Tra il 5 ed il 6 Giugno, Venere apparirà in transito sul disco del Sole. L’evento rappresenta uno dei fenomeni prevedibili più rari. Si verificano puntuali come un orologio, in coppia ogni otto anni ma distanziati di 105,5 e 121,5 anni rispettivamente. Questi fenomeni sono puramente prospettici e sono possibili naturalmente soltanto con i corpi interni rispetto alla nostra orbita, quindi per Venere e Mercurio. I transiti di Venere e Mercurio sono colmi di episodi nella storia dell’astronomia, tuttavia il diametro maggiore del nostro gemello l’ha reso maggiormente apprezzabile nel tempo, permettendo di formulare approssimativamente le scale del nostro sistema solare e la terza legge di Keplero. Edmund Halley, noto per la scoperta della cometa omonima, è stato il primo a rendersi conto che i transiti avrebbero potuto fornire indicazioni circa la distanza Terra-Sole, oggi nota come unità astronomica. Il metodo utilizzato da Halley è stato superato. Dal 1882 tutti i vecchi metodi della determinazione dell’unità astronomica sono stati irrimediabilmente superati da tecniche moderne, grazie al monitoraggio dei veicoli spaziali, ed in particolare grazie ai radar, che hanno permesso il raggiungimento degli scopi che si erano prefissi gli astronomi di quei tempi. Il transito, nonostante possa affinare alcune tecniche per la scoperta di pianeti extrasolari, è oggi considerato semplicemente un evento raro e suggestivo.
Keplero predisse un transito per il 6 Dicembre 1631, ma purtroppo il maltempo non permise l’osservazione in gran parte d’Europa, impedendo eventuali osservazioni. Un giovane astronomo inglese, Jeremiah Horrocks, dopo aver scrutato i dati tabellari di Keplero, giunse alla conclusione che un altro transito si sarebbe verificato il 4 Dicembre 1639. Horrocks era pronto per il grande evento, esaminando attentamente il Sole anche il giorno prima – nel caso in cui egli avesse commesso un errore nei suoi calcoli. Il 4 dicembre (Domenica) vide la sagoma di Venere sul disco del sole. Purtroppo, l’importante momento dell’ingresso di Venere sul disco in movimento del sole non fu osservato. Solo una persona vide il transito in modo completo: William Crabtree, amico dell’astronomo inglese. Horrocks e Crabtree programmarono di incontrarsi per confrontare le loro osservazioni, ma il giorno prima Horrocks morì. Aveva solo 22 anni. E Crabtree sarebbe morto solo tre anni più tardi. Dal 6 Giugno 1761, il transito è stato osservato da 120 sedi in tutto il pianeta. L’astronomo Charles Mason (1730-1787) e il suo assistente, il geometra Jeremiah Dixon (1733-1779), organizzarono una spedizione verso Sumatra (La moderna Indonesia), ma dopo aver lasciato Portsmouth, in Inghilterra, la nave fu colpita da una fregata francese, che la danneggiò, provocando 11 morti. Mason rinunciò all’osservazione, ma il governo britannico lo implorò di riprovarci. Così i due partirono nel Febbraio del 1761. Due mesi dopo arrivarono ??al Capo di Buona Speranza, in Sud Africa. Quando ricevettero la notizia che i francesi avevano appena occupato Sumatra, decisero di osservare il transito dal Capo. Come si è scoperto successivamente, fu l’unica osservazione avvenuta con successo dall’emisfero meridionale. Due anni più tardi, Mason e Dixon, firmarono un accordo con i proprietari della Pennsylvania e del Maryland per contribuire alla risoluzione di una controversia di confine tra le due province, delineando quella che sarebbe diventata la nota linea Mason-Dixon del 1766.
Un francese, noto comunemente con il nome di Le Gentil, partì dalla Francia con oltre un anno d’anticipo rispetto al transito del 1761, diretto verso Pondicherry, in India. Sopravvisse ad un uragano e ad un attacco di dissenteria, ma successivamente fu catturato dagli inglesi (nel bel mezzo della guerra dei sette anni tra Inghilterra e Francia). Al francese fu impedito lo sbarco, e fu costretto ad osservare l’evento dal ponte della nave, rendendo praticamente inutile il suo viaggio. Sbarcò successivamente sull’isola di Mauritius. Appassionato di astronomia, Le Gentil prese la decisione di rendere l’isola la sua base per i successivi otto anni trascorsi in attesa del transito nel Giugno 1769. Trascorse questi anni studiando la geografia del luogo e la storia dell’Oceano Indiano. In definitiva, decise di studiare il transito da Manila, ma si fece convincere dal suo sponsor, l’Accademia delle Scienze di Parigi, a tornare a Pondicherry. Il giorno tanto atteso fu contraddistinto dal maltempo, impedendo anche questa volta un’osservazione adeguata. Fu poi esasperato dalla notizia che a Manila il cielo era limpido e cristallino. Sembrava una vera e propria maledizione. Le Gentil decise di tornare nella sua Parigi, ma lungo la strada dovette fare i conti con ben due naufragi, e quando finalmente arrivò in Francia, scoprì che era stato dato per morto dalle autorità, e qualcuno aveva persino preso il suo posto nell’Accademia Reale delle Scienze. Sua moglie si risposò, e tutti i suoi averi erano stati divisi tra gli eredi. Un viaggio quindi che pagò a caro prezzo.
Il capitano James Cook (1728-1779), chiamato da alcuni “Il più grande esploratore del grande Oceano”, osservò il transito del 1769 dalla spiaggia di sabbia nera, a nord-est di Papeete, sull’isola di Tahiti, ora denominato punto di Venere. Cook venne scelto perché era tra i pochissimi ad aver elaborato la longitudine. Durante il viaggio svelò nei suoi diari che era alla ricerca della “Terra australe incognita” (oggi nota come l’Australia). Cook ebbe più fortuna, riuscendo ad osservare il transito. Il passaggio successivo fu quello del 9 Dicembre 1874, seguito dal 6 Dicembre 1882. Questi finalmente furono osservati da tante aree della Terra raggiunte appositamente dagli astronomi del tempo. In particolare si ricorda quella completa di Simon Newcomb dalla città di Wellington, osservato in perfette condizioni. Nelle sue memorie scrisse in seguito: “Alla nostra partenza abbiamo lasciato due pilastri in ferro, su cui era montato il nostro apparato per fotografare il sole, saldamente radicato nella terra, così come lo avevamo usato. Se vi rimarranno fino al transito del 2004, io non lo so, ma quando arriverà il suo tempo, il fenomeno si osserverà dalla stessa stazione, e le colonne si troveranno in una condizione tale che esse potranno essere nuovamente utilizzate.” Il desiderio di Newcomb, purtroppo, non è stato soddisfatto, perché i due pilastri in ferro sono scomparsi. E William Harkness (1837-1903), allora direttore del US Naval Observatory, scrisse queste parole profetiche, alla vigilia del transito del 1882: “Non ci saranno altri transiti di Venere fino al XXI secolo della nostra era. Quando si è verificato l’ultimo transito il mondo intellettuale si è risvegliato dal sonno dei secoli, e la meravigliosa attività scientifica che ha portato alle nostre conoscenze avanzate, stava appena cominciando. Quale sarà lo stato della scienza quando avverrà la prossima stagione di transito, Dio solo lo sa. Nemmeno i figli dei nostri figli potranno partecipare a quell’evento astronomico di quel giorno.”
Il 6 Giugno saremo noi i fortunati osservatori di quell’evento di cui parlava Harkness. Abbiamo una tradizione da portare avanti in onore a questi scienziati-esploratori che hanno dedicato la propria vita per cercare di lasciarci le conoscenze di cui oggi siamo in possesso; conoscenze che potranno essere utilizzate per osservare nel miglior modo possibile l’evento. Un evento che accadrà nuovamente nel 2117, quando Dio solo sa in che stato sarà la scienza di quel periodo.