boe teoricamente presenti nelle acque territoriali dell’Indonesia, appena tre erano operative; le altre magari si erano guastate perche’ utilizzate sistematicamente come ormeggi abusivi dai pescatori. Ad Aceh, su sei sirene disponibili, la meta’ erano fuori uso e le altre non si sono attivate per la semplice ragione che il responsabile delle segnalazioni, in preda al panico, e’ scappato senza neppure accenderle.