Le macchie solari e la possibile correlazione con i terremoti

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Regione attiva sul Sole

Le macchie solari furono osservate telescopicamente per la prima volta nel 1610 dagli astronomi frisiani Johannes e David Fabricius, che pubblicarono una loro descrizione nel giugno del 1611. In questa data Galileo stava già mostrando le macchie solari agli astronomi a Roma, e Cristoph Scheiner aveva probabilmente osservato le macchie per due o tre mesi. I primi probabili riferimenti alle macchie solari sono quelli degli astronomi cinesi del primo millennio d.C., che probabilmente potevano vedere i gruppi di macchie più grandi quando lo splendore del sole era affievolito dalla polvere sollevata dai deserti dell’Asia centrale. Si tratta delle formazioni più facilmente osservabili sulla fotosfera, la superficie solare. Una macchia solare tipica comprende una regione centrale più scura, detta ‘ombra’, circondata da una zona meno scura, la ‘penombra’, costituita da strisce chiare e scure che si allungano dal centro verso l’esterno come i raggi di una ruota. Ma perchè sono scure? Esse appaiono meno brillanti per via del contrasto con le aree circostanti, in quanto più fredde del resto della fotosfera. La temperatura tipica infatti si aggira intorno ai 4000°C, mentre nella penombra si sale a 5500°C. Sono originate dall’intenso campo magnetico del Sole, che in alcuni punti impedisce la risalita dei gas e del calore dall’interno della stella, provocando così la formazione di regioni più fredde, e quindi più scure. Le loro dimensioni possono essere variabili, da piccoli pori grandi quanto granuli, a vere e proprie strutture complesse che vanno a ricoprire miliardi di Km quadrati. Il 5% tra le macchie è visibile anche ad occhio nudo in condizioni favorevoli, come ad esempio in prossimità del massimo solare del ciclo undecennale. La maggior parte di queste strutture ha una vita media di circa 2 settimane, ma è possibile notare regioni attive molto più longeve. Le macchie solari ruotano attorno al Sole ad una velocità maggiore del 4-5% di quella della fotosfera circostante. L’esistenza di un ciclo periodico nella comparsa delle macchie solari fu scoperta nel 1844 da H. Schwabe, un farmacista appassionato di osservazioni solari. Si scoprì quindi che il numero varia mediamente su un ciclo ben definito di 11,07 anni. Nel periodo iniziale sono presenti poche macchie con l’attività al minimo, mentre nei 4-5 anni successivi l’attività aumenta sino al suo massimo, quando è possibile notare sul disco solare numerosi raggruppamenti, per poi declinare successivamente negli ultimi 5-6 anni. Generalmente i passaggi dal minimo al massimo avvengono tanto più velocemente quanto più quest’ultimo sarà alto. L’ultimo massimo si è verificato nel 2002, quindi il prossimo ricorrerrà nel 2013. Le variazioni tra livelli massimi successivi tra un ciclo ed un altro, rispecchiano un ciclo di 80 anni. La polarità si inverte ad ogni ciclo successivo.

La sede dell'INGV di Roma. Credit: MeteoWeb

CORRELAZIONE CON I TERREMOTI – Per verificare questa ipotesi e trovare il meccanismo fisico che esplica a tale funzione, uno studio del 1988 analizzò statisticamente il numero di terremoti avvenuti in Italia dal 1833 al 1980 e l’andamento del numero delle macchie solari nel medesimo periodo. Per ottenere un gruppo di dati omogenei dal catalogo dei terremoti italiani, due ricercatori italiani, Mozzarella e Palumbo, presero solo quelli con valore superiore al VII grado della scala MCS (250 casi). Inoltre occorreva eliminare da questo nuovo insieme, tutti quei terremoti che risultavano come scosse di assestamento; da quest’ultima operazione rimasero 161 eventi sismici che coprono un arco di tempo che va dal 1833 al 1980. Dal confronto di queste due famiglie di dati emerse una correlazione fra l’andamento delle macchie solari ed i grandi terremoti registrati in Italia. L’andamento dei 161 eventi sismici presentò una ciclicità di circa 11 anni, che riflette il ciclo undecennale delle macchie solari. Pertanto, a mano a mano che aumentava il numero delle macchie, aumentava la frequenza con cui avvenivano i terremoti, giungendo ad un massimo dopo 5,5 anni, che rappresenta la parte centrale del ciclo undecennale del Sole. Sul fronte diametralmente opposto ci sono state ricerche come quella effettuata da Paolo Ernanni e un gruppo di collaboratori, i quali analizzando i terremoti sull’intero globo  e l’andamento delle macchie solari nell’intervallo di tempo compreso tra il 1900 e il 2002 e isolando i soli terremoti di magnitudo 7 o superiori, sono arrivati a dimostrare una relazione indiretta tra macchie solari e terremoti. L’analisi statistica quindi mostra l’esistenza di una particolare modulazione temporale degli eventi tellurici che segue, entro certi limiti, l’andamento delle macchie sul Sole.  Ma questo non significa necessariamente che con un’intensa attività solare si generino dei terremoti. Devono altresì sussistere contemporaneamente ben precise condizioni fisiche nella litosfera perchè ciò accada. Gli eventi tellurici sono causati da improvvisi movimenti di masse rocciose all’interno della crosta terrestre, dal momento che la superficie terrestre è in lento, ma costante spostamento. Per cui i risultati di questi studi, oltre ad attendere conferma su dati più recenti, devono essere necessariamente presi come possibile concausa agli eventi principali che scatenano un terremoto.

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