In realtà i terreni padani si prestaerebbero perfettamente a questo fenomeno, in quanto si manifesta preferibilmente in terreni sabbiosi. Ancora meglio se i granelli sono di dimensioni simili fra loro (granulometria uniforme), di spessore consistente (almeno 3 metri) e saturi (pieni d’acqua). La liquefazione consiste, appunto nella perdita improvvisa di consistenza, con preoccupanti conseguenze anche a lungo termine, in quanto il terreno assume le caratteristiche di un liquido rendendosi incapace di sostenere il peso della crosta soprastante, con cedimento delle strutture anche ben costruite, specie in funzione poi di ulteriori scosse. Le case perdono l’àncora che viene fornita dalle fondamenta, le strade e in genere i manufatti mostrano evidenti segni di compromissione. Viene in mente cosa accade nei terreni gelati del permafrost quando il calore di alcune estati scioglie lo strato superficiale del terreno con gravissime conseguenze.
In pratica i terremoti facilitano la liquefazione per effetto della compattazione che inducono nei terreni e aumentando la pressione dell’acqua presente negli spazi (interstizi). Una pressione che non può essere dissipata lentamente a causa del meccanismo improvviso e violento del terremoto. Acqua che viene vista uscire in zampilli unitamente alla sabbia.
Proprio l’emissione di sabbia viene associata a terremoti di una certa intensità anche nella classificazione proposta da Mercalli, ma in questo senso ritengo che essendo un fenomeno ancora poco studiato e dalle molte variabili possa essere semplicemente considerato inusuale ma non legato a rischi associabili ad ulteriori scosse o in funzione dell’intensità del sisma ma, invece, come è dimostrato, dal numero di sismi (ciclo sismico) che ha colpito la zona.
I terremoti e la liquefazione del suolo: precedenti storici nel mondo e didattica del fenomeno
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