Il terremoto del 2010 il Cile si verificò al largo della costa del Cile centrale, Sabato, 27 febbraio 2010, alle 03:34 ora locale (06:34 UTC), con una magnitudo 8,8 sulla scala Richter, con intenso tremore della durata di circa tre minuti. Si tratta del sesto terremoto di sempre registrato da un sismografo. Fu avvertito fortemente in sei regioni cilene (da Valparaíso a nord fino ad Araucanía nel sud), che insieme costituiscono circa l’80 per cento della popolazione del paese. Secondo lo United States Geological Survey (USGS) le città più colpite furono Arauco e Coronel. Il terremoto fu avvertito nella capitale Santiago in maniera molto forte, mentre le scosse furono percepite in molte città argentine, compresa Buenos Aires, Córdoba, Mendoza e La Rioja. Tremori si sono fatti sentire a nord fino alla città di Ica nel sud del Perù (ca. 2400 km di distanza). Il terremoto innescò uno tsunami devastando diverse città costiere centro-meridionali del Cile e danneggiando il porto di Talcahuano. Avvisi di Tsunami furono emessi in 53 paesi, e l’onda causò danni di lieve entità nella zona di San Diego della California e nella regione di Tohoku in Giappone. Il terremoto generò un blackout che colpì il 93 per cento della popolazione del paese e che andò avanti per diversi giorni in alcune località. Il presidente Michelle Bachelet dichiarò lo “stato di catastrofe” e ordinò alle truppe militari di prendere il controllo delle zone più colpite. Secondo fonti ufficiali, 525 persone persero la vita, 25 persone scomparvero e circa il 9% della popolazione nelle regioni colpite persero le loro case.
Le catastrofi naturali come terremoti e tsunami, provocano ingenti danni ecologici, ma se i ricercatori non dispongono di dati sufficienti circa l’ambiente prima del disastro, come di solito accade, è difficile quantificare queste ripercussioni. Il terremoto e il successivo tsunami del 2010 in Cile, è una rara eccezione a questa tendenza, e i ricercatori sono stati in grado di condurre un rapporto senza precedenti delle sue implicazioni ecologiche sulla base dei dati raccolti sugli ecosistemi costieri poco prima e dopo l’evento. Lo studio è stato pubblicato il 2 maggio nella rivista ad accesso libero PLoS ONE. I ricercatori, guidati da Eduardo Jaramillo della università australe del Chile, hanno scoperto che le spiagge sabbiose hanno vissuto cambiamenti significativi e duraturi a causa del terremoto e del conseguente tsunami. Questi cambiamenti dell’ecosistema dipendono fortemente dalla direzione e dalla quantità di livello dei terreni, dal tipo di costa e dal grado di alterazione umana della costa. I dati raccolti forniscono anche qualche informazione sugli effetti ecologici delle alterazioni introdotte dall’uomo al paesaggio costiero, che potrebbe aiutare a informare i progetti correlati in futuro.