L’intervista è strutturata in due parti; di seguito pubblichiamo la prima.
Ma innanzitutto andiamo a scoprire chi è il prof. Giovanni P. Gregori – Docente di Fisica Terrestre e ricercatore CNR all’Istituto di Acustica O.M.Corbino C.N.R. di Roma. 1963-2001 Ricercatore CNR all’IFA/CNR (Istituto di Fisica dell’Atmosfera), Roma, con l’incarico di studiare le Relazioni Sole-Terra. Le aurore polari ed il geomagnetismo (1963-1975) lo hanno portato ad un modello di magnetosfera (1970-1972) considerato uno dei suoi migliori risultati. Ha formulato una teoria delle sottotempeste magnetosferiche e delle tempeste magnetiche sulla sola base dei principi variazionali della fisica classica, applicando il risultato anche a pianeti e loro satelliti. Dal 1961 svolge intensa attività congressuale in tutto il mondo.
1) Dott. Gregori, ci può spiegare cos’è l’IEVPC, come opera e quali sono i suoi scopi?
È una iniziativa che mira a fornire un servizio analogo a quello del servizio meteorologico, concernente però – anziché la circolazione atmosferica – gli sforzi nella crosta terrestre.
Si consideri in dettaglio questa analogia.
Oggi il servizio meteorologico è basato su modelli molto elaborati. I più grandi calcolatori per uso civile sono quelli usati per sviluppare questi modelli. Con essi è possibile fornire delle previsioni sul transito di fronti freddi o caldi, di formazioni nuvolose, precipitazioni, lo sviluppo, evoluzione e la traiettoria di cicloni ed uragani, etc. ed é anche possibile fare delle previsioni su un arco temporale di meno di una settimana. L’attendibilità (“skill”) di queste previsioni viene poi coscienziosamente verificata a posteriori, e, quando possibile, progressivamente perfezionata.
Ogni previsione su scale temporali maggiori di 5 giorni é oggi ancora inattendibile, ed ogni asserzione in contrario oggettivamente non va presa in alcuna seria considerazione.
Le previsioni, tuttavia, non sono in grado di prevedere se, in un determinato sito ed in un determinato istante, ci saranno precipitazioni atmosferiche oppure no. Per es. si pensi a quanto si fa in occasione di una corsa di formula uno. Per avere previsioni con un dettaglio così spinto è indispensabile dotarsi di costose e fittissime reti di punti di misura, su scala locale, con i quali poter sviluppare il calcolo di un modello con un dettaglio spaziale che sarebbe impossibile ottenere su superfici molto più ampie (ciò in considerazione non solo del costo della rete di misura, quanto anche del costo di gestione di una enorme mole di misure sperimentali, etc.).
Veniamo ora agli sforzi crostali. Questi si propagano nella crosta terrestre con lo sviluppo di vere e proprie “tempeste crostali”. Sono fenomeni di scala planetaria, che si propagano e durano alcuni anni, seguite da periodi di “quiete” (ovvero in periodi che nel gergo marinaresco si dovrebbero chiamare di calma piatta). I terremoti avvengono durante i periodi di “tempesta crostale”, e colpiscono solo là dove una qualche faglia sta accumulando energia elastica sufficiente a generare una scossa di intensità assegnata.
Quando arriva lo stimolo di una tempesta crostale sufficientemente intensa questo può talvolta essere la “scintilla” che scatena la catastrofe.
Ad es. nel caso del terremoto dell’Aquila, c’era la famigerata faglia di Paganica che poteva essere a rischio. In tal caso, se ci fosse stato questo servizio, sarebbe stato ragionevole installare una rete fitta di sensori attorno alla faglia, sperando di capire se stava localmente evolvendo verso un’eventuale criticità.
Ovvero l’IEVPC non fa previsioni di terremoti. Fa piuttosto diagnostica sullo stato della crosta terrestre e sul come gli sforzi crostali di propagano su scala planetaria. È certamente sicuramente possibile eseguire questa previsione di propagazione degli sforzi crostali.
Questo non vuol dire che i terremoti siano prevedibili! Così come non è prevedibile se e dove cadrà una goccia di pioggia.
Così pure non è possibile per un medico prevedere l’istante del trapasso di un suo paziente. Ma è assurdo asserire che il medico non può diagnosticare lo stato ed evoluzione della salute e dell’invecchiamento di un paziente! Così è un assurdo asserire che non è possibile diagnosticare lo stato della crosta terrestre, e delle sue “patologie” e relativa propagazione su scala planetaria, etc.
Mancherebbe altro che non fosse possibile prevedere questo!
Tre punti fondamentali vanno sottolineati.
I) Lo studio degli sforzi crostali non può venire eseguito con le misure dei sismometri. Per analogia, si provi a pensare che la medicina si basi soltanto sull’analisi anatomica dei cadaveri. Al contrario, la medicina fa progressi proprio poiché studia i pazienti mentre sono in vita, le loro patologie, etc. e cerca di affrontare le situazioni che ne conseguono. Se si studiano soltanto gli ultimi istanti di vita di un paziente terminale si può fare molto poco!
Un sismometro misura la catastrofe quando ormai è già avvenuta. È necessario trovare strumenti diagnostici che vedono come evolve lo stato della crosta anche quando non avviene un terremoto. Il problema della “previsione” è un falso problema, poiché è intrinsecamente insolubile: bisognerebbe prevedere l’area epicentrale (ma ampia quanto?), l’istante (con quale incertezza?), e la magnitudo (con quale margine di errore?).
Similmente non ha senso studiare l’idrologia di un fiume alla sola base delle sue alluvioni. Bisogna studiare il suo regime idrologico, le precipitazioni piovose nel suo bacino di impluvio, la velocità di scorrimento delle acque (che dipende anche dalla vegetazione, dall’imbibimento del suolo, etc.), lo stato del suo letto (che si riempie, sia per natura con i sedimenti, sia per il funesto uso del letto come discarica, etc.), prevedere i danni che possono derivare da piantagioni all’interno degli argini (che in caso di piena violenta diventano un pericolosissimo serbatoio di alberi divelti che fanno diga ponendosi di traverso alle arcate dei ponti), etc. La natura va rispettata nelle sue strette esigenze: se si costruisce negli alvei dei fiumi non si può poi piangere sul latte versato!
La stessa cosa vale anche per tutti i rischi idrogeologici, vulcanici, sismici, ….
II) È puerile e naif pensare che un solo parametro, un solo fenomeno, “magicamente” consenta di “prevedere” un terremoto. Ogni terremoto è sicuramente preceduto da importanti segni precursori. Peraltro ogni evento sismico – in aree diverse od anche nella medesima area in tempi diversi – è un fenomeno a sé e NON è confrontabile con altri eventi sismici. È un po’ come per i pazienti di un medico: ogni paziente è un caso a sé. Ci possono essere analogie, ma una identità in senso stretto NON può mai esistere!
Uno scienziato non è né stregone, né sciamano!
III) In tutti i paesi del mondo esiste una paurosa carenza legislativa. Nessuna previsione (meteorologica, medica, od altro) può essere certa in senso stretto. Vi é sempre una possibilità che, per motivi imprevedibili o ancora sconosciuti, ogni evoluzione verso un evento catastrofico venga improvvisamente interrotta …. Nella scienza sono molte più le cose che non si conoscono di quelle che si presume di conoscere!
Sin dal 1970 si tenne a Parigi nella sede UNESCO un congresso su questi temi. Da allora se ne è discusso e se ne discute, ma in pratica il problema non è mai stato risolto …. Ed il problema della carenza legislativa è fondamentale, ben più della ricerca geofisica ed ambientale!.
Se un’autorità istituzionale oggi rilascia un’allerta e richiede ad esempio l’evacuazione di un numero cospicuo di abitanti per un periodo considerevole ….. eppoi l’evento catastrofico non avviene (od avviene pochi giorni dopo il cessato allarme ….), quell’autorità viene deferita alla magistratura con pesantissime imputazioni civili e penali …. Il tribunale nominerà dei periti che rilasceranno una qualche perizia, manco questa fosse più precisa di quanto fatto dagli scienziati dell’autorità istituzionale!
È questo un’ atteggiamento identico a quello del bimbo dell’asilo infantile che minaccia il compagnuccio di “dirlo alla maestra”. Così la società “lo dice alla magistratura”.
In pratica, dunque, poco importerà, se si avrà poi un numero terrificante di vittime …. quando l’autorità istituzionale (solo per una umanamente comprensibile prudenza, al fine evitare pesantissime possibili conseguenze ai suoi funzionari) preferirà non emettere un’allerta che invece a buon senso avrebbe dovuto venire emessa ……
La colpa NON è dello scienziato, quanto del legislatore che si nasconde dietro un dito e non vuole semplicemente affrontare il problema (che è fondamentale, e per nulla secondario!).
2) Qual è il suo ruolo all’interno dell’organizzazione? Di cosa si occupa?
Sono stato invitato come consulente in ragione dei lavori che ho pubblicato (con diversi co-autori) dove abbiamo evidenziato (con una metodologia totalmente originale ed innovativa) l’esistenza delle tempeste crostali, per mezzo di misure di “emissione acustica” (AE), ovvero ultrasuoni misurati sugli affioramenti rocciosi.
Ogni corpo roccioso, quando è soggetto a piccolissime ed impercettibili torsioni, diventa esso stesso uno strumento di misura, in ragione degli sforzi generati al suo interno, che rilasciano tali AE. In tal modo è possibile monitorare in tempo reale, su diversi corpi rocciosi sparsi nel mondo, il propagarsi degli sforzi nella crosta terrestre anche su scala planetaria, pur di avere un congruo numero di stazioni di misura AE.
A questa “scoperta” si sono aggiunti altri aspetti connessi ad altri miei contributi originali allo studio dei fenomeni della Terra (veda sotto).
Inoltre, per quanto concerne le applicazioni di misure AE, i nostri studi si erano sviluppati soprattutto relativamente al monitoraggio di fenomeni ambientali. Ma, visto il successo, abbiamo poi considerato le potenzialità connesse ad applicazioni tecnologiche.
Ci siamo infine decisamente convinti che è possibile fornire uno strumento diagnostico molto efficace per monitorare l’invecchiamento dei materiali e la perdita di prestazione delle strutture solide (ad esempio, il Colosseo resiste da millenni ed i suoi blocchi di travertino si reggono l’un l’altro per gravità, mentre il ponte di Brooklyn, pur costruito ad arte, quando l’acciaio dei suoi cavi di sostegno sarà “invecchiato”, non potrà reggersi ulteriormente).
Ci riteniamo certi che fra alcuni lustri potranno essere certamente prevenute in larga misura le tristemente note tragedie legate o al crollo improvviso di edifici abitativi, o di viadotti obsolescenti, o disastri come quello di Viareggio per obsolescenza del materiale rotabile, o disastri ecologici legati a piattaforme petrolifere od oleodotti, etc. od anche l’imprevista perdita di prestazione di mezzi mobili di varia natura (autoveicoli, navi, aerei, elicotteri, materiale rotabile) o di serbatoi e macchinari diversi, ovvero anche monitorare i precursori di movimenti franosi, la stabilità delle massicciate, delle gallerie, delle dighe, etc.
L’utilizzo delle AE per monitorare lo stato di “invecchiamento” dei materiali – ed in generale numerosi problemi critici per la sicurezza degli ambienti dove si vive, si lavora, ci si diverte, etc. -sarà dunque cosa molto consueta, come ad esempio oggi in medicina è diventato consuetudine quotidiana l’uso delle ecografie a fini diagnostici …. (sarebbe oggi possibile immaginare la medicina senza gli ecografi?)
Io ho così chiesto e conseguito un brevetto internazionale, ed ora con alcune persone amiche che stanno finanziando l’iniziativa (ed alle quali sono personalmente sinceramente molto grato), stiamo cercando di produrre strumenti commercialmente competitivi e finalizzati alle diverse applicazioni potenziali. Il cammino è certamente difficile …..
3) Avete annunciato di voler diramare previsioni globali, ma in che modo riuscite a coprire l’intero pianeta? Quali sono gli strumenti e le attrezzature che utilizzate?
È necessario mettere in atto reti di misura oggi inesistenti, inizialmente con un numero limitato di punti, e progressivamente sempre più ricche e dettagliate, in ragione delle esigenze locali. Le tecniche di misura e monitoraggio classiche, finora utilizzate, hanno ormai dato tutte le informazioni che potevano dare. Oggi ci sono nuove possibilità e conoscenze. Le reti di misura vanno dunque integrate con nuovi approcci di monitoraggio.
Le due nuove reti principali sono sicuramente: 1) una rete di stazioni AE, e 2) una rete di misura di geoterme superficiali.
Con geoterme superficiali vengono denominati i profili di temperatura nel suolo nei primi 3,5 m di profondità. Da ben oltre mezzo secolo questa tecnica è molto efficacemente usata nella rete meteorologica del subcontinente cinese (scuola del prof. Tang Maocang). Estrapolando i dati raccolti in periodi non perturbati da precipitazioni piovose o da copertura nevosa, è possibile monitorare i cambiamenti di esalazioni di fluidi dal suolo (che, fra l’altro, dipendono anche dalla variazione della porosità del suolo, che viene monitorata dalla misure AE). La misura serve sia per monitorare (indirettamente) il variare nel tempo degli sforzi crostali, sia per comprendere meglio gli scambi termici fra superficie terrestre ed atmosfera. Loro riescono a prevedere (sistematicamente per incarico del governo cinese) con un successo anche del 70% la piovosità media in diversi mesi a venire, e su aree di diverse centinaia di kilometri di diametro.
Altre reti di misura vanno poi considerate, per es. quella dei 25 gravimetri superconduttori oggi già in funzione nel mondo, che sono costosissimi e delicatissimi strumenti.
Un’altra rete fattibile a costi relativamente contenuti è costituita dall’utilizzo dei cavi transoceanici per comunicazioni, tramite le correnti elettriche indotte. Questa rete può servire per capire gli sforzi applicati al nostro pianeta da forze elettromagnetiche controllate dal Sole.
Sarebbe poi molto importante (anche se attualmente ancora molto costoso e di difficile attuazione) misurare le variazioni della velocità di rotazione della Terra e lo spostamento dei poli con una risoluzione temporale molto spinta (ad es. ogni secondo; oggi si dà un valore ogni giorno ….).
Molti altri tipi di misure possono poi venire ipotizzati, e sarebbe troppo lungo a noioso elencarli per esteso.
Peraltro, in generale, caso per caso, è necessario tenere conto del rapporto segnale/rumore, ovvero della probabilità che quella determinata misura possa venire più o meno violentemente perturbata da fattori ambientali ed accidentali, e che nulla hanno a che vedere con quanto si vuole monitorare. Infatti questo è un handicap che vanifica molte conclamate misure che spesso si asserisce possano dare “magicamente” informazioni “fondamentali”.
Tuttavia, ogni misura va sempre presa in considerazione, come fatto deontologico. Ma non bisogna “divinizzare” mai alcun tipo di misura. Nessuna misura “taumaturgica” esiste, né potrà mai esistere. Ogni misura va soppesata con buon senso, in ragione del suo esatto contenuto, significato, e portata.
La necessità di usare più tecniche di misura equivale alla necessità di un medico di avvalersi di diverse informazioni diagnostiche. Nessun indicatore diagnostico vale per ogni tipo di patologia. Il medico deve usare logica e buon senso eppoi fare la diagnosi. Non vi è nulla di diverso in geofisica!
4) Finora la comunità scientifica ha visto con scetticismo la possibilità di prevedere sismi ed eruzioni vulcaniche con un certo anticipo, potrebbe dirci se è cambiato qualcosa?
Come ho detto sopra, parlare di previsione di un terremoto è puerile e naif. Si può parlare di diagnosi crostale (veda sopra).
Lo scetticismo cui lei accenna è più che giustificato. Ma è assolutamente irresponsabile l’asserire che non è possibile fare una diagnosi più o meno accurata della crosta terrestre e della sua evoluzione su base istantanea ed in tempo reale (dipende dalle reti di misura, dalla loro tipologia, multiparametricità, densità di rete, tempistica di acquisizione dati, etc.)
Ben diverso è il caso di una previsione di eruzione vulcanica. Rispetto al caso sismico dove non si conosce l’epicentro, si conosce il luogo (l’edifico vulcanico) e bisogna solo cercare di monitorare un’eventuale evoluzione del vulcano mentre si avvia verso una catastrofe del sistema. Di norma ogni vulcano fornisce precursori ben misurabili strumentalmente, ed orientativamente con almeno alcuni mesi di anticipo.
Tuttavia la previsione di un reale fenomeno eruttivo non è mai fattibile con precisione spinta. Valgono le implicazioni molto improntati della carenza legislativa, per cui nessuna autorità darebbe mai un allarme, nel timore di venir poi “criminalizzata” se l’evento non dovesse poi occorrere. Si veda sopra.
Ma il rischio vulcanico potrebbe venire affrontato in modo realisticamente meno problematico. Manca soltanto la copertura legislativa!
5) Negli articoli a voi dedicati, si legge che avete unito tecniche e ricerche personali dei componenti del vostro team, sviluppando delle procedure per prevedere i CGE (Catastrophic Geophysical Events). Potrebbe spiegarci brevemente quali sono queste tecniche?
Credo di aver già risposto a questa domanda con quanto ho sopra precisato.
6) Alla luce delle vostre ricerche, quali sono i fattori che influiscono sulla generazione di un terremoto e di una eruzione vulcanica?
Grazie un atteggiamento naif, si pensa che ogni anno sia identico ad ogni altro. Al contrario, sono in atto cambiamenti ambientali profondi. Noi vediamo quelli atmosferici, ma questi sono una “pagliuzza in un occhio” rispetto ad altre che sono vere e proprie “travi”.
Ad esempio, per citare gli errori più grossolani, è totalmente insulso il pensare che la temperatura dell’atmosfera possa determinare un cambiamento della temperatura degli oceani (vale piuttosto certamente i contrario!)
I cambiamenti di rilascio di energia termica endogena sono enormi di anno in anno, con cicli ben riconosciuti, e con molta sicurezza, sulla scala dei tempi geologici. Lo sviluppo della civiltà umana (poche decine di migliaia di anni) è avvenuto durante un intervallo di tempo di durata trascurabilissima rispetto alla scala temporale di questi fenomeni.
L’asserire che i ghiacci dell’Antartide formano icebergs per il riscaldamento atmosferico è una delle più colossali stupidaggini che sovente si sentono ripetute dai mass media! Forse che si pensa che propinando stupidaggini colossali si possano risolvere i problemi della società? Oppure non è che in tal modo si alimentano pruriti populistici irresponsabili, quando non siano pilotati da interessi non dichiarati?
Noi badiamo al “clima”atmosferico, se fa caldo, se fa freddo, se piove o se ve è siccità, etc. Ma fenomeni ben più consistenti avvengono all’interno del nostro pianeta e finora abbiamo misurato ben poco tutto ciò.
L’idea che la Terra sia una palla di fuoco che si va raffreddando nel tempo è totalmente insostenibile sulla base delle evidenze sperimentali, è puerile, e deriva ancora da “credenze” che affondano nelle fantasie dei primi sismi grandi pensatori dell’antica Grecia. Andavano bene allora. Certamente oggi, in pieno 21° secolo, sono al più patetiche, e non è accettabile che la saccente “scienza” odierna accetti acriticamente queste credenze..
Dobbiamo dunque vedere la natura con vera umiltà francescana, cercando di imparare dai suoi messaggi, che noi possiamo leggere soltanto eseguendo specifiche misure, e non soltanto quelle tradizionali che sono ormai trite e ritrite.
Inoltre smettiamola di nasconderci dietro stupide asserzioni populistiche sull’’inquinamento di origine antropica. L’inquinamento esiste, e va considerato con serietà e professionalità. I falsi allarmismi fanno vedere “pagliuzze” e nascondono “travi”.
Il ruolo dei divulgatori è molto importante. Molta sedicente divulgazione scientifica è irresponsabile, un vero atto di “terrorismo culturale”. Ogni volta che la scienza viene presentata in chiave sensazionalistica o catastrofistica, si nuoce pesantemente al prestigio credibilità della scienza.
Provi a pensare alla medicina presentata in chiave sensazionalistica e catastrofistica (mucca pazza, aviaria, etc.). Forse lei pensa sia questo il modo di sensibilizzare l’uomo della strada ai problemi della ricerca medica?
Studiamo la natura con i suoi messaggi con umiltà e buon senso, e solo così troveremo modo di ridurre vittime, sofferenze, lutti, danni, ….