La montagna sottomarina Monowai, che si trova all’incrocio tra il Pacifico e la placca tettonica indo-australiana, nella zona di subduzione Tonga-Kermadec, ha subìto uno degli episodi geologici più veloci registrati sulla Terra. Essa ha aggiunto circa 8.750.000 metri cubi di roccia al suo vertice – un volume pari a 3500 piscine olimpioniche di nuoto – in soli cinque giorni. Nuovi flussi di lava hanno sollevato tale area di 79,1 metri, mentre una parte della sommità del vulcano è crollata di ben 18,8 metri. Ma ciò che colpisce maggiormente è stata la creazione di un cono vulcanico del tutto nuovo. I cambiamenti sono stati misurati dall’equipaggio a bordo della nave da ricerca Sonne, grazie ad una spedizione di routine di mappatura nel Sud del Pacifico lo scorso autunno. I risultati sono stati pubblicati online sulla rivista Nature Geoscience. Mentre i ricercatori osservavano i fondali nei pressi della montagna sottomarina a metà Maggio del 2011, hanno intravisto una colorazione dell’acqua giallo-verde e bolle di gas che sovrastavano il vulcano. Prima che la nave lasciasse l’area nei pressi di Tonga, l’equipaggio si è imbattuto in uno specchio di acqua colorata con un forte odore di uova marce, come ha dichiarato il geologo Anthony Watts della Oxford University. Intanto una stazione sismica posizionata nelle Isole Cook cominciava a rilevare un intenso sciame di attività sismica durato cinque giorni, che ha fatto risalire all’eruzione sottomarina.
Nei primi giorni di Giugno, Watts e l’equipaggio sono tornati per osservarne le evoluzioni, notando che parte del vulcano Monowai era praticamente crollato e un’altra parte del monte era cresciuto in maniera drammatica grazie al magma esploso ed indurito successivamente. I rapidi cambiamenti osservati hanno suggerito che il vulcano ha la capacità di crescere e crollare con impressionante velocità. I vulcani sottomarini come il Monowai sono oggettivamente più difficili da studiare rispetto ai vulcani posti sulla terraferma. I ricercatori ritengono che i cambiamenti registrati in quest’area siano più grandi rispetto alla maggior parte degli altri vulcani, dal momento che soltanto il Vesuvio e il Monte Sant’Elena hanno registrato tassi di crescita maggiori nella storia. Si è scoperto quindi che una semplice mappatura poteva tramutarsi in una tragedia, dal momento che se l’imbarcazione si fosse trovata al momento dell’eruzione, le rocce scagliate verso l’alto avrebbero potuto colpire la parte inferiore dello scafo. “Qualsiasi movimento sul fondo del mare ha il potenziale per creare uno tsunami; un terremoto disloca improvvisamente il fondale, ma il magma che filtra dai fondali oceanici potrebbe essere troppo lento per scatenare un maremoto”, afferma il ricercatore. L’evento a nord della Nuova Zelanda ha fornito una nuova comprensione in merito al comportamento delle montagne sottomarine. In basso un video del vulcano in eruzione nel 2009.