”Sara’ una sequenza sismica lunga, che potrebbe durare mesi o anni, con sequenze di magnitudo confrontabile alla scossa principale”, ha detto oggi il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta, nella conferenza stampa organizzata dall’istituto all’indomani del terremoto di magnitudo 5,8 nel modenese. ”Dal punto di vista scientifico – ha proseguito Gresta – la sequenza rimanda a conoscenze passate” perche’ ”il terremoto è avvenuto in un’area che per centinaia di anni non ha visto terremoti. Per questo – ha aggiunto – dobbiamo fare un atto di umiltà e recuperare documenti storici’‘. In questo caso il punto di riferimento è la descrizione del terremoto avvenuto nella stessa area nel 1570, ricostruita nel 1905 dal sismologo Mario Baratta. Da quei documenti emerge che le scosse durarono per nove mesi, nei quali non vi fu una giornata senza un terremoto percepibile dalla popolazione, dopidichè il ritmo delle scosse cominciò a rallentare, stabilizzandosi per i quattro anni successivi. Solo a partire dal 1574 il ritmo cominciò a ridursi ed i terremoti cessarono nel 1576. L’Istituto, ovviamente, sta lavorando a tempo pieno per raccogliere la massima quantità di dati ed avere un quadro sempre piu’ dettagliato della situazione. “Decine di ricercatori sono sul campo in questo momento, la sala operativa lavora a pieno ritmo“. Al momento tutto il personale di ruolo, 580 persone, e i circa 270 precari, più i circa 130 tra borsisti e dottorandi, sono impiegati totalmente nelle operazioni legate al sisma in Emilia. “Ringrazio tutti per il forte impegno – dice ancora Gresta – e ricordo che da tempo auspichiamo un allargamento significato dell’organico“. Per il momento, in attesa della piena regolarizzazione dei precari, l’Ingv anche sulla scorta di quanto sta avvenendo sul territorio sottoporrà ai sindacati un’ipotesi di accordo per il rinnovo quinquennale dei contratti a tempo in scadenza a dicembre 2012: “è necessario“, sottolinea Gresta. Anche perchè bisogna aggiornare “ogni 5 o 10 anni le mappe della pericolosità, per migliorare la conoscenza e l’analisi dei dati – dice il presidente dell’Ingv-: si tratta di elaborazioni di tipo probabilistico, ma zone a bassa pericolosita’, come gia’ detto, non vuol dire che siano a basso rischio: magari lo sono, ma a distanza di secoli, non di decenni“.