Terremoto Emilia Romagna, parlano gli esperti dell’Ingv che spiegano tutti i dettagli dello sciame sismico in atto

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Un grande motore comune ha scatenato il terremoto di magnitudo 5,9 avvenuto oggi nel ferrarese e quelli del gennaio scorso nel reggiano e nella zona di Parma, avvenuti a distanza di pochi giorni e rispettivamente di magnitudo 4,9 e 5,4. Tuttavia ci sono state anche differenze fondamentali. Il grande motore comune e’ stato il movimento della placca Adriatica che, spingendo verso Sud si piega sotto l’Appennino. ”Possiamo dire che i terremoti di gennaio e quelli di oggi hanno avuto origine dallo stesso motore, ma sono avvenuti in modi diversi”, spiega il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). La prima grande differenza e’ nella profondita’: mentre i terremoti di gennaio sono avvenuti a grande profondita’ (30 e 60 chilometri), il sisma di oggi e’ stato molto superficiale, appena 6,3 chilometri. Questo significa che gli effetti si sono fatti sentire su un’area notevolmente piu’ estesa, come testimoniano le tantissime segnalazioni arrivate al sito dell’Ingv ”Hai sentito il terremoto?”. Una seconda differenza e’ nel fatto che, oltre al grande motore della placca adriatica, nel terremoto del ferrarese e’ entrato in gioco un altro motore, piu’ piccolo ma decisamente attivo: il movimento dell’estremita’ settentrionale dell’Appennino che si spinge sotto la Pianura Padana. In questo modo genera un movimento di compressione, che si somma a quello piu’ generale dell’Appennino che tende ad avvicinarsi alle Alpi. La zona del ferrarese e’ considerata dai sismoloogi una delle quattro aree sismologicamente piu’ attive nella Pianura Padana, accanto a quella che si trova a margine dell’Appenino, nel parmense, la zona a ridosso delle Alpi tra Friuli Venezia Giulia e Veneto e, in Lombardia, l’area del cremonese.

Il terremoto di questa notte avrebbe potuto provocare una strage se fosse avvenuto sotto una citta’. L’altro elemento cruciale, infatti, e’ la qualita’ dell’edilizia: tanto piu’ questa e’ degradata, tanto piu’ drammatiche sono le conseguenze di un terremoto. Per questo oggi il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta, ha giudicato ”poco accettabile” che il terremoto avvenuto oggi nella Pianura Padana abbia provocato il crollo di edifici costruiti di recente, fra i quali alcuni capannoni industriali. ”Bisogna distinguere – ha osservato – tra quello successo a monumenti ed edifici di interesse storico che, per la loro vetusta’, puo’ essere anche naturale che in conseguenza di un terremoto di magnitudo 6 possano subire danni. Quello che e’ poco accettabile in una societa’ moderna e’ che edifici, come capannoni industriali, debbano crollare per una scossa di terremoto che e’ di una certa magnitudo, che ha rilasciato una certa quantita’ di energia, ma che non e’ certamente eccezionale”. Il quadro puo’ peggiorare ulteriormente quando ad un’edilizia degradata si aggiunge il fatto che l’epicentro di un terremoto violento si trova esattamente sotto una citta’. Per rendersene conto basta pensare al terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009, quando un sisma di magnitudo 6,3 ha rilasciato un’enorme quantita’ di energia sotto una citta’.

Un’energia piu’ che doppia rispetto a quella rilasciata dal terremoto nel ferrarese”, spiega il sismologo Gianluca Valensise, dell’Ingv. “Tutti i terremoti piu’ devastanti avvenuti in Italia hanno avuto l’epicentro esattamente sotto le citta’, come quello che nel 1908 ha devastato Messina e Reggio Calabria, uccidendo 100.000 persone. Il terremoto avvenuto oggi nella Pianura Padana occupa comunque il secondo posto tra i piu’ violenti registrati in Italia negli ultimi decenni, dopo quello de L’Aquila. Precede quello del gennaio scorso nel parmense, di magnitudo 5,4. I danni sono stati ingenti, ma un terremoto con un’energia simile avrebbe potuto provocarne di piu’ ingenti”, ha osservato Valensise. ”La prima risposta e’ nel fatto che e’ stata colpita una zona poco abitata, nella quale non si trovano grandi cerni urbani. Le conseguenze – osserva – sarebbero state molto diverse se fosse avvenuto piu’ vicino a Ferrara”.

Nascosta sotto i sedimenti del Po esiste una parte di Appennino piu’ che mai attiva, al punto che nell’arco di 500 anni ha provocato due terremoti violenti: quello di magnitudo 5,9 avvenuto oggi e quello, molto probabilmente altrettanto violento, del 1570, che sulla base delle testimonianze storiche e’ stato classificato come un sisma dell’ottavo grado della scala Mercalli. Le sue tracce sono rimaste nei muri deformati di alcuni edifici del centro storico di Ferrara. A provocare entrambi i terremoti e’ stata l’estremita’ settentrionale dell’Appennino, ”sepolta” sotto la Pianura Padana. I suoi movimenti saranno seguiti molto da vicino dagli strumenti che l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha installato in seguito alla scossa piu’ violenta, avvenuta alle 4,03, ha detto il presidente dell’ente, Stefano Gresta. ”Non e’ raro che due terremoti di questa intensita’ avvengano a distanza di 500 anni”, ha osservato il sismologo Alessandro Amato.
Un altro terremoto importante nel cuore della zona colpita oggi dal terremoto, vicino Finale Emilia, e’ avvenuto nel 1639. ”A generarli e’ il movimento dell’Appennino, che migra verso Nord-est”, ha spiegato ancora Amato. ”E’ come se, spingendo il bordo di un tappeto, si creassero delle piccole onde”. Se questo movimento generale interessa il tratto di Appennino compreso tra Firenze e Bologna, nella piccola area del ferrarese si aggiunge un sollevamento ulteriore, anche se su una scala di una decina di metri, decisamente inferiore a quella del resto dell’Appennino. ”E‘ una piccola catena montuosa che si estende sotto la Pianura Padana”, ha osservato il sismologo Gianluca Valensise. Il risultato e’ quello che i sismologi chiamano ”arco di Ferrara” e che nelle ultime ore e’ stato letteralmente ”disegnato” dalla distribuzione delle repliche che si sono succedute dopo la scossa di magnitudo 5,9. ”Le repliche sono state oltre un centinaio, distribuite lungo un arco di una quarantina di chilometri”, ha detto la sismologa Concetta Nostro. Un’area cosi’ estesa che secondo gli esperti dell’Ingv potrebbe indicare l’attivita’ di piu’ faglie. In alcuni casi le repliche sono state molto forti, come quella di magnitudo 5,1. ”Nelle prossime ore ci aspettiamo una riduzione dell’intensità, ma non si può escludere che possano avvenire altri terremoti importanti, come quello di questa notte”, ha detto il sismologo Warner Marzocchi.
La speranza e’ che non si ripeta quanto accadde nel 1570, quando la sequenza sismica duro’ ben quattro anni.

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